Olaf Scholz - foto Ansa

Editoriali

Prendersela con Berlino per i "trucchi contabili" fa ridere

Redazione

La Germania non ha imbrogliato l’Unione europea e pure in crisi sta meglio dell’Italia

Da qualche giorno a destra, dopo la sentenza della Corte costituzionale federale tedesca, c’è compiacimento sui “trucchi contabili” e sui “magheggi di bilancio” della Germania, quasi si trattasse di una riedizione del comportamento della Grecia. Si sente anche qualche invettiva sull’“ipocrisia” e sul finto moralismo dei tedeschi che, sotto sotto, sono degli imbroglioni. E per giunta sempre Berlino viene spesso indicata dal governo come una specie di pietra di paragone per il rallentamento dell’Italia: la Germania è in una crisi peggiore, è in recessione, noi cresciamo sopra la media europea, etc. Non si sa quali effetti possa avere sull’elettorato, ma questo gioire sulle vere o presunte disgrazie teutoniche, a parte un po’ di soddisfazione nella fazione antitedesca della destra, non porta nulla di buono per l’Italia. In primo luogo perché si basa su presupposti falsi. La Germania non ha “imbrogliato” l’Europa, al limite ha imbrogliato sé stessa, ovvero le sue regole interne.

Appostare dei debiti in fondi speciali fuori bilancio serviva a rispettare formalmente il proprio vincolo costituzionale mostrando un deficit allo 0,35 per cento. Ma Berlino, nei documenti presentati a Bruxelles, ha sempre incluso i fondi fuori bilancio e indicato un deficit del 2,5 per cento nel 2023. Quindi nessuna truffa. Anzi, nel suo Dpb la Germania prevede un deficit del 2 per cento nel 2024, mentre la stime della Commissione Ue sono più basse: 1,6 per cento. Inoltre, è vero che l’economia tedesca è in crisi. Ma nel 2024 la Germania avrà una crescita pari a quella dell’Italia, il deficit sarà meno della metà di quello italiano (1,6 per cento contro  4,4) e  ha un debito pubblico che scende (65 per cento) pari a meno della metà di quello italiano (140 per cento) che sale. Infine, se Berlino dovesse ridimensionare i suoi programmi di spesa per la riconversione della sua industria, la manifattura italiana che fa parte della catena del valore tedesca ne pagherebbe  le ripercussioni. Il problema non è tanto non capire la condizione della Germania, ma non rendersi conto della propria.

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