Editoriali
Una domanda dalle elezioni in Romania
Il caso di Diana Sosoaca eletta al Parlamento europeo pone un interrogativo: può una democrazia, per tutelarsi, escludere un candidato antidemocratico?
La Corte suprema della Romania ha stabilito che Diana Sosoaca, leader del partito Sos Romania, eletta al Parlamento europeo per le elezioni di giugno, non potrà partecipare alle elezioni presidenziali. Secondo la Corte c’è il rischio che la candidata filorussa, antisemita, leader di un partito di estrema destra possa minacciare la posizione della Romania dentro l’Unione europea e dentro la Nato. Sosoaca non è la prima politica che in una corsa elettorale in Romania propone valori antidemocratici ma, secondo la Corte, la politica mostra “un comportamento sistematico, persistente e duraturo volto a minare i fondamenti costituzionali dello stato e le sue garanzie, vale a dire l’appartenenza alle strutture auroatlantiche”. Sosoaca ha protestato, ma non è stata l’unica: anche i suoi oppositori, anche i più fedeli sostenitori della linea atlantista ed europeista, hanno preso le difese della decisione della Corte e anzi, hanno definito la decisione di estromettere la leader di estrema destra di ispirazione putiniana. Si è aperto un cortocircuito che ha dato molto di cui discutere in Romania, e molto di cui pensare nei paesi dell’Unione europea. Tutti si sono ritrovati di fronte a una domanda: può una democrazia, per tutelarsi, escludere dalle elezioni un candidato perché propone valori antidemocratici? La risposta della politica romena è stata: “no”. Ma rimane il fatto che l’Ue non si trova più soltanto immersa nella battaglia tra europeismo ed euroscetticismo, non è più impegnata contro i dibattiti nazionalisti, ma si trova costantemente a confrontarsi contro una potenza come la Russia che fa della destabilizzazione politica un’arma contro i paesi membri e che oltre al catalogo solito di attacchi, dal 7 ottobre, ha iniziato a martellare anche sull’atisemitismo. Sosoaca non è in alto nei sondaggi, la Corte ha voluto mandare un segnale: la Romania non può sbandare.
Isteria migratoria