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L'editoriale dell'elefantino

Le “complicità” su Gaza

Giuliano Ferrara

Disarmare le parole e riarmare la ragione riguarda tutti, tranne gli antisemiti e gli speculatori di pace

È una forma di sadismo morale e di crudele intolleranza accusare chi ha sostenuto e sostiene il diritto di Israele all’autodifesa contro Hamas di complicità nella morte dei civili e dei bambini di Gaza. Diverso dal vedere antisemitismo nelle parole d’ordine dell’Intifada globale, della liberazione della Palestina dal fiume al mare, come dal convocare l’8 ottobre 2023, il giorno dopo il pogrom, una manifestazione di solidarietà con Hamas, alla quale partecipò il gruppo politico dell’assassino di Sarah Milgrim e Yaron Lischinsky, con la parola d’ordine: “Oggi siamo testimoni di una storica vittoria della resistenza palestinese”. Chi considera legittima la guerra per distruggere Hamas, nonostante i suoi costi umanamente insopportabili, come sono insopportabili i costi di tutte le guerre perfino al di là della distinzione tra guerre giuste, di difesa, e guerre ingiuste, di aggressione e di terrore, non è complice della morte dei civili di Gaza. Fermare la difesa di Israele, lavarsi la coscienza con la richiesta di un cessate il fuoco senza alternative, mentre continuava nei tunnel la tortura della prigionia per gli ostaggi, equivale o equivaleva ad abbracciare l’ondata di antisemitismo che ha percorso il mondo sul confine con l’umanitarismo.

Oggi la coscienza disperata di una parte del mondo, e anche del mondo ebraico, porta molta gente in perfetta buonafede a dire: basta, non ce la facciamo più, il tempo passato dal 7 ottobre ci esime dal dovere di memoria, specie se questo assomiglia a una vendetta militare e politica cieca (Grossman). È la conseguenza, tremenda e per alcuni di noi incondivisibile, ma legittima, di una dissociazione politica radicale dalle decisioni di chi guida Israele e ha guidato la guerra, con Netanyahu e con tutti coloro che hanno partecipato al gabinetto di guerra e dello stato maggiore dell’esercito e dei servizi di sicurezza, compresa una parte dell’opposizione politica. Ma di qui ad accusare di complicità in uno sterminio di bambini innocenti e delle altre vittime non militari dei combattimenti quanti, dai riservisti all’opinione filoisraeliana, hanno condiviso la responsabilità politica della guerra di difesa contro Hamas, Hezbollah, houthi e Iran, passa il confine del sadismo morale e della ingiusta e crudele intolleranza politica menzionati prima.

Accusare il partito umanitario e i governi delle democrazie europee, anche alleate di Israele, di armare la mano dell’assassino della coppia di diplomatici israeliani uccisi a Washington a sangue freddo e al grido “free Palestine”, è un’iperbole sconclusionata, una esagerazione temeraria. Ma la parte di umanitari che respinge l’antisemitismo omicida dei pogrom e del terrore, ed è consapevole nonostante i sortilegi della comunicazione quotidiana della maligna, infernale pretesa di Hamas di sacrificare consapevolmente la popolazione del territorio di cui è stata padrona per ottenere l’isolamento di Israele e la sua condanna etica, non può né deve cedere al ricatto degli antisemiti militanti, che cercano di imporre la loro menzogna travestendola in un sillogismo folle: i pogrom sono una forma di resistenza, i bambini morti sono la dimostrazione della trasformazione di Israele in una potenza imperialista e colonizzatrice, se non in una replica del nazismo a parti rovesciate. Il disarmo delle parole e il riarmo della ragione sono cose che riguardano tutti, tranne gli antisemiti e gli speculatori di pace, che sono diversi e opposti agli operatori di pace
            

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.