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Musk contro il Wall Street Journal

Paola Peduzzi

Il quotidiano conservatore ha toccato il nervo scoperto: Tesla. Tutto quello che sta dietro (e oltre) l’attacco dell'imprenditore al Wsj 

“Il Wall Street Journal è un disonore per il giornalismo”, ha scritto Elon Musk sul suo X commentando (ripetutamente) un articolo del quotidiano conservatore che diceva che il board di Tesla, di proprietà di Musk, sta cercando un suo sostituto. Poco prima il tycoon che gestisce anche il dipartimento per l’Efficienza, un finto ministero preposto al taglio degli sprechi che sta devastando la pubblica amministrazione americana, aveva fatto un post con maiuscole trumpiane in cui definiva l’articolo una “fake news” e in cui accusava il Wsj di violare l’etica giornalistica visto che non aveva riportato l’immediata smentita di Tesla. Qualche ora dopo, Musk ha scritto di nuovo su X: “Non tutte le storie del Wsj sono false, ma sono quasi tutte malevole e ingannevoli”. In quest’ultima campagna di Musk si mescolano molte storie. La prima riguarda il Wsj, che è un quotidiano di Rupert Murdoch non ostile all’Amministrazione Trump, ma che su alcuni temi – in particolare il protezionismo, i dazi e la politica commerciale – è molto duro: non si tratta di ideologia né di posizionamento, è che questa politica di Trump è autopunitiva per l’America e disastrosa per il commercio internazionale. 

 

Il Wsj è in generale molto attento alla tenuta del sistema americano, commenta spesso in modo negativo il tentativo esplicito dell’Amministrazione di accentrare il potere esecutivo a discapito in particolare di quello legislativo così come le ingerenze trumpiane nelle istituzioni private, in particolare le università, o i tagli devastanti agli aiuti internazionali che hanno ridotto di molto il celebre ed efficace soft power americano. Allo stesso tempo però il Wsj dice che la lotta all’immigrazione illegale è giusta, per quanto i metodi utilizzati siano brutali, così come denuncia le fissazioni della sinistra definendole illiberali. Il Wsj è insomma un quotidiano conservatore liberale ed è proprio questa la ragione per cui i suoi commenti innervosiscono l’Amministrazione Trump. E’ facile etichettare i media liberal come “fake news”, è facile (e osceno e autoritario visto che è fatto con l’ennesimo decreto legislativo quando l’Agenzia che governa i media pubblici dipende dal Congresso non dalla Casa Bianca) tagliare i fondi alla radio e alla tv pubbliche, l’Npr e la Pbs, perché i soldi pubblici non devono “sostenere l’informazione pregiudizievole e di parte”, è facile levare spazi e accessibilità ai cosiddetti media tradizionali o minacciare un giornalista che ti fa domande che non ti piacciono, ma con il Wsj come fai? Non puoi certo usare queste accuse contro il Wsj, ma ti resta il problema che questo giornale parla in particolare ai conservatori, cioè i tuoi lettori. E’ per questo che – dicono molte fonti – le pressioni sul quotidiano murdochiano sono continue e pesanti, ma meno esplicite rispetto ad altri media.

 

A meno che non si tocchi Tesla a Musk. Il sito di Politico, ricostruendo la vicenda, dice che nemmeno l’articolo del Wsj sulla gestione delle madri dei tanti figli del tycoon ha innervosito Musk quanto quello su Tesla, che evidentemente “è la figlia prediletta”, e soprattutto quella che, con i suoi ricavi, permette a Musk di divertirsi a tagliare l’amministrazione pubblica o a esplorare Marte. I dazi di Trump e il conseguente crollo dei mercati hanno fatto danni a Tesla, le vendite sono calate e anche tutte le rimostranze (spesso violente) contro Musk si sono di fatto riversate sui concessionari Tesla. Tutti sanno insomma che per la figlia prediletta il tycoon farebbe di tutto e anche in quello che è sembrato un commiato (ma chissà se lo era) da parte di Trump durante il Consiglio dei ministri dei cento giorni, il presidente ha detto: Musk può restare al Doge quanto vuole, può gestirlo anche solo telefonandomi, può fare come vuole, ma “immagino che a un certo punto vorrà tornare dalle sue auto”.

   

Musk rivendica il suo lavoro al Doge, dice che sono stati fatti tagli necessari a spese ingiustificate, ammette che l’obiettivo dei duemila miliardi di sprechi tagliati non è stato raggiunto, prevede che i lavori continueranno anche oltre i due anni che sembravano l’orizzonte temporale di questo ufficio, ma aggiunge – parlando con Axios – che “il Doge è uno stile di vita, è come il buddismo. Buddha non è più vivo, ma nessuno chiede: chi guiderà il buddismo?”. Ma certo essere sempre sotto attacco “non è molto divertente”, e le sue auto bruciate e vandalizzate nell’indifferenza dei media lo hanno colpito. 

 

Ecco che allora Musk vuole dedicarsi alla figlia prediletta (e la più ricca), che il Doge diventa una filosofia e che i media tradizionali, pur se conservatori, devono essere limitati, ridimensionati, addomesticati. E’ anche per questo che la Casa Bianca ha lanciato il suo media, WHWire House, partito con una storia sui cento giorni di Trump più grandi di tutti i tempi e di tutti i predecessori: graficamente assomiglia molto a Drudge Report, celebre sito conservatore con titoloni e sensazionalismo, che era trumpiano e poi come altri non lo è stato più. WHWire House sembra fatto apposta per sostituirlo.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi