Foto LaPresse

La sinistra, Hamas, Israele

Non servono slogan su Israele e Hamas. Parla Concita De Gregorio

Marianna Rizzini

"Mai come adesso è essenziale informarsi davvero, leggere, capire. Provare a pensare di testa propria. Ecco, questo direi ai giovani che seguono dinamica sloganistica senza aver compreso cos'è successo il 7 ottobre”, ci dice la direttrice

Il 7 ottobre come un lampo che squarcia tempi, accorcia distanze e irrompe agli antipodi, in Australia, sul tavolo di un pub, dove tre ventenni, provenienti da diversi paesi del mondo e amici nel gruppo-zattera cui ci si aggrappa quando si vive lontani da casa, si ritrovano a scontrarsi come generali di due eserciti e non come compagni che si vedono tutti i giorni e si raccontano tutto. Quello che succede nei minuti successivi, quella sera, lo racconta Concita De Gregorio, direttrice dell’edizione italiana di The Hollywood reporter, conduttrice televisiva, scrittrice, già firma di Repubblica e direttrice dell’Unità. Nonché madre del terzo ragazzo presente a quel tavolo, testimone di un doppio avvitamento, racconta De Gregorio, che porterà il gruppo a scomporsi e i reciproci pregiudizi, più che giudizi, a deflagrare. “Mi ha fatto molto pensare, questo episodio raccontatomi da mio figlio, nel corso di una telefonata-fiume dall’Australia, qualche sera fa. A quel tavolo si erano ritrovati Sara, studi di medicina e origine ebraica, e Omar, studi di filosofia e origine palestinese. Si discuteva, si rifletteva. Poi una frase, risuonata nell’aria tra i due: ‘Tu pensa a quello che ci state facendo adesso’. ‘Io non sto facendo niente, siamo io e te, qui’, è stata la risposta. Inutile: la discussione è finita malissimo, travalicando le persone, anche se Sara era sempre stata critica con il governo Netanyahu. Ecco, forse dobbiamo ripartire da qui: dall’attenzione alle parole e alle persone nel nostro piccolo, tutti i giorni. Fermiamo le macchine, e spendiamo del tempo per studiare, prima di parlare”.

Fuori, sulla scena internazionale, il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres dice che gli attacchi di Hamas “non vengono dal nulla”. Risposta del ministro degli Esteri israeliano Eli Cohen, con le foto dei bambini rapiti da Hamas in mano: “Ma che in mondo vive lei?”. E a Teheran la società civile, oltre a difendere, rischiando l’arresto, le proprie figlie massacrate per un velo, ha mandato segnali di solidarietà a Israele con cori contro Hamas, allo stadio, quando un tifoso pro-regime ha innalzato la bandiera palestinese in segno di festeggiamento per l’atto terroristico del 7 ottobre (e sui social il video della partita è stato rilanciato con l’hashtag #IstandwithIsrael). In Italia, due giorni fa, il leader m5s Giuseppe Conte ha annunciato la volontà di sfilare domani con la rete “Pace e disarmo” che chiede il cessate il fuoco immediato, e il Pd, che non ha ufficialmente questa linea, sta meditando di mandare una delegazione.

“La prima domanda da fare a se stessi”, dice De Gregorio, “non è ‘che casacca voglio indossare?’, magari in assenza di conoscenza e per sentito dire, moltiplicando il rischio di esasperazione, in un macabro rimpallo di contabilità dei morti. Mai come adesso è essenziale informarsi davvero, leggere, capire. Provare a pensare di testa propria. Ecco, questo direi ai giovani che seguono slogan senza aver compreso”. Alcuni intellettuali israeliani progressisti, tra cui lo scrittore David Grossman, hanno scritto un appello alla “sinistra globale”, dicendosi delusi dalla mancanza di solidarietà verso Israele. “La prima cosa da pensare”, dice Concita De Gregorio, “è che siamo qui oggi e viviamo in questo presente, in uno scenario mondiale sconvolto. Il nostro compito è provare a immaginare un futuro, per quanto difficile sia, e per fare questo si deve partire dalla solidarietà alle vittime e dal seminare dal lato della ragione e non della rabbia o della vendetta. Io ho letto così le parole della donna israeliana liberata che si è congedata dal miliziano dicendo ‘shalom’”. “Di fronte alla complessità del presente”, dice De Gregorio, “mi spaventa, anche in Italia, la dinamica sloganistica. Anche perché la classe politica è molto diversa, sotto il profilo del sapere, da quella dei Craxi, degli Andreotti, dei Berlinguer: oggi abbiamo Luigi Di Maio inviato speciale della Ue nel Golfo. E oggi prevale la paura e l’inseguimento del consenso elettorale. Ma noi, che abbiamo avuto il privilegio di nascere e vivere senza bombe sulla testa, abbiamo il dovere di conoscere e ragionare. Chi spara su un rave, uccidendo centinaia di giovani, commette un crimine contro l’umanità. E Hamas è un’organizzazione terroristica. Punto. Ma Gaza va guardata, oggi, guardata bene, con le persone che vivono e muoiono lì. Di Israele e Palestina, di due popoli e due stati, si parla da decenni. Ma ora, se non si ragiona a mente fredda, se non si traccia una riga, lo scenario ‘terza guerra mondiale’ rischia di non restare soltanto uno scenario”. 
 

Di più su questi argomenti:
  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.