
Mike Waltz (Ansa)
sulla torre di Trump
Le due donne che hanno fatto cadere Waltz, i Maga contro tutti e i superpoteri di Rubio
La caduta del consigliere per la sicurezza nasce dall’azione congiunta di Laura Loomer e Susie Wiles, tra faide interne al trumpismo radicale. Intanto Rubio, uomo forte della seconda era Trump, concentra incarichi e rischia di bruciare troppo potere. Chi si sente oggi più saldo e chi no
Chi guida davvero la politica estera americana e le scelte degli Stati Uniti in tema di difesa e sicurezza? L’interrogativo che dominava il primo mandato di Donald Trump torna rilevante anche nel secondo, con la caduta della prima testa eccellente nel team trumpiano, quella del consigliere per la sicurezza nazionale Mike Waltz. La “promozione” di Waltz ad ambasciatore presso le Nazioni Unite apre una fase nuova a Washington che inaugura i secondi cento giorni di Trump. In primo luogo perché l’incarico all’Onu – a differenza di quello di consigliere alla Casa Bianca – richiede l’approvazione del Congresso. Su Waltz adesso si scatenerà una battaglia in Senato, con i democratici che hanno l’opportunità di mettere in discussione nelle audizioni pubbliche le scelte di politica estera fatte finora dal presidente. Poi perché è l’occasione per fare un primo tagliando alla tenuta della squadra che Trump ha messo in campo per gestire gli affari internazionali, l’intelligence, le scelte militari e la sicurezza nazionale. E qui emergono alcuni elementi importanti, per decifrare cosa accadrà nei prossimi mesi.
È naturale che l’ultima parola su tutto sia sempre quella del presidente, ma Trump come suo solito sta gestendo la partita con una squadra dove non vuole che emerga alcun giocatore forte e con una panchina molto corta. Decenni dopo la celebre domanda di Henry Kissinger su chi chiamare per parlare con l’Europa, oggi l’Europa sembra avere due strade obbligatorie e parallele per parlare con l’America: rivolgersi direttamente a Trump e nello stesso tempo contattare con più interlocutori possibili del suo team per cercare di capire cosa pensi davvero il presidente. Waltz era un interlocutore importante in questo senso, ma anche lui non ha mai avuto sufficiente potere se confrontato ai consiglieri per la Sicurezza nazionale del recente passato, come Jake Sullivan per Biden, Susan Rice per Obama o Condoleezza Rice per Bush figlio. Falco in politica estera, deciso a non concedere troppo alla Russia sull’Ucraina e ad alzare la voce con l’Iran, Waltz non è mai piaciuto al mondo Maga duro e puro. Quando ha commesso l’imperdonabile gaffe di far accedere un giornalista in una chat riservata creata per pianificare un bombardamento agli houthi, il suo destino è stato segnato. Laura Loomer, l’influencer complottista che Trump usa per regolare gli affari sporchi, ha preso di mira sui social Waltz e il suo vice Alex Wong e li ha indeboliti per settimane, per creare le premesse del siluramento di entrambi. Un’operazione guidata dalla chief of staff della Casa Bianca, Susie Wiles, su mandato del presidente.
Il risultato è che per gli interlocutori internazionali diventa così ancora più un rebus capire con chi parlare per sapere qual è la linea americana sui vari dossier internazionali. C’è l’onnipresente Steve Witkoff, l’immobiliarista che Trump sta utilizzando come mediatore su tutti i fronti, ma che non sembra godere di ampio sostegno a Washington, dove molti anche in casa repubblicana lo ritengono poco preparato e troppo disponibile a concedere spazi a Vladimir Putin. Ci sono fedelissimi come Tulsi Gabbard, la direttrice dell’intelligence, John Ratcliffe, il capo della Cia o Steven Miller, consigliere molto influente alla Casa Bianca. Ma ciascuno di loro ha uno spazio di manovra limitato. C’è il capo del Pentagono Pete Hegseth, che finora ha dovuto dedicarsi di più a difendere il proprio posto di lavoro che a difendere gli Stati Uniti, per le continue polemiche in cui è coinvolto: per molti la testa che sarebbe dovuta rotolare per prima era la sua, non quella di Waltz.
E poi c’è il mistero di Marco Rubio. Perché sulla carta adesso l’uomo forte diventa lui, l’ex avversario di Trump diventato fedele scudiero. Il presidente gli ha affidato a interim il ruolo di Waltz, insieme a quello di segretario di stato (e a un paio di altri lavori). Dal secondo dopoguerra, quando è stata creata la funzione delicata e importantissima di consigliere per la Sicurezza nazionale, l’unico che per qualche tempo rivestì il doppio incarico fu Kissinger. La cosa non funzionò, perché sono ruoli diversi che dovrebbero vigilare l’uno sull’altro e restare separati. La mossa di Trump è un gesto di fiducia in Rubio, ma anche un segnale di confusione e una dimostrazione della panchina corta. Gli occhi di tutti adesso saranno sul segretario di stato per capire come eserciterà i superpoteri senza far ombra al presidente e senza porre quindi le premesse per diventare la prossima testa che rotola. Al momento nell’Amministrazione sembra godere di ampio consenso e c’è chi scherza sui suoi poteri: il vicepresidente J. D. Vance, su X, ha ironizzato sul fatto che da devoto cattolico, Rubio potrebbe essere in corsa anche per una certa posizione importante che si è aperta a Roma.