la storia

Il blitz per esfiltrare gli oppositori venezuelani dall'ambasciata argentina

Maurizio Stefanini

I dissidenti erano rifugiati da 412 giorni nella sede diplomatica vuota a Caracas, formalmente sotto la protezione del Brasile, senza acqua né luce.  L'operazione congiunta di Stati Uniti e Italia

Potrebbe esserci stato anche un ruolo dell’Italia nell’operazione che ha permesso di far uscire dal Venezuela ed esfiltrare negli Stati Uniti cinque oppositori politici venezuelani, rifugiati da 412 giorni nell’ambasciata argentina a Caracas. La sede diplomatica era ormai vuota dopo che l’Argentina, in seguito al riconoscimento da parte del presidente Milei del governo di González Urrutia, ha rotto le relazioni con il regime di Maduro. I locali erano formalmente sotto la protezione del Brasile. Una “operazione” su cui si hanno in realtà ben pochi dettagli.

Il giornalista venezuelano David Placer ha rivelato che la liberazione dei cinque è stata possibile grazie a “un’operazione congiunta di Stati Uniti e Italia”, smentendo così le prime versioni circolate in Venezuela, secondo cui sarebbe stato concesso un lasciapassare ufficiale da parte del governo. In un video pubblicato sui social, Juan Pablo Guanipa, ex vicepresidente dell’Assemblea nazionale ed ex governatore di Zulia, ha dichiarato che “sono riusciti a fuggire grazie a un’operazione precisa e all’aiuto di alcuni dei nostri alleati internazionali”. Ha poi ringraziato il segretario di stato americano Marco Rubio e il presidente argentino Javier Milei per il loro impegno "a favore della libertà del Venezuela e per il loro ruolo in questa operazione.”

Rubio ha scritto su X: “Dopo un’operazione precisa, tutti gli ostaggi sono ora al sicuro negli Stati Uniti. Il regime illegittimo di Maduro ha minato le istituzioni venezuelane, violato i diritti umani e messo a rischio la sicurezza regionale. Ringraziamo tutto il personale coinvolto e i nostri partner per aver garantito il rilascio sicuro di questi eroi venezuelani”.

La leader dell’opposizione María Corina Machado ha espresso “infinita gratitudine a tutti coloro che hanno reso possibile questa operazione impeccabile ed epica per la libertà di cinque eroi venezuelani” e ha ribadito il suo impegno per la liberazione dei “900 prigionieri politici” e per i “30 milioni di venezuelani” imprigionati dal regime.

Il 20 marzo 2024, Magalli Meda, Claudia Macero, Omar González, Pedro Urruchurtu e Humberto Villalobos si erano rifugiati nell’ambasciata argentina per sfuggire all’arresto. Tra loro figuravano il responsabile della campagna elettorale e il direttore della comunicazione di Machado. Inizialmente con loro c’era anche l’ex ministro Fernando Martínez Mottola, che però il 19 dicembre ha lasciato la sede dopo aver accettato le condizioni del regime. Gravemente malato, ed è morto il 26 febbraio. 

I dissidenti sono stati vittime di molestie e hanno denunciato abusi fisici e psicologici. L’ambasciata è stata circondata da un rigido sistema di sicurezza che ha bloccato le strade adiacenti e l’accesso del personale. Sono stati vietati i rifornimenti, interrotti i servizi di base e gli occupanti hanno vissuto per mesi con razioni, pannelli solari, cibo in scatola e senza acqua corrente o elettricità diretta. “Non abbiamo elettricità perché ci hanno rubato i fusibili, e l’acqua non arriva da cinque mesi”, avevano denunciato ad aprile.

La notizia dell’esfiltrazione arriva a pochi giorni dal suicidio in carcere di Lindomar Amaro, che si è tolto la vita sabato dopo essere stato detenuto durante le proteste per i brogli elettorali. Martedì è invece  atterrato a Fiumicino con sua moglie Alfredo Schiavo, 67 anni, figlio di emigrati italiani, rilasciato dopo cinque anni grazie alla mediazione della Comunità di Sant’Egidio. Rimangono tuttavia in carcere diversi cittadini venezuelani di origine italiana, tra cui i leader dell’opposizione Biagio Pilieri e Américo De Grazia, insieme  al cooperante Alberto Trentini, arrestato il 15 novembre.

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