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All-In: il podcast anti-woke della Silicon Valley più amato d'America

Giulio Silvano

Nell'èra della political correctness dove bisogna camminare sulle uova, quattro "migliori amici" hanno creato il loro "unsafe space" dove si può dire tutto senza peli sulla lingua: dalla tecnologia, alla politica, alla società. Ecco la ricetta per un prodotto di successo

Elon Musk, il boss dell’intelligenza artificiale Sam Altman, il volto della alt-right istituzionalizzata Tucker Carlson, il candidato indipendente no vax Bobby Kennedy Jr., l’imprenditore ed ex candidato presidenziale Vivek Ramaswamy, sono solo alcuni degli ospiti di uno dei podcast più ascoltati d’America: All-In. Sicuramente il podcast più hot della Silicon Valley. Quattro “migliori amici”, un miliardario e tre quasi-miliardari, hanno creato un luogo dove parlare di imprenditoria – soprattutto tecnologica – di politica, di società, di poker (da lì il nome, All in), si va dalle crypto a Gaza, dall’IA alle leggi su TikTok, dalla crisi di Ftx alla carne sintetica. I quattro sono: Jason Calacanis, che ha saputo capitalizzare dai blog creando Weblogs e vendendolo ad AOL, il membro della “Paypal Mafia” David Sacks, l’ex Facebook e ora ceo di Social Capital Chamath Palihapitiya, e poi David Friedberg, ex Google. Hanno nickname come “il dittatore”, “la regina della Quinoa”, “il Sultano della Scienza” e “Rainman”. È gente che ha saputo sfruttare i momenti d’oro dell’èra dot-com. Investono in app sulla meditazione valutate un miliardo, come Calm, e hanno capito in anticipo il potenziale di software come Slack. Friedberg, vegetariano, ha creato una delle prime aziende digitali nell’ambito agricolo, The Climate Corporation, che aiutava a capire le limitazioni dei terreni coltivabili vendendola poi a Monsanto per un miliardo. Invece di restare nell’ombra, o di limitarsi ad apparire come commentatori in qualche talk, i quattro si sono fatti il loro podcast (e questa celebrità li sta anche aiutando nel business e a diventare degli influencer del mondo libertario-tech).
 

Se nei campus si creano i “safe space”, i templi della political correctness dove bisogna camminare sulle uova, i quattro imprenditori - venture capitalist hanno creato il loro unsafe space, dove si può dire tutto senza peli sulla lingua (dall’alto del loro privilegio, direbbero nei campus, ma come dice Palihapitiya, il più ricco dei quattro, non è una questione di destra o sinistra, ma di “outsider vs insider”). La tecnologia è anche una scusa per parlare di come vanno le cose in America dal punto di vista di centristi quaranta-cinquantenni, businessman dell’èra digitale attentissimi a ogni piccola variazione del mercato e dei trend, (l’unico apertamente conservatore è Sacks, che infatti è andato in brodo di giuggiole quando hanno avuto Carlson come ospite). E siccome i centristi decidono spesso il risultato elettorale, ascoltarli in vista delle presidenziali di novembre aiuta a capire come si muovono gli equilibri. Con l’aggiunta che, questi particolari centristi, possono essere loro stessi donatori di un certo calibro, oltre che condizionare i loro amici di Palo Alto, Menlo Park e Mountain View, la nuova aristocrazia statunitense. Influencer di un certo livello. Alcuni dicono che Sacks, che in passato ha dato soldi al governatore democratico Gavin Newsom e a Hillary Clinton, potrebbe addirittura organizzare un evento di raccolta fondi per la campagna di Donald Trump, che in questo periodo è tornato alla riscossa a raccogliere soldi tra sionisti (in disaccordo con la morbidezza bideniana) e petrolieri (spaventati dalle politiche ecologiste bideniane). Ci si aspetta anche che Musk, amico di Sacks dai tempi di PayPal, faccia un endorsment diretto a Trump, o comunque faccia delle dichiarazioni anti Biden ancora più esplicite delle frecciatine lanciate fino ad ora. Come Musk, i quattro   non amano parlare con la stampa – ai messaggi dei giornalisti alcuni di loro, come è prassi nei piani alti di X e Tesla, risponde con un’emoji della cacca – e vogliono creare una fonte alternativa di notizie-opinioni dall’alto, un santuario “anti-woke” dello Zeitgeist per dare voce ai capitani di un’industria che costituisce più del 10 percento dell’economia nazionale. Ascoltare i tech-bro per capire, non solo come funzionano i Bitcoin, ma per sapere cosa pensano importanti attori in vista di novembre.

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