
Contenere Trump. Si può?
Di fronte all’intransigenza di Putin, il presidente americano svilisce ancora un po’ l’alleanza con l’Ucraina, dicendo: questa guerra non è un mio problema. Il Congresso ha ancora qualche antidoto a disposizione per aiutare Kyiv
Donald Trump è alla Casa Bianca da 123 giorni, la pace in Ucraina non c’è anche se l’aveva promessa in quarantotto ore dal suo insediamento, c’è soltanto l’intransigenza di Vladimir Putin, il presidente russo che vuole continuare la guerra, anche se pensava di vincerla in tre giorni e invece, dopo 1.184 giorni dall’invasione, non la vince. Con la sua intransigenza, Putin ha già ottenuto molto: il tempo, tanto per cominciare, e poi la condiscendenza di Trump. Il presidente americano ha smesso di definire la Russia il paese aggressore e ha smesso di votare, nei consessi internazionali, risoluzioni contro la Russia: lo ha appena rifatto alla riunione dei ministri delle Finanze del G7 in Canada, la delegazione americana non ha voluto che l’invasione russa dell’Ucraina fosse definita – come è sempre stato, com’è – “illegale” e si è opposta ai piani per “un ulteriore sostegno” all’Ucraina presenti nella dichiarazione finale. Trump ha trasformato una battaglia per la libertà e la democrazia com’è la difesa dell’Ucraina in una questione di chilometri quadrati – i territori occupati dai russi in Ucraina – e di soldi, lasciando cadere via via tutti i piccoli obiettivi che si era posto nel dialogo diretto con Putin: nell’ultima conversazione, lunedì, non s’è nemmeno parlato di cessate il fuoco. Fino a qualche settimana fa, il presidente americano diceva: se le cose vanno per le lunghe e non si ottiene niente, metteremo altre sanzioni alla Russia. Ora no, ora la formula è: se non si ottiene nulla, lasciamo il negoziato. Il vicepresidente J. D. Vance ha detto: “Siamo ben più che disponibili ad andarcene”, che, come scrive il Wall Street Journal, “è un messaggio che allungherà la guerra, non le metterà fine; è un messaggio implicito a Putin, il quale finge di negoziare abbastanza da tenersi legato Trump, aspettando che quest’ultimo perda interesse e abbandoni l’Ucraina ai piani del Cremlino”, che ne prevedono la scomparsa. Il presidente russo punta proprio a quello che sta accadendo, cioè che Trump smetta di considerare la difesa dell’Ucraina un suo problema.
Logica vorrebbe che, volendo delegare la questione ucraina a qualcun altro, questo qualcun altro sia, almeno dal punto di vista diplomatico, un po’ rafforzato, invece no: i delegati naturali, gli europei, sono costantemente trattati come parte del guaio in cui Joe Biden ha infilato l’occidente volendo schierarsi con l’Ucraina contro la Russia, e vengono anche esclusi da qualsiasi trattativa. Nella rassegna stampa che fa il corrispondente da Mosca della Bbc, l’imprescindibile Steve Rosenberg, ieri mattina c’era la frase di un giornale russo rivolto proprio agli europei: “Potete giusto sentire il profumo del nuovo ordine mondiale”.
E’ piuttosto chiaro che, per smussare l’intransigenza di Putin, ci sia bisogno di un altro genere di pressione, ed è quella che intende fare il Congresso americano, bistrattatissimo pure lui da Trump, che vuole scardinare i check and balance del sistema democratico americano. “Putin continuerà a frapporre ostacoli e a rallentare i tentativi di cessate il fuoco finché la sua economia non sarà colpita duramente”, ha detto il senatore democratico Richard Blumenthal.
Blumenthal ha introdotto all’inizio di aprile un progetto di legge che prevede sanzioni secondarie sul petrolio russo in modo da ridurre le disponibilità finanziarie del Cremlino. Il progetto è bipartisan, assieme al senatore democratico ci sono due repubblicani che non sono né estranei né detestati da Trump, cioè Lindsay Graham e Tom Cotton e ha già ottenuto il consenso di 70 senatori (su cento), un numero straordinario visto che il Senato americano è spaccato a metà e procede per maggioranze risicate. La legge colpisce la Cina, che acquista petrolio a buon mercato dalla Russia e così è diventata la principale fonte di sostentamento della macchina da guerra di Putin: “Il mondo deve capire che senza Pechino che acquista il petrolio a basso prezzo da Mosca, la macchina da guerra si sarebbe già inceppata”, ha detto Graham dopo che il presidente russo non si è presentato all’invito di Volodymyr Zelensky a Istanbul. La legge prevede dazi fino al 500 per cento ai paesi che comprano in particolare gas, petrolio e uranio dalla Russia.
Non è ancora stata fissata la data del voto, ma dalla telefonata tanto attesa quanto inutile di lunedì tra Trump e Putin c’è stata un’accelerazione. Perché il presidente va in tutta un’altra direzione: secondo un articolo a più mani del New York Times (con un titolo perfetto: “La nuova posizione di Trump sulla guerra in Ucraina: non è un mio problema”), Trump non soltanto ha detto al presidente ucraino e agli europei che vuole trovare una soluzione alla guerra da solo con Putin, quando poco prima aveva detto a Zelensky che era lui a dover trovare un accordo con il presidente russo, ma ha anche rinunciato all’idea di unirsi alle sanzioni europee alla Russia. Come ha detto un funzionario della Casa Bianca al quotidiano americano, altre misure sanzionatorie potrebbero danneggiare gli affari, mentre Trump “vuole massimizzare le opportunità economiche per gli americani”. Il presidente americano è convinto che ci sia un grande potenziale nel commercio con la Russia, anche se negli ultimi trent’anni, il livello più alto di esportazioni americane verso la Russia è stato di 11 miliardi di dollari, nemmeno l’1 per cento delle esportazioni totali americane. E’ evidente che il potenziale economico non c’è, ma è un altro elemento di distanza da frapporre tra Trump e la difesa dell’Ucraina.
Il Wall Street Journal, in un editoriale in cui invita il Congresso a procedere spedito con le sanzioni, scrive: “E’ pura fantasia immaginare che Trump possa abbandonare il negoziato e lasciare che Putin vinca senza conseguenze dannose. In politica, poche cose affossano una presidenza più velocemente del tradimento e dell’umiliazione all’estero: chiedete a Joe Biden come gli è andata con il ritiro dall’Afghanistan”. Il quotidiano conservatore, che resiste agli attacchi di molti trumpiani, in particolare di Elon Musk, è convinto che non possa finire così, con un presidente americano che abbandona i suoi alleati, ma che su Trump vadano esercitate pressioni più convinte, come le sanzioni secondarie introdotte dal Congresso. Anche perché queste misure sono la parte facile, la lotta ci sarà quando bisognerà passare un altro pacchetto di aiuti militari all’Ucraina, inevitabile, necessario e urgente.