Perché i missili della Corea del nord sono finiti in Ucraina

Giulia Pompili

Il regime di Kim Jong Un ormai gode della protezione politica ed economica russa. E la tensione nella penisola cresce

Due dei cinque missili lanciati l’altro ieri dalla Russia contro l’area di Kharkiv, in Ucraina, che hanno distrutto alcuni palazzi civili e ferito tre persone, secondo le prime analisi  erano KN-23 nordcoreani. Già il mese scorso la Casa Bianca, le autorità ucraine e Conflict Armament Research, organizzazione investigativa indipendente, avevano dimostrato che alcuni attacchi missilistici russi erano stati compiuti con missili nordcoreani. L’accordo sancito tra il dittatore nordcoreano Kim Jong Un e il presidente della Federazione russa Vladimir Putin cinque mesi fa, durante la visita di Kim in Russia, sta passando alla sua fase operativa.

Secondo diversi esperti, Pyongyang ha molto da guadagnare dall’amicizia con Putin, che non è un’alleanza piuttosto un sistema di scambio di favori. Anzitutto, per la prima volta i missili nordcoreani sono testati su un campo di battaglia: la loro manovrabilità ed effettiva efficacia non erano mai state sperimentate prima a livello operativo, e i risultati che raggiungerà la Russia nella sua scellerata guerra contro l’Ucraina serviranno anche alla leadership nordcoreana per modificare piani e tattiche di un eventuale attacco alla Corea del sud, come nel 1950. Tal Inbar, del Fisher Institute for Air and Space Strategic Studies israeliano, ha detto a NK News che non ci sono informazioni sufficienti per dire se i missili nordcoreani stiano funzionando bene nelle mani dei russi: “L’unica cosa certa è che non sono stati intercettati dalla difesa aerea ucraina”. I KN-23 nordcoreani sono missili a corto raggio che possono essere posizionati su lanciatori mobili, e sono a propellente solido, quindi per spararli bastano pochi minuti, e anche questo li rende particolarmente difficili da intercettare dalla difesa aerea. Non solo: in questi anni di test dei propri armamenti la Corea del nord è riuscita a perfezionare molto i suoi KN-23, che sono stati mostrati al mondo per la prima volta nel 2018: oggi ne esistono almeno tre varianti, anche un tipo che può essere sparato dai sottomarini, e una versione più piccola e leggera che secondo la Corea del nord può essere armato con armi tattiche nucleari. 

Per il momento, sembra che la Russia non stia dando al partner di Pyongyang i segreti tecnologici che la Corea del nord aveva chiesto in cambio delle munizioni e dei missili, per esempio nel campo dei satelliti o in quello della propulsione nucleare. Mosca si sta muovendo con cautela, anche per via del suo posto al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite: il Cremlino ha lasciato intendere che Putin potrebbe presto visitare Pyongyang – sarebbe la prima visita in 25 anni – ma allo stesso tempo continua a negare di aver ricevuto armamenti dal regime. E’ una posizione in equilibrio, che permette al regime nordcoreano di rafforzarsi anche grazie alla copertura politica che gli assicura Mosca. Il governo sudcoreano ha convocato l’ambasciatore russo a Seul dopo che la scorsa settimana la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, aveva detto che della tensione nella penisola coreana è “principalmente dovuta alla politica sfacciata degli Stati Uniti e dei suoi alleati, tra cui la Corea del sud e il Giappone”. L’altro ieri alla Tass Alexander Matsegora, ambasciatore russo a Pyongyang, ha detto che qualsiasi altra “provocazione” occidentale, come esercitazioni militari congiunte o show di forza, porterà la Corea del nord a compiere il suo settimo test atomico (che sarebbe pronto da più di un anno) “per rafforzare ulteriormente le sue capacità di difesa”. 

C’è poi un altro canale con cui la Russia sta aiutando Pyongyang, ed è quello finanziario. Due giorni fa il New York Times, citando fonti d’intelligence, ha scritto che Mosca avrebbe permesso il rilascio di 9 milioni di dollari sui 30 milioni di beni nordcoreani congelati e depositati in un’istituzione finanziaria russa non specificata. Secondo gli analisti, quella linea di credito per la Corea del nord – il paese più sanzionato del mondo – sarà fondamentale per comprare petrolio. Inoltre una società nordcoreana avrebbe di recente aperto un conto corrente nella filiale di un’istituzione bancaria russa situata nell’Ossezia del sud, un modo per aggirare le sanzioni e ripulire il denaro. 

Il trasferimento di armamenti dalla Corea del nord alla Russia non è soltanto una violazione del divieto imposto dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, ma inizia a preoccupare  perché mentre la Russia si riarma, l’occidente mette in discussione il suo sostegno all’Ucraina. Diverse agenzie d’intelligence parlano di almeno un milione di munizioni di artiglieria trasferito dalla Corea del nord alla Russia, e Kim Jong Un ha chiesto alle sue aziende di produzione missilistica di intensificare la produzione. Anche per questo, nel nuovo pacchetto di sanzioni contro Mosca che l’Unione europea sta per pubblicare, ci saranno  quattro imprese di navigazione russe responsabili dell’importazione delle armi nordcoreane. Secondo EUobserver, che ha visionato la bozza, anche Azia Shipping Company, Marine Trans Shipping, MG-Flot, M Leasing e Sovfracht saranno tra le 118 nuove persone ed entità aggiunte alla lista di sanzionati. 

  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.