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Il caso

Numerosi paesi europei dicono no all'arresto di Netanyahu e così l'Aia apre a Israele

Giulio Meotti

I giudici della Corte penale internazionale si dicono pronti a revocare i mandati di cattura nei confronti del premier israeliano e dell’ex ministro della Difesa se il governo di Tel Aviv istituisse una commissione per un’indagine approfondita sulla guerra a Gaza

La vicenda del mandato di arresto per Benjamin Netanyahu e Yoav Gallant potrebbe subire un ribaltamento drammatico. I giudici della Corte penale internazionale si dicono pronti a “revocare” i mandati di cattura nei confronti del premier israeliano e dell’ex ministro della Difesa se Israele “istituisse una commissione” per un’indagine approfondita sulla guerra a Gaza. A dichiararlo è il portavoce della Corte dell’Aia, Fadi El Abdallah, all’emittente israeliana Kan. Intanto l’ufficio del premier israeliano presenta ricorso per mostrare “quanto sia  assurda l’emissione dei mandati di arresto e priva di qualsiasi base fattuale o legale”. Il problema è che la Corte sta perdendo pezzi. I ministri degli Esteri di Germania, Francia e Regno Unito hanno rilasciato una dichiarazione in cui criticano la Corte penale.

 

Gli Stati Uniti sia con Joe Biden che con Donald Trump non adempiranno al mandato d’arresto. L’est Europa, dall’Ungheria alla Repubblica ceca, hanno già detto che non arresteranno il leader israeliano, così come l’Argentina di Javier Milei. “La sfortunata decisione della Corte mina la sua autorità in altri casi, quando equipara i rappresentanti eletti di uno stato democratico ai leader di un’organizzazione terroristica islamista”, ha affermato il primo ministro ceco Petr Fiala. Il ministro della Difesa Jana Cernochová ha detto che le accuse “dovrebbero essere corroborate da prove”. Se il ministro degli Esteri inglese, David Lammy, ha detto che se Netanyahu mettesse piede nel Regno Unito dovrebbero arrestarlo, la Spagna invece ha annunciato un aumento di finanziamenti di 1,6 milioni di euro per la Corte penale (il governo spagnolo ha anche espresso sostegno all’accusa di genocidio del Sudafrica contro Israele  alla Corte internazionale di giustizia). 

 

Intanto funzionari tedeschi hanno detto che la Germania non avrebbe arrestato Netanyahu a causa del passato nazista. Il leader dello stato ebraico ai ceppi nel paese che ha realizzato la “soluzione finale del problema ebraico”? Anche no. “Trovo difficile immaginare che in Germania si possano effettuare arresti su questa base”, ha affermato Steffen Hebestreit, portavoce del cancelliere Olaf Scholz. “E’ una conseguenza della storia tedesca che condividiamo relazioni uniche e una grande responsabilità con Israele”. Parte dell’accordo per il cessate il fuoco in Libano fra Israele e Hezbollah c’è  la dichiarazione francese che il primo ministro israeliano godrà dell’immunità dalle azioni della Corte. I paesi europei più prudenti cominciano a capire che non riguarda soltanto Israele. L’esperta di Ngo Monitor, Anne Herzberg, ha detto che la decisione dell’Aia “avrà conseguenze profonde nella guerra al terrorismo”. Chi ricorda i danni materiali e umani della coalizione occidentale, Francia e Inghilterra comprese, nella guerra contro l’Isis? Il rischio è che i leader europei, come sanno bene gli americani che lo Statuto di Roma non lo hanno mai sottoscritto, si troverebbero nello stesso piano inclinato morale degli israeliani.

  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.