La polizia israeliana entra nella porta di Damasco prima delle preghiere serali del Ramadan l'11 marzo 2024 a Gerusalemme (Alexi Rosenfeld/Getty Images) 

reportage da gerusalemme

Hamas chiede violenza per il Ramadan, Gerusalemme dice: andrà tutto bene

Fabiana Magrì

Il primo venerdì di Ramadan è sempre un banco di prova per la stabilità delle relazioni tra israeliani e palestinesi. E oggi lo sarà anche per la prospettiva di un accordo tra Israele e Hamas. "Siamo in massima allerta”, dice la polizia. "Escalation su tutti i fronti", aizza la fazione islamica

Gerusalemme. Il movimento costante e regolare si ripete uguale da tre generazioni. La pressione del pollice sul dispenser determina la precisione della circonferenza e lo spessore dei qatayef. Con troppa pastella si rompe il pancake durante la piegatura. Uno strato troppo sottile rovina la cottura. Con i qatayef ripieni di formaggio e frutta secca, ricoperti di miele o sciroppo dolce, i musulmani spezzano il digiuno del Ramadan. Anche quest’anno la famiglia Hidmi, quelli della bottega di falafel più raccomandata in Città Vecchia, a due passi dalla porta di Damasco, ha messo in pausa la produzione di pite farcite. Per tutto il mese sacro sforneranno esclusivamente qatayef, dieci shekel (2,5 euro) per ogni vassoio. E’ ancora un buon business, anche se dal 7 ottobre del 2023 a Gerusalemme non arrivano più turisti né pellegrini. A parte i generi alimentari o gli articoli che servono ai residenti, i negozi sono per la maggior parte chiusi perché non c’è nessuno a cui vendere. I vicoli sono deserti e non girano soldi.  

 

Il primo venerdì di Ramadan è sempre un banco di prova per la stabilità delle relazioni tra israeliani e palestinesi. A maggior ragione oggi, in pieno stato di guerra. Il signor Hidmi dissimula preoccupazione. O forse è la scaramanzia che lo rende così assertivo. “Andrà tutto bene – continua a ripetere mentre incarta un vassoio dopo l’altro –  perché la situazione è diversa adesso. Sono stati spostati alcuni check point dalle strade. Sono state rilasciate le autorizzazione per accedere alle moschee” sulla spianata, il Monte del Tempio per gli ebrei. Insiste a dire che Ramadan “sarà molto meglio di prima. Basta che ci aiutiamo a vicenda, governo e popolazione”.

  

Città Vecchia di Gerusalemme Est, palestinesi fanno acquisti in vista del Ramadan (Mostafa Alkharouf/Anadolu tramite Getty Images) 
  

La polizia israeliana è sotto pressione. Sui social conduce una lotta contro la circolazione di “notizie false” sulla comparsa di barriere per bloccare l’ingresso dei fedeli musulmani alla spianata delle moschee. “Sono lavori di manutenzione all’esterno degli accessi al Monte del Tempio”, spiega il portavoce della polizia postando le foto sulla piattaforma X. Il dispiegamento di forze è massiccio e risalta la presenza delle uniformi nei vicoli vuoti. Le 800 telecamere di sicurezza sono puntate su ogni angolo della Città Vecchia. Il commissario di polizia Yaakov Shabtai ha dichiarato che il periodo è molto delicato, “ci sono elementi esterni che cercano di sollevare agitazioni. Siamo in massima allerta”. Alcuni funzionari hanno detto ai media che il primo venerdì di Ramadan sarà un test anche per la prospettiva di un accordo tra Israele e Hamas. Da giorni la fazione islamica cerca di aizzare gli animi palestinesi con messaggi come quello di ieri: “Facciamo sì che il primo venerdì di Ramadan sia un’escalation su tutti i fronti”. 

   
“Neanche noi dell’intelligence sappiamo esattamente come andrà”, spiega Ami Meitav, ex ufficiale dello Shin Bet che è stato coordinatore della sicurezza sul Monte del Tempio e in Città Vecchia ai tempi di Ariel Sharon premier. Nessuna intelligence al mondo è in grado di presagire i sentimenti delle persone, ma Meitav si dice ottimista. “Sarà un Ramadan tranquillo perché molti ragazzi che in passato hanno creato problemi sono stati arrestati o inibiti dalla polizia dal venire a Gerusalemme o salire alla moschea”. Il rinforzo della polizia tutto intorno alla Città Vecchia, secondo lui, funzionerà come deterrente. E confida che ai primi segnali di tensione, chi cercherà di creare problemi sarà respinto. Inoltre conta nel fatto che tutti comprendano che “siamo in uno stato di guerra, non è una circostanza normale”. Al contrario, se la situazione dovesse degenerare, “per Hamas sarebbe il miglior risultato in termini di immagine”, si preoccupa l’ex agente dello Shin Bet.

 

Risalendo lungo il Cardo, svoltando a destra alla settima stazione della via Dolorosa, si raggiunge quella che Amnon Shilony, residente in Città Vecchia da 46 anni, considera la migliore caffetteria e pasticceria del centro storico. Shilony sta per andare a un appuntamento con il sindaco Moshe Lion, appena rieletto. “Siamo il comitato di quartiere. Rappresentiamo tutti: ebrei, cristiani, armeni e musulmani. Vogliamo che la municipalità si occupi di migliorare i trasporti in Città Vecchia”, dice spiegando il concetto di “convivenza” nel cuore della città tre volte santa. Il fondatore della radio Reshet Gimel sostiene di aver  collaudato negli anni un metodo  per intuire in anticipo, a orecchio, come evolverà il venerdì dopo le preghiere. “Dipende dalla musicalità del sermone del muezzin. Se la voce è piatta e monotona sarà tutto tranquillo. Ma se sentiremo alti e bassi, allora aspettiamoci che qualcosa succeda”. 

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