I gravi pasticci di Steve Witkoff

Micol Flammini

Ci sono tenui smottamenti nel circolo trumpiano, tra Waltz sostituito da Rubio e i malumori sul mediatore che viaggia dalla Russia al medio oriente senza consiglieri né interpreti. Come leggere l'invio di 50 milioni in armi a Kyiv tra nuovi accordi e disinteresse americano per la mediazione

Per la prima volta da quando è arrivato alla Casa Bianca, Donald Trump ha deciso di vendere armi all’Ucraina per un valore di 50 milioni di dollari in “articoli da difesa”. Il presidente americano non aveva mai preso un’iniziativa di questo genere e la scelta coincide con la firma dell’accordo sui minerali che stabilisce la creazione di un fondo di investimento comune gestito al 50 per cento da Kyiv e 50  da Washington. I segnali sono positivi per l’Ucraina, ma sono lontani dall’indicare che Trump ha cambiato idea ed è pronto a fare tutta la pressione necessaria per fermare Mosca che ogni giorno attacca le città ucraine con droni e missili, non accenna a fermare l’aggressione,  e non parla di compromessi. Tuttavia, dentro all’Amministrazione Trump qualcosa è cambiato  e forse i risultati possono essere letti anche come un movimento di correnti dentro alla Casa Bianca. Il Wall Street Journal aveva scritto che due diverse linee di pensiero si fronteggiavano riguardo alla politica estera sotto gli occhi del presidente americano. Da una parte c’era Marco Rubio, il segretario di stato, contrario alla conciliazione con la Russia, l’Iran o la Cina. Dall’altra invece c’era il mediatore personale di Donald Trump, Steve Witkoff, pronto a  qualsiasi accordo pur di concludere, appena tornato dal quarto incontro con Putin e favorevole a un rapporto con Mosca totalmente rivoluzionato, fatto di cooperazione, anche se a farne le  spese è l’Ucraina. Trump aveva sposato la linea di Witkoff, è un imprenditore, immobiliarista che sicuramente sa farsi capire dal presidente americano.  In pochi giorni il sistema di pesi e contrappesi ha subìto un cambiamento. Rubio, dopo la rimozione di Mike Waltz come consigliere per la sicurezza nazionale, ha assunto due incarichi e oltre a essere segretario di stato, farà le funzioni di Waltz, attestandosi come il secondo nella storia americana a vantare le due cariche insieme: il primo era stato Henry Kissinger con Richard Nixon. Mentre su Witkoff si stanno accumulando malumori e il mediatore è stato il protagonista di un articolo apparso sul New York Post, in cui vari funzionari dell’Amministrazione lo criticano e rispondono parzialmente alla domanda: chi prepara Witkoff per i suoi incontri con Putin?

 

La risposta che suggeriscono è: nessuno.  


Il mediatore di Trump ha un approccio non convenzionale alla diplomazia, viaggia senza consiglieri al seguito e spesso senza interpreti. Venerdì 25 aprile,  durante l’ultimo incontro con Putin al Cremlino, Witkoff è arrivato da solo, si è presentato alla sua interprete che evidentemente gli era stata assegnata dal Cremlino – può sembrare una questione di secondo ordine, dopotutto un interprete ha solo il compito di tradurre, e invece no, la sua funzione è politica, può cambiare un negoziato: sceglie le parole, le sfuma, decide. Putin invece sedeva davanti a Witkoff con il suo consigliere per la politica estera, Yuri Ushakov, e con il capo del Fondo russo per gli investimenti all’estero, Kirill Dmitriev, l’uomo che sembra aver avuto il compito di ingraziarsi il mediatore di Trump, di portarlo dalla parte del Cremlino. Dmitriev sembra esserci riuscito, tanto che dopo l’incontro di venerdì scorso lui e l’americano sono andati insieme a passeggio per il centro di Mosca. Una fonte ha descritto Witkoff come “un brav’uomo, ma un idiota, un maledetto imbranato”. Gli Stati Uniti hanno esperti che si occupano da decenni dei rapporti con Mosca, conoscono Putin, hanno studiato ogni suo consigliere, ma Witkoff non si avvale del loro aiuto e non sa neppure come gestire le norme sulla sicurezza personale e nazionale. L’altro dossier di cui si occupa è l’accordo con l’Iran sul nucleare,  di cui questo fine settimana doveva tenersi un altro round di colloqui, saltato per ragioni logistiche. E’ una trattativa complicata, presuppone studio, preparazione, conoscenza di ogni dettaglio, ma proprio come si comporta con Mosca, anche con l’Iran, Witkoff improvvisa. 

 

Witkoff rimane ancora l’uomo che tratta per Trump, 50 milioni di dollari di armi sono un buon segnale per l’Ucraina, ma il messaggio che arriva dalla Casa Bianca, più che di impegno al fianco di Kyiv, è di un lento disinteresse per la mediazione. “Non andremo più in giro per il mondo a mediare”, ha detto Tammy Bruce, portavoce del dipartimento di stato. “Trump deve decidere quanto tempo vorrà dedicare alla questione”, ha detto Rubio che, durante un’intervista a Fox News, ha aggiunto: l’Ucraina è importante, ma il rapporto con la Cina lo è molto di più per il mondo.
 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)