Xi Jinping (foto LaPresse)

il rapporto

A forza di prestiti, la Cina può chiedere solo fedeltà politica ai paesi in via di sviluppo

Maurizio Stefanini

Nel corso del 2025, i 75 paesi più poveri del mondo saranno tenuti a ripagare Pechino debiti 22 miliardi di dollari, e la pressione per il rimborso mette a dura prova la spesa locale per sanità, istruzione e mitigazione dei cambiamenti climatici. I dati del think tank australiano Lowy Institute

Con i tagli agli aiuti e le guerre doganali di Donald Trump, diventa più forte la tentazione di rivolgersi alla generosità ostentata dalla leadership di Pechino. Già da diverso tempo nel mondo occidentale si sottolineano i rischi della politica degli aiuti cinesi, soprattutto per i  paesi in via di sviluppo e fragili dal punto di vista della programmazione economica, che cadono in quella che viene definita la “trappola del debito”. Ma un’analisi pubblicata ieri dal think tank australiano di politica estera Lowy Institute disegna un ritratto più inquietante di quello tracciato dalle analisi politiche.   

Nel corso del 2025, si legge nel rapporto,  i 75 paesi più poveri del mondo saranno tenuti a ripagare alla Cina debiti per un importo record di 22 miliardi di dollari, cioè la maggior parte dei 35 miliardi di dollari totali calcolati dal rapporto. “Ora, e per il resto di questo decennio, la Cina sarà più un esattore di debiti che una banca per i paesi in via di sviluppo”,  si legge nel documento firmato dal ricercatore Riley Duke. In queste economie, la Cina è passata da una quota di debito estero inferiore al 5 per cento nel 2005 a oltre il 40 per cento nel 2015. E in 54 dei 120 paesi in via di sviluppo con dati disponibili, i pagamenti per il servizio del debito alla Cina superano ora i pagamenti complessivi dovuti al Club di Parigi.

Il salasso è collegato soprattutto ai prestiti erogati nell’ambito della Via della seta, il gigantesco progetto politico d’investimenti voluto dal leader Xi Jinping,  all’interno della quale tra il 2008 e il  2021 sono stati erogati 240 miliardi. Il programma globale di investimenti infrastrutturali sostenuti dallo stato ha come obiettivo principale quello di finanziare con prestiti progetti nazionali che spaziano da scuole, ponti e ospedali a importanti strade, porti e aeroporti. Così la Cina è diventato il principale fornitore di prestiti bilaterali del pianeta, raggiungendo nel 2016 un picco di oltre 50 miliardi di dollari. Più di tutti i creditori occidentali messi insieme. Ma la pressione per il rimborso sta ora mettendo a dura prova la spesa locale per temi cruciali come la sanità, l’istruzione e la mitigazione dei cambiamenti climatici. “I prestiti della Cina sono crollati esattamente quando erano più necessari, creando invece ingenti deflussi finanziari netti quando i paesi erano già sottoposti a un’intensa pressione economica”, si legge il rapporto.

La Via della seta si è concentrata principalmente sui paesi in via di sviluppo, dove i governi hanno avuto difficoltà ad accedere a investimenti privati ​​o statali. Ovviamente, il tutto ha sollevato preoccupazioni circa l’influenza e il controllo cinese, con accuse a Pechino di volere intrappolare i paesi beneficiari con un debito insolvibile. Il mese scorso, un’altra analisi del Lowy Institute ha rilevato che il Laos si trova ora prigioniero di una situazione del genere, essenzialmente per via di investimenti eccessivi nel settore energetico nazionale, finanziati principalmente dalla Cina.

Il governo di Pechino respinge le accuse, e anche i paesi beneficiari hanno reagito affermando che la Cina era un partner più affidabile e ha offerto prestiti cruciali quando altri li hanno rifiutati. Ma il rapporto del Lowy dimostra come l’elevato debito attualmente dovuto alla Cina potrebbe ora essere utilizzato come “leva politica”, perché avviene in un momento di ingenti tagli agli aiuti esteri da parte dell’Amministrazione Trump. Lo studio ha anche evidenziato nuovi prestiti su larga scala concessi a Honduras, Nicaragua, Isole Salomone, Burkina Faso e Repubblica Dominicana: tutti, guarda caso, ai 18 mesi dal passaggio del riconoscimento diplomatico da Taiwan a Pechino. La Cina continua inoltre a finanziare alcuni partner strategici, tra cui Pakistan, Kazakistan, Laos e Mongolia, nonché paesi produttori di minerali e metalli essenziali, come Argentina, Brasile e Indonesia.

Anche la Cina si trova in difficoltà, tra la pressione diplomatica per ristrutturare il debito insostenibile nelle nazioni vulnerabili e la pressione interna per revocare i prestiti a causa della crisi economica cinese. Pechino pubblica pochi dati sulla sua Via della seta, e il Lowy Institute ha affermato che le sue stime, basate sui dati della Banca mondiale, probabilmente sottostimano l’entità complessiva dei prestiti cinesi. Ma nel 2021 AidData valutava che alla Cina corrispondesse un “debito nascosto” di circa 385 miliardi di dollari.
 

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