
Un tank israeliano per le strade di Quneitra, nel sud della Siria (foto Getty)
il negoziatore di Damasco
Israele e Siria avviano colloqui diretti. "Prove tecniche" di normalizzazione
I colloqui segreti per porre fine agli sconfinamenti di Tsahal nel sud del paese. Chi è Ahmad al Dalati, l'ex qaidista incaricato di trattare con gli israeliani
Ieri sono arrivate ulteriori conferme riguardo alle “prove tecniche” di normalizzazione in corso fra Israele e Siria. Una delegazione dello stato ebraico e un’altra inviata da Damasco si sono incontrate al confine meridionale tra i due paesi con l’intento di trovare un accordo che metta fine agli sconfinamenti israeliani sul suolo siriano e che proseguono su base quotidiana dalla caduta del regime di Bashar al Assad, nel dicembre scorso. Il fatto che siriani e israeliani abbiano avviato dei colloqui diretti è un evento eccezionale per due paesi formalmente beliggeranti da circa 80 anni. L’ultima volta che si parlò di un tentativo di mediazione fra i due paesi fu all’inizio del 2011, ma sempre tramite la mediazione americana, e con risultati fallimentari anche a causa dell’inizio della Primavera araba. Stavolta come allora, l’oggetto degli incontri segreti è il Golan e il rispetto dei confini che i siriani vorrebbero attestare lungo la linea tracciata con il cessate il fuoco del 1974.
Nel frattempo, Tsahal conduce operazioni militari in pieno territorio siriano, tra Quneitra e Daraa, giustificandole con la necessità di mettere in sicurezza l’area al confine. Di fatto, lo stato ebraico non si fida del presidente Ahmad al Sharaa, l’ex terrorista che ha deposto Assad e che ora tenta di affrancarsi dai suoi trascorsi fra al Qaida e Stato islamico proponendosi come volto moderato della nuova Siria. Donald Trump ha deciso di fidarsi di questa conversione e due settimane fa, nell’incontro tenuto a Riad, gli ha promesso la cancellazione delle sanzioni che soffocano l’economia siriana. Tra le condizioni poste da Trump c’è quella di normalizzare le relazioni con Israele, un capitolo su cui Sharaa si è sempre dichiarato bendisposto, spinto dall’urgenza di rimettere insieme i pezzi dell’economia del paese distrutta dalla guerra civile.
All’inizio di maggio, in occasione della sua visita ufficiale in Francia, il presidente siriano confermò che “esistono dei colloqui indiretti, tramite mediatori, per calmare la situazione prima che finisca fuori controllo”. Ora sembra che questi colloqui siano passati a un livello più alto, con incontri diretti che, con ogni probabilità, hanno ricevuto la benedizione della Turchia di Recep Tayyip Erdogan, l’angelo custode di Sharaa, che una settimana fa ha raggiunto a sua volta un accordo con gli israeliani per prevenire “incidenti” pericolosi durante le rispettive operazioni militari in Siria.
Se il “mandante” dei colloqui fra israeliani e siriani è Trump e il “facilitatore” è Erdogan, il negoziatore, secondo fonti anonime sentite da Reuters, è Ahmed al Dalati, uno degli uomini più fidati di Sharaa. Quarant’anni, laureato in Ingegneria informatica, Dalati è di Kfeir al Zayt, non lontana da Damasco e fra i primi villaggi a ribellarsi al regime nel 2011. Da lì, Dalati si è arruolato tra le file di Ahrar al Sham, uno dei principali gruppi affiliati ad al Qaida e molto influente nel nord-ovest della Siria. Durante l’avanzata contro il regime, è stato il comandante della cabina di regia dell’Operazione deterrenza, per poi dimostrarsi anche un abile retore e uno dei volti gentili della liberazione. Ad Aleppo diventò virale un suo video in cui si rivolgeva ad altri capi militari dei ribelli con un discorso votato alla moderazione. “È vietato nuocere a chiunque, qualsiasi setta, non solo musulmani, ma anche cristiani e armeni. Loro sono il popolo siriano e il loro sangue è inviolabile così come le loro proprietà. Non siamo mercenari o criminali, non siamo assetati di sangue. Vogliamo una Siria libera, per tutti i siriani”. Nei giorni successivi, Dalati ha rilasciato molte interviste ai media internazionali per raccontare chi fossero i ribelli e le loro intenzioni e per spiegare i dettagli dell’operazione militare che aveva spodestato Assad. A marzo, è stato nominato governatore di Quneitra, una delle provincie più complicate da amministrare, considerati gli sconfinamenti israeliani, finché sabato scorso è diventato responsabile della sicurezza di Suwayda, la provincia meridionale che Israele tenta di usare come testa di ponte per tenere alla larga dal Golan le forze militari siriane. Lo definiscono scaltro e razionale e a lui spetterà buona parte dell’arduo compito di convincere gli israeliani a non avere nulla da temere dal nuovo governo di Damasco.