Meloni, la Via della seta e una domanda: quando andrà a dirglielo a Xi?

L'agenda fitta, il Forum a Pechino con Putin e la discussione parlamentare

Giulia Pompili

L'exit strategy dell'Italia dal progetto strategico cinese è pieno di insidie. La prima, forse la più importante, riguarda la decisione sulla missione a Pechino della presidente del Consiglio. Meloni "andrà entro l'anno", dicono, ma la data è più cruciale di quanto si pensi

La presidente del Consiglio Giorgia Meloni andrà a Pechino entro la fine dell’anno, come previsto dopo l’invito ufficiale ricevuto dal leader cinese Xi Jinping durante il primo e unico bilaterale tra i due, che si è tenuto a margine del G20 a Bali del novembre scorso. La missione cinese è stata confermata oggi anche dal ministro degli Esteri Antonio Tajani, ma di certo c’è solo che andrà, perché il dettaglio fondamentale, cioè quando esattamente Meloni metterà piede in Cina, secondo quanto risulta al Foglio è ancora da decidere. E il motivo è che l’agenda, in questo caso, è cruciale: in base alla decisione di Palazzo Chigi, con quella missione si manderà un messaggio diplomatico sul complicato dossier della Via della seta. La diplomazia italiana sta lavorando per accordi alternativi al progetto strategico politico cinese da offrire a Pechino per evitare una eventuale ritorsione economica, ma la questione è soprattutto diplomatica ed estetica.

 


Per la Cina di Xi Jinping, la Via della seta traccia una linea tra amici e non amici, e questo non significa che con questi ultimi non si possano fare affari, ma il modo in cui il governo italiano passerà da un lato all’altro determinerà il futuro delle relazioni, anche economiche. Dunque serve garbo, rispetto e rassicurazioni ai massimi livelli, ed è per questo che a Palazzo Chigi prevale l’ipotesi di mandare di persona il capo del governo a comunicare ufficialmente l’uscita italiana al leader Xi. Non solo. L’ufficiale uscita dalla Via della seta deve essere comunicata esplicitamente dal governo italiano entro il 23 dicembre, e la presidente del Consiglio è determinata ad andare a Pechino con un mandato del Parlamento per dire: le istituzioni democratiche funzionano così, non posso fare altrimenti. Una opzione, quella della discussione parlamentare, ancora non calendarizzata e anche poco chiara sulle modalità, ma che soprattutto aumenta i dubbi sulla risposta alla domanda fondamentale: quando sarà questo viaggio? 

 


Meloni ha diversi appuntamenti internazionali nelle prossime settimane: c’è innanzitutto il G20 a Delhi, il prossimo fine settimana, che però il leader Xi Jinping ha deciso di disertare per ragioni  politiche – il G20 indiano è una celebrazione dell’India come nuova potenza in equilibrio tra occidente e paesi del sud globale, e Pechino invece vuole il centro della scena. Fallita quindi la possibilità di un bilaterale con il presidente cinese già in India.  Poi Meloni volerà a New York, tra il 19 e il 21 settembre, per partecipare all’Assemblea generale delle Nazioni Unite.

 

La finestra temporale per un viaggio a Pechino si apre a ottobre, quando però c’è un problema: secondo fonti del Foglio, il 17 ottobre prossimo si apre nella capitale cinese il grande evento celebrativo delle politiche d’influenza strategica all’estero di Xi Jinping, cioè il terzo “Belt and Road Forum for International Cooperation”. Al vertice parteciperanno i partner della Cina e ha già confermato la sua presenza il presidente della Federazione russa, Vladimir Putin.  Una fonte  coinvolta nella gestione del dossier, che preferisce non essere identificata perché non autorizzata a commentare sull’argomento, dice al Foglio: “Un’ipotesi è che il viaggio a Pechino di Meloni avvenga prima del Forum, ma i tempi sono decisamente stretti per un dibattito in Aula e l’organizzazione di una missione nel giro di un mese, tenuto conto dei suoi impegni internazionali”. L’altra ipotesi è che il viaggio avvenga tra la seconda metà di ottobre e novembre, “ma allora l’Italia sarebbe ancora tecnicamente dentro alla Via della seta, e quindi Palazzo Chigi dovrebbe decidere cosa fare con il Forum, un appuntamento molto importante per Xi Jinping”: parteciparvi, magari con una delegazione anche di basso livello, e sedersi a fianco di Putin e degli altri partner cinesi, tra Iran e Corea del nord, sarebbe un problema diplomatico da risolvere. L’altra opzione è disertare il Forum – come farà la coalizione occidentale – e in ogni caso indispettire la leadership cinese, che quindi potrebbe rifiutare una successiva missione di Meloni. 

 

A quattro anni dalla sua firma da parte dell’allora ministro dello Sviluppo economico Luigi Di Maio e benedetta dall’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte, la Via della seta continua a essere un problema per Giorgia Meloni e i suoi consiglieri diplomatici: un dossier delicatissimo, prioritario per la maggior parte dei nostri alleati, e che determina anche la credibilità dell’Italia presidente di turno del G7 del prossimo anno. Eppure, mentre l’esecutivo cerca il modo meno brutale di uscire dalla Via della Seta, Pechino trova modi molto più facili per aggirare il livello governativo e passare direttamente a livello locale. Oggi si apre ad Hangzhou, la capitale dello Zhejiang, il forum della Belt and Road local cooperation, la Via della seta degli enti locali, alla quale partecipano diversi comuni italiani tra i quali Cagliari, Fermo, ma pure zone di grande interesse industriale come l’intera provincia di Brescia. Tutti memorandum firmati, a partire dal 2019,  sotto il famigerato brand della Via della seta cinese. 

  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.