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editoriali

 “Zero dazi” sul grano ucraino

Redazione

Gli ambasciatori dei ventisette hanno trovato un accordo per permettere a Kyiv di continuare a esportare liberamente tutti i suoi prodotti, compresi quelli agricoli. Varsavia accetta riluttante e ottiene l'ennesima eccezione

L’Ucraina potrà continuare a esportare nell’Unione europea tutti i suoi prodotti, compresi quelli agricoli, senza dazi e senza quote, dopo che gli ambasciatori dei ventisette stati membri hanno trovato un accordo per rinnovare per un anno le concessioni commerciali unilaterali volte a evitare il collasso dell’economia di Kyiv. Anche lo scontro con Polonia, Ungheria, Bulgaria e Slovacchia sul loro divieto di importazione dei cereali ucraini, che che metteva in discussione la tenuta dell’Ue nel suo sostegno all’Ucraina, è stato risolto

I governi dei quattro paesi hanno acconsentito in modo riluttante a prolungare il regime di “zero dazi” per Kyiv, e hanno accettato la proposta di compromesso molto generosa della Commissione: 100 milioni di euro di aiuti d’emergenza (oltre a 56,3 milioni già stanziati) per i loro agricoltori e il via libera a un divieto temporaneo di importazione sui loro mercati nazionali di alcuni prodotti in cambio della possibilità di far transitare le merci.

Ursula von der Leyen ha concesso questo regime speciale, in violazione delle regole dell’Ue, per grano, mais, semi di girasole e colza. La scusa di Varsavia è il crollo dei prezzi provocato dall’aumento delle importazioni ucraine. La ragione vera è tutta politica: la Polonia andrà alle urne in autunno e il governo nazionalista del PiS, in difficoltà nei sondaggi, teme di perdere il suo elettorato rurale. Le decine di milioni di euro dell’Ue serviranno a comprare quel voto. Ma il comportamento piratesco di Varsavia invia un pessimo messaggio, nel momento in cui l’Ue sta negoziando l’undicesimo pacchetto di sanzioni contro la Russia: c’è un limite di politica interna alla solidarietà all’Ucraina. Gli altri stati membri ne approfitteranno per chiedere esenzioni, bocciare singole sanzioni o opporsi all’ingresso di Kyiv nell’Ue.  Così, alla fine, la Polonia ha fatto un grande favore a Vladimir Putin.
 

Ursula von der Leyen ha concesso questo regime speciale, in violazione delle regole dell’Ue, per grano, mais, semi di girasole e colza per preservare l’unità dell’Ue. La scusa di Varsavia è il crollo dei prezzi provocato dall’aumento delle importazioni ucraine. La ragione vera è tutta politica: la Polonia andrà alle urne in autunno e il governo nazionalista del PiS, in difficoltà nei sondaggi, teme di perdere il suo elettorato rurale. Le decine di milioni di euro dell’Ue serviranno a comprare quel voto. Il comportamento piratesco di Varsavia invia un pessimo messaggio, nel momento in cui l’Ue sta negoziando l’undicesimo pacchetto di sanzioni contro la Russia: c’è un limite di politica interna alla solidarietà all’Ucraina. Gli altri stati membri ne approfitteranno per chiedere esenzioni, bocciare singole sanzioni o opporsi all’ingresso di Kyiv nell’Ue.  Così, alla fine, la Polonia ha fatto un grande favore a Vladimir Putin.
 

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