
(foto Ap)
ecologismo radicale
La morte verde. Quando l'ambientalismo diventa ideologia antiumana
Da chi uccide per fermare l’ecocidio a chi mette bombe per impedire le nascite. Chi sono i millenaristi d’occidente e i loro cattivi maestri
Una volta era il buco dell’ozono. Oggi non se ne parla più. Poi arrivarono le piogge acide. A seguire, l’Amazzonia (Achille Occhetto ci aprì il congresso del Pci del 1989) e la plastica, che ha contribuito a ridurre la domanda di avorio, olio di balena e foreste. Poi fu la fine delle materie prime, col Club di Roma che annunciò che avremmo esaurito l’oro entro il 1981, il mercurio entro il 1985, lo stagno entro il 1987, lo zinco entro il 1990 e il rame, il piombo e gas entro il 1993. Poi è arrivata la paura demografica, ma stavolta per restare. William e Paul Paddock scrissero “Famine 1975!” e nel 1968 “The Population Bomb” di Paul Ehrlich, che dichiarava che “la battaglia per nutrire tutta l’umanità è finita”. Intanto, un miliardo di persone era uscito dalla povertà assoluta, l’aspettativa di vita è aumentata, le epidemie sradicate, la Nasa ci ha detto che la terra è più verde oggi di vent’anni fa e la disponibilità di risorse, lo stato di salute dell’umanità e del mondo non è mai stato migliore e in via di costante miglioramento (quando Ehrlich è nato nel 1932, l’aspettativa di vita per un bambino americano era di 61 anni, oggi di 79). Eppure quel messaggio, cantato senza sosta da innumerevoli profeti e insopportabili chierichetti, ha acquisito la forza della verità rivelata. Una nuova religione apocalittica: natalità o morte. E ora ci sono anche i terrorizzati climatici convinti di combattere l’estinzione, anticipandola.
Giovedì 24 aprile, dopo mezzogiorno, Justin P., studente liceale di Nantes, in Francia, semina il terrore nel suo liceo Notre-Dame-de-Toutes-Aides. Accoltella quattro compagni di classe. Una di loro, Lorène, muore. Justin aveva inviato una email alla scuola quindici minuti prima dell’attacco. Una sorta di manifesto di ambientalismo radicale contro la “globalizzazione” e “l’ecocidio”. Justin seguiva il gruppo green americano Movement for the Voluntary Extinction of Humanity, che perora l’estinzione demografica. Un mese dopo, Guy Edward Bartkus ha distrutto con un’autobomba una clinica per la fertilità in California, morendo nell’attentato e ferendo altre quattro persone. Anche il terrorista di Palm Springs è un seguace dell’ideologia antinatalista. Nella registrazione prima dell’attentato, Bartkus afferma che il governo non dovrebbe limitare il “diritto a morire” di una persona. “Fondamentalmente sono contro la vita e la fecondazione in vitro è in un certo senso l’epitome dell’ideologia pro-life”. “L’obiettivo finale è che la verità vinca”, ha scritto l’autore. “E una volta che ciò accadrà, potremo finalmente iniziare il processo di sterilizzazione di questo pianeta dalla malattia della vita”. Negli anni 70, il termine “antinatalismo” si riferiva a politiche volte a ridurre il tasso di fertilità di un paese, come la campagna per sterilizzare milioni in India dal 1975 al 1977 e la politica del figlio unico in Cina. Nel 1973, il premier svedese Olof Palme disse: “La colpa della civiltà occidentale è grande”. E introdusse l’“ecocidio”. Così sono apparsi in occidente movimenti ambientalisti come il Voluntary Human Extinction Movement, che incoraggiano le persone a smettere di avere figli per il bene del pianeta. Il fondatore del Voluntary Human Extinction Movement si chiama Les Knight e non è uno spostato che vive nei boschi: è un ex insegnante dell’Oregon che scrive editoriali sul Guardian dal titolo “Voglio l’estinzione della razza umana”. “Guardate cosa abbiamo fatto a questo pianeta, non siamo una buona specie”, ha detto Knight al New York Times.
Quando il Club di Roma paventava la carestia globale, Knight concluse che la soluzione stava nel bambino, questo piccolo mostro a due denti che doveva assolutamente essere sradicato per riportare la pace verde. Oggi uno studio accademico da Lund, in Svezia (Gretalandia) ci fa sapere che “avere figli è la cosa più distruttiva che possiamo fare per l’ambiente”. Questo mix di antiumanesimo misantropico e apocalisse malthusiana un tempo era tra le teorie più estreme e pazzoidi; oggi auspicare l’estinzione dell’umanità è considerato solo un’altra forma di ambientalismo benigno. Dalla marginalità politica, la teoria della “decrescita” ha guadagnato terreno negli ultimi anni tra ambientalisti ed esponenti della sinistra. Chi mai avrebbe scommesso che un libro accademico sul rapporto tra capitalismo e pianeta sarebbe diventato un bestseller? E’ il caso del “Capitale nell’Antropocene” di Kohei Saito, professore all’Università di Tokyo (il Giappone è specializzato in distopie demografiche). In Italia è uscito per Einaudi.
L’antinatalismo è entrato poi in filosofia morale con due libri: “L’arte di ghigliottinare i procreatori” del belga Théophile de Giraud e “Meglio non essere mai stati” del filosofo sudafricano David Benatar, a cui il New Yorker ha dedicato un lungo panegirico. In “Half Earth”, il fondatore della sociobiologia e della biodiversità, il compianto docente di Harvard Edward Wilson, ha una proposta su come fermare la “sesta estinzione”: mettere da parte metà del pianeta e farne un parco naturale senza esseri umani. “Dopo tutto, è la diffusione dell’umanità che ha accelerato i tassi di estinzione e l’attività umana è la forza trainante della estinzione di massa in corso, una minaccia per la biodiversità uguale alla potenza distruttiva dell’asteroide Chicxulub che ha spazzato via il settanta per cento delle specie milioni di anni fa”. Anche la pesca andrebbe abolita. Il messaggio di Wilson è semplice: tempi disperati richiedono misure disperate, “solo mettendo da parte la metà del pianeta in una riserva possiamo salvare la parte viva dell’ambiente”.
Intanto l’antinatalismo è diventato glamour. Un articolo sull’edizione britannica della rivista Vogue si chiede se avere figli possa essere considerato “puro vandalismo ambientale”. L’apocalisse è fashion. C’è chi li paragona ai taboriti di Boemia e agli anabattisti di Münster, ma sono più come i catari del XIII secolo che praticavano l’endura, una privazione totale di cibo che conduceva a una morte apparentemente beata. E questa idea di estinzione volontaria sta guadagnando terreno nei media mainstream. “L’estinzione umana è una tragedia?”, si è chiesto il filosofo Todd May sulle pagine del New York Times. I tassi demografici crollano ovunque, dall’Irlanda a Singapore, dalla Lettonia alle Barbados, dall’Italia alla Baviera. Che senso ha avere figli? Spendere cifre folli in pannolini? Peggio ancora: inquinare la terra?
Il santo patrono dei programmi per la fauna selvatica, Sir David Attenborough, sul New Statesman ha scritto: “La verità fondamentale proclamata da Malthus rimane: non ci possono essere più persone su questa terra di quante ne possano essere sfamate”. Si torna al reverendo misantropo.
“We are the virus”, recita l’adagio ambientalista, come scriveva il terrorista californiano. L’uomo è il più grande patogeno che con il consumismo, il capitalismo e la CO2 devasta la Terra. Una ideologia misantropica che abbonda sulla bocca di schiere di militanti ecologisti, teorici della decrescita. Prendiamo Philippe Descola, antropologo francese che fu allievo di Claude Lévi-Strauss, da cui ha ereditato la famosa cattedra al Collège de France. Descola ha visto il coronavirus come “un reagente” che condensa alcune caratteristiche del “sistema che governa il mondo attuale”, ovvero il capitalismo. “Un virus è un parassita che si replica a spese del suo ospite, talvolta fino a ucciderlo”, spiega Descola. “Questo è quello che il capitalismo fa con la Terra dall’inizio della rivoluzione industriale, senza rendersene conto per molto tempo. Adesso lo sappiamo, ma sembra che abbiamo paura del rimedio, che noi conosciamo bene, vale a dire uno sconvolgimento delle nostre abitudini di vita. Il capitalismo è nato in Europa, ma non è definibile etnicamente. E continua a propagarsi come un’epidemia, solo che non uccide direttamente quelli che lo praticano, ma le condizioni di vita di tutti gli abitanti della Terra. Noi siamo diventati dei virus per il pianeta”. Sul Monde, l’antropologo francese Bruno Latour scrive che “l’agente patogeno la cui terribile virulenza ha modificato le condizioni di esistenza di tutti gli abitanti del pianeta, non è affatto il virus, sono gli esseri umani!”. Così Frédéric Keck, direttore del Laboratorio di Antropologia sociale, sul Monde spiega che la colpa del coronavirus è della “visione giudeo-cristiana che comporta la distruzione dei viventi offerti a un Dio trascendente”. “Corona è la cura e gli esseri umani sono la malattia”. Firmato Extinction Rebellion, il gruppo ecologista inglese dedito al caos e alla disobbedienza civile. E’ stato postato da un account, XREastMidlands, che i vertici dell’organizzazione hanno disconosciuto. Gli ecologisti radicali si agghindano intanto come figure spettrali colorate di rosso scarlatto, nero o verde.
Stop Having Kids, fondato negli Stati Uniti nel marzo 2021, ha ospitato manifestazioni in Canada, Bangladesh e Polonia. Sponsorizza cartelloni pubblicitari sulla costa occidentale degli Stati Uniti. Uno recita: “Molti esseri umani vorrebbero non essere mai nati”. Sul loro sito Internet c’è anche la sezione gadget: mascherine, magliette, adesivi per auto… Simili i cartelloni dell’organizzazione One Planet One Child. C’è un bambino sorridente e l’annuncio: “Il più grande regalo d’amore che puoi fare al primo figlio è non averne un altro”. Un articolo della rivista del celebre Sierra Club ha offerto consigli su come creare un mondo felice e verde. Si osserva che “il trauma può essere tramandato epigeneticamente nel Dna dei nostri antenati”: antinatalismo è la soluzione. Proliferano i movimenti, come Démographie responsable, SEnVol (Volontari senza figli) e Ginks (Green Inclination, No Kids, apparsi al tempo di Al Gore) che rinunciano alla maternità per il bene del pianeta. In Francia, Antoine Buéno ci ha scritto un libro per le edizioni Albin Michel, Permis de procréer, sottotitolo “Come salvare il pianeta”, in cui perora il figlio unico di stato, immaginando un “patentino di procreazione”. Girano petizioni firmate da chi annuncia di non volere figli “perché il clima…”. Si pubblicano articoli perorando campagne per la vasectomia maschile.
E il New York Times: “To breed or not to breed”. L’appello “No future no children”, con lo sfondo di una foresta in fiamme, campeggia sulla home di Greenpeace. La giornalista Suzy Weiss ha scritto un articolo per la rivista online Free Press sulle donne americane che si operano alle tube di Falloppio (una procedura irreversibile). Weiss ha intervistato Rachel Diamond, star social soprannominata “la ragazza simbolo della sterilizzazione”. Come ha scoperto Weiss, Diamond è solo una dei tanti giovani che si oppongono all’avere figli non per motivi personali, ma politici. C’è anche chi, come l’ambientalista canadese Howard Breen, ha deciso di ricorrere all’eutanasia perché soffre di “eco-ansia”. E se la società invecchia troppo, la soluzione può essere il suicidio di massa secondo un professore dell’università di Yale raccontato dal New York Times, Yusuke Narita. I tassi di fertilità tra le donne e gli uomini occidentali sono intanto al collasso. Un sondaggio globale tra i giovani uscito sul Lancet mostra che il 39 per cento sono esitanti a fare figli a causa del clima. Un sondaggio Harvard/Harris di aprile ha rilevato anche che il 48 per cento degli americani tra i 18 e i 24 anni afferma di sostenere il culto della morte di Hamas rispetto a Israele. E mentre delirano sul “patriarcato occidentale” che riscalda il pianeta, passano da voler far saltare in aria un oleodotto a voler distruggere una clinica della fertilità o un kibbutz. O uccidere una coppia di giovani diplomatici israeliani a Washington. “L’ho fatto per Gaza”, ha detto l’assassino dal perfetto profilo progressista. Ciò che è davvero strano di questa eco-apocalisse terroristica è che i suoi fautori non si trovano nell’Africa sub-sahariana, ma nei luoghi più ricchi e liberi al mondo e nel momento migliore della storia in cui essere vivi. E questo sì, che è un segno del suicidio dell’occidente.
