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il voto in grecia

Il Minotauro globale s'è mangiato Yanis Varoufakis

Giuliano Ferrara

Con meno del tre per cento dei voti, Mera25 è rimasto fuori dal Parlamento di Atene. Così il varoufakismo antiglobalista, antiliberista e antimercatista si è estinto. Prendere appunti

Alla fine il Minotauro globale s’è mangiato il Varoufakis, Yanis, uno dei tanti menestrelli globali che raffigurano per le masse, guardate dall’alto di palazzi e università di estremo prestigio sociale, attraversate perlopiù in sella a splendide motociclette, il capitalismo contemporaneo e l’economia di mercato come un mostruoso re-toro che si ciba di fanciulle e fanciulli offerti dai dominati in sacrificio. Si era scoperto che al fondo del cuore di Corbyn, altro menestrello, giaceva un istinto antisemita, forse un’esagerazione, ma chi siamo noi per giudicare Keir Starmer, che lo ha escluso dal Labour Party? Si era scoperto che il gemello francese di Yanis, Thomas Piketty, prendeva a sberle la moglie, ma cosa volete che sia un pettegolezzo giudiziario a fronte di un bestseller che illustra le diavolerie del capitalismo moderno, e per di più sul lungo termine? Vogliamo parlare di Podemos, della sinistra-sinistra che ha tanto facilitato la via italiana a un governo di destra-destra? Vogliamo aggiungere al conto il wokismo postobamiano, che ha portato al potere, e rischia di riportarcelo, un bellimbusto come The Donald?       

Mitsotakis non è Erdogan, e non ha vinto le elezioni al 40 per cento con il controllo sociale pervasivo e la strategia del ragno e repressiva di un autocrate democratico (esistono anche quelli, e non sono pochi nel mondo di oggi). Ha piuttosto l’aria di un difensore, certo non disinteressato in politica ma non necessariamente un corrotto, della nuova situazione greca: crescita e conti tutto sommato a posto, ancora grande miseria sociale, ma con un reddito pro capite che può finalmente crescere e non a spese dei contribuenti europei, dopo la cura durissima dell’austerità e della Troika e dei mercati mondiali in un paese che aveva trasformato il bilancio pubblico e l’economia privata in una truffa gigantesca e ora si è dato una regolata. Spiace per Tsipras, che aveva creato un centrosinistra di movimento dalle ceneri della guerra all’Europa, atto chiaro di autolesionismo. Comunque, nonostante la rinascita del Pasok, il gruppone socialista erede di una lunga e controversa tradizione politica greca, Alexis Tsipras è ancora creduto dal 20 per cento degli elettori. Varoufakis, che aveva ambizioni di sinistra mondiale e di antiglobalismo internazionale, che ha fatto della lotta contro Tsipras la sua ragione di vita, non ha scalato il tre per cento necessario a entrare in Parlamento.

Sostiene Yanis che il suo partituzzo ha fatto bene a denunciare la bugia della uscita greca dalle tutele dell’Unione e del Fondo monetario come di una storia di successo, che Mitsotakis è un ultranazionalista, un amico del Big business, un manipolatore accertato e un neoautoritario che passa da un incendio a un incidente ferroviario, e tiene il popolo sotto un reddito medio intollerabile; peccato, aggiunge, che gli elettori non vogliano più saperne di cattive notizie e si bevano l’egemonia di una destra impresentabile ma di forza espansiva indiscutibile. Il nome del partituzzo, tanto per capirci, è Mera25, roba da Articolo 1. E le cose sono andate come sono andate “perché abbiamo cercato di ispirare la nostra base con dure verità e una chiamata alle armi, invece di eufemizzare e pretendere che si potessero cambiare le cose senza costi per the many” (per le masse nella nuova formulazione radical mutuata da quell’altro successone di Corbyn). Siamo in bancarotta come e più di prima, dice Varoufakis, ma nessuno desidera essere chiamato alle armi con la forza della verità. In confronto a queste bellurie, il “destino cinico e baro” tirato in ballo da Giuseppe Saragat per giustificare le sue sconfitte nelle urne era un campione di saggezza e di olimpico spirito goethiano. Ne tengano conto i varoufakisti antiglobalisti e antiliberisti e antimercatisti della sinistra e della destra italiana.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.