alla Corte internazionale di giustizia

La domanda sull'uso della forza che il Sudafrica non pone all'Aia

Paola Peduzzi

L’analisi di David Scheffer, pioniere del diritto internazionale e dei crimini di guerra, sul “contesto di guerra”, sui morti di Hamas e sulle attese della Corte

Migliaia di palestinesi sono stati uccisi nella Striscia di Gaza dai bombardamenti israeliani, migliaia di case sono state distrutte, buona parte della popolazione della Striscia è sfollata in zone che non sono considerate sicure: è o non è un genocidio? E’ una decisione giuridica “basata sui fatti, in cui bisogna che sia dimostrato che ci sia un intento specifico di distruggere tutta o una parte sostanziale di una popolazione”, ha detto David Scheffer in un’intervista a Julia Ioffe su Puck.

  

Scheffer è un pioniere del diritto internazionale, è stato il primo ambasciatore per i Crimini di guerra nominato dall’Amministrazione Clinton, è tra i fondatori della Corte penale internazionale, la prima firma americana della Corte a nome del governo era la sua. Scheffer utilizza il termine genocidio per il 7 ottobre e le azioni di Hamas contro Israele, “ammettendo il fatto che sono quello che ha coniato l’espressione ‘crimini atroci’ nel 2002 in modo da liberarci dal fatto di dover stabilire precipitosamente un genocidio”. Questo non vuol dire che non si possa porre la domanda e ovviamente il Sudafrica ha tutto il diritto di farlo, presentando alla Corte internazionale di giustizia un’application contro Israele. Ma in questo testo, dice Scheffer, mancano alcune cose importanti: “Sappiamo tutti che c’è una catastrofe umanitaria a Gaza, ma  nella richiesta non c’è  indicazione del fatto che è in corso una guerra”, non c’è, “o almeno io non sono riuscito a trovarlo, alcun riferimento al fatto che il totale delle vittime palestinesi include una certa percentuale di miliziani di Hamas”.

  

La Corte internazionale poi “non ha la capacità di investigare indipendentemente un grande ammontare di prove”, non è come la Corte penale internazionale. Quel che probabilmente farà è dire che Israele deve cessare le sue operazioni militari a Gaza, ma non può negare il diritto di Israele a difendersi. La domanda giusta è sulla proporzionalità,  quanta forza Israele può utilizzare e in che modo?, ma non è questo che si discute all’Aia. “In altre parole: la Corte sarà il messagero per chi vuole il cessate il fuoco immediato e permanente? Non penso”.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi