I visti e le università

Trump fa la guerra al talento

Paola Peduzzi

In questa America, lo studente straniero è approfittatore e pericoloso, i suoi meriti non contano. Una perdita netta, ora e nel futuro, che il presidente ignora

Nel giugno dello scorso anno, durante la campagna elettorale, Donald Trump disse in una conversazione con i celebri imprenditori tech di All-in Podcast: gli studenti stranieri  negli Stati Uniti otterranno automaticamente la green card, invece di dover chiedere un nuovo visto o lasciare il paese, altrimenti “tornano in India, tornano in Cina”, li perdiamo, “è  così triste quando perdiamo gente da Harvard, dal Mit, dalle scuole più importanti”. Un anno dopo, diventato presidente, Trump dice: ci sono troppi studenti stranieri, a Harvard e altrove, dobbiamo fermarli, “perché ci sono studenti americani che vogliono andare in quelle università”. Il suo vice, J. D. Vance, ha detto in un’intervista a Fox News: gli studenti stranieri sono “un male per il sogno americano di un sacco di ragazzi che vogliono andare in una bella università e non possono, perché il loro posto è stato preso da uno studente straniero”.

E’ il contrario di quel che diceva – giustamente: è nell’identità americana accogliere e trattenere il talento – un anno fa Trump, ma è anche diverso da quel che l’Amministrazione ha detto finora per giustificare la sua battaglia contro le università, nata per estirpare l’antisemitismo e la deriva illiberale che ha impedito l’esercizio della  libertà d’espressione nei campus.  L’accanimento trumpiano sugli studenti stranieri riguarda non tanto lo studio ma lo straniero, ed è allineato non soltanto con l’America first, ma anche con l’idea che gli stranieri si sono approfittati a lungo dell’America, e ora devono pagare gli arretrati, o levarsi di torno. E’ lo stesso approccio che l’Amministrazione Trump applica agli alleati europei – quante volte il presidente ha ripetuto che noi europei “abbiamo trattato molto male l’America”? – quando distrugge l’ordine occidentale, e lo stesso approccio usato per l’introduzione dei dazi contro i paesi che si sono approfittati dell’America (ci sono anche terre abitate da soli pinguini nella lista dei paesi daziati, ma questa è un’altra storia). Lo straniero è approfittatore e pericoloso per definizione – gli immigrati sono criminali, gli studenti sono “marxisti”, come dice il consigliere Stephen Miller, e vanno controllati e verificati soprattutto gli studenti cinesi, come ha detto il segretario di stato Marco Rubio mercoledì sera  – e va tenuto lontano: i suoi meriti, il suo talento non contano, conta che è straniero.

Mentre l’Amministrazione Trump mette un tetto agli studenti stranieri che Harvard può accettare (15 per cento, ora è al 26 per cento), chiede alle ambasciate americane in giro per il mondo di fermare l’emissione di visti e dice a Harvard di pagarsi i suoi conti da sola visto che è ricca, gli economisti dicono che gli effetti di questa politica non riguarderanno solo le università elitarie.  1,1 milioni di  stranieri hanno frequentato le scuole americane nel 2023-2024, secondo i dati della Nafsa, una associazione no profit e no partisan, contribuendo per 44 miliardi di dollari all’economia americana. Gli studenti non spendono soltanto nelle rette: pagano affitti, mangiano, viaggiano. Si può pensare che ci sia una battaglia contro le élite e contro gli stati liberal, come la California, che accoglie più studenti stranieri di tutti, ma non è così: il conservatore Texas ha ottenuto 2,5 miliardi di dollari dagli studenti stranieri che frequentano 250 college e università nello stato. C’è una perdita netta, insomma, come con i dazi. E poi c’è la più immateriale e la più preziosa delle risorse, che non si può misurare ma che cambia il destino delle nazioni: il talento.   Come ha scritto William Kristol, conservatore antitrumpiano, citando l’economista Dani Rodrik: “Sono tre le cose che hanno reso l’America grande, ricca e potente: lo stato di diritto, il suo sistema scientifico e di ricerca e la sua apertura al talento straniero. E’ notevole come Trump abbia picconato tutte e tre queste cose. Nessun nemico dell’America avrebbe potuto fare di peggio”.
 

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi