medio oriente

Hamas annuncia di aver accettato il cessate il fuoco. Smentite e il video di Bibi

Micol Flammini

Esiste un piano Witkoff per la liberazione degli ostaggi e la tregua a Gaza, ma chi lavora sui negoziati dice che c'è ancora tanto da fare. Chi è l’imprenditore americano-palestinese che media con i terrosti dietro le quinte di Doha 

Tsahal ha annunciato di aver completato le operazioni a Rafah e di aver iniziato a dirigersi verso Khan Younis. L’obiettivo è procedere da sud per eliminare ogni infrastruttura di Hamas, entrando in profondità nel territorio. Ogni spostamento di Tsahal è preceduto da un annuncio alla popolazione di Gaza, che deve ancora una volta evacuare, spostare persone e pochi averi e trasferirsi nelle zone indicate come “sicure”. Spostare una massa di popolazione stanca e impaurita diventa sempre più complesso e gli scontri con Hamas stanno prendendo sempre di più le fattezze della guerriglia, del confronto tra i soldati israeliani e i terroristi. La situazione nella Striscia non può durare a lungo e ieri diverse dichiarazioni, anche da parte del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, hanno mandato un segnale: c’è una proposta di accordo e troppo caos attorno perché venga accettata in fretta. Tutti i negoziati che si tengono dietro le quinte hanno rischiato di essere sabotati da Hamas che ha fatto sapere ad alcuni media di aver accettato una seconda proposta presentata dall’inviato americano Steve Witkoff. L’uomo di Donald Trump in medio oriente ha subito smentito: “Quello che ho visto da Hamas è deludente e del tutto inaccettabile”.

 

Una proposta di Witkoff esiste ed è stata presentata al gruppo di terroristi dal nuovo intermediario che collabora con l’Amministrazione americana: Bishara Bahbah, imprenditore americano-palestinese, presente a Doha durante gli ultimi colloqui. Il piano di Witkoff prevede la liberazione di dieci ostaggi vivi e la restituzione dei corpi di diciannove rapiti per un cessate il fuoco di sessanta giorni e il rilascio di un numero da stabilire di prigionieri dalle carceri israeliane.

   

Ieri Hamas ha fatto una controproposta presentandola come una revisione di Witkoff al suo stesso piano. I cambiamenti del gruppo sono sostanziali e prevedono la liberazione di dieci ostaggi in due fasi: cinque all’inizio del cessate il fuoco, cinque alla fine, mentre la proposta originale prevede che vengano liberati tutti all’inizio. Secondo Israele, come avvenuto con l’ultimo cessate il fuoco, Hamas potrebbe cercare di ritardare la liberazione degli ultimi ostaggi per allungare il periodo di tregua senza mantenere i suoi impegni. Nella proposta di Hamas mancano i riferimenti alla restituzione dei corpi e inoltre il gruppo ha ripetuto una tattica utilizzata lo scorso anno, quando finse di aver accettato la proposta dell’Amministrazione Biden per la tregua in tre fasi, mentre stava spingendo il suo piano che Israele non aveva mai visto. 

 

Il presidente americano Donald Trump ha detto per la prima volta in modo esplicito che vuole “immediatamente” la fine della guerra a Gaza. Witkoff ha iniziato a intensificare i contatti in medio oriente, ha detto che Israele è d’accordo con il suo piano, ma al momento mancano dichiarazioni ufficiali da parte dello stato ebraico e anzi, secondo alcuni media l’inviato americano avrebbe provato davvero a ritoccare il suo piano, ma di averci ripensato, sfiduciato. Ieri il primo ministro Netanyahu si è fatto intervistare dal suo portavoce, Topaz Luk, – il premier non parla con i media critici se non in occasione delle conferenze stampa – e ha fatto un annuncio importante: “Il rilascio dei nostri ostaggi è la nostra priorità. Spero vivamente che potremo annunciare qualcosa se non oggi, domani. Non ci arrenderemo”. Settimane fa Netanyahu era stato accusato di aver rinunciato a salvare i rapiti, puntando su una nuova occupazione militare di Gaza per cacciare Hamas e aveva espresso delle priorità molto diverse.  Ieri è stato contestato per aver dato delle speranze alle famiglie dei cinquantanove ostaggi che rimangono nella Striscia perché secondo chi ha a che fare con i colloqui per un accordo, le trattative sono ancora complesse e l’annuncio del premier è suonato come una trovata politica, insensibile nei confronti di chi da quasi seicento giorni è tenuto prigioniero dai terroristi. I giornalisti israeliani che parlano con chi è coinvolto nei negoziati hanno subito smentito il premier, riportando le dichiarazioni di chi, immerso nelle complessità negoziali, non vede nessun progresso tale da meritare un annuncio.

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)