la rilevazione

Sono davvero così tanti i russi che appoggiano la guerra? Un sondaggio dice di no

Luciano Capone

Secondo una ricerca di Khroniki, il 22 per cento sostiene l'"operazione militare" di Putin e il 20 per cento è contrario. Ma l'originalità della rilevazione non sta tanto nei risultati, quanto nel metodo indiretto utilizzato per aggirare la paura per la repressione

Ma quanti sono i russi che sostengono la guerra di Putin in Ucraina? Secondo gran parte degli osservatori il consenso nei confronti del regime è granitico e si è addirittura rafforzato. Gli istituti demoscopici più importanti certificano un livello di adesione all’“operazione militare speciale” in Ucraina molto elevato. Secondo il centro statale VTsIOM, il 68% dei russi appoggia l’invasione dell’Ucraina e solo il 20% si oppone; mentre secondo il Levada Center, la principale agenzia indipendente di sondaggi nata proprio da una scissione da VTsIOM, il sostegno a vari livelli della guerra arriva al 75%. Ma si tratta di sondaggi affidabili? O meglio, è possibile nella Russia di Putin, con l’attuale livello di repressione del dissenso, fare dei sondaggi che rappresentino un quadro veritiero?

 

Secondo l’oppositore politico Alexey Minyaylo no, e per questo ha dato vita insieme ad altri scienziati e analisti sociali al progetto di ricerca Khroniki, che cerca di raccontare come realmente la guerra all’Ucraina viene percepita in Russia. E i risultati sono molto diversi: il nucleo dei russi favorevoli alla guerra è il 22%, mentre il nucleo dei russi contrari è il 20%. Ma più interessante del risultato in sé è la metodologia utilizzata che ha come obiettivo quello di depurare le risposte dei sondaggi tradizionali da due effetti distorsivi: il primo è la paura, prodotta da un clima fortemente repressivo e dalle leggi di censura che puniscono il dissenso; il secondo è il cosiddetto “effetto di Asch”, ovvero la tendenza delle persone a conformarsi all’opinione della maggioranza anche quando contraddice la realtà o le proprie opinioni, che è probabilmente più forte in un paese come la Russia dove la propaganda crea un clima in cui gli individui pensano di essere gli unici (o in pochissimi) a essere contrari alla guerra mentre tutto il resto della società è favorevole.

 

Pertanto, i ricercatori di Khroniki hanno costruito il sondaggio in maniera tale da ricavare l’indicatore del consenso in maniera indiretta da tre domande. La prima riguarda il supporto alla guerra; la seconda la contrarietà al ritiro delle truppe senza il raggiungimento degli obiettivi; la terza il ritenere prioritario l’aumento delle spese militari. Il nucleo dei russi favorevoli alla guerra, pari al 22% degli intervistati, è rappresentato da chi ha dato una risposta affermativa a tutti e tre i quesiti. Analogamente, è stato ricavato il 20% di chi è contrario all’invasione dell’Ucraina: sono i russi che non sono a favore della guerra, sono a favore del ritiro delle truppe anche senza il raggiungimento degli obiettivi dichiarati e ritengono una priorità la spesa sociale (anziché militare). Il quadro che ne viene fuori è molto diverso dal consenso ultramaggioritario mostrato da altre rilevazioni. Ma ha senso?

 

“Solitamente i sondaggi d’opinione presuppongono condizioni del dibattito pubblico che in un paese come la Russia ora non sono soddisfatte, e questo esperimento è un metodo per cercare di aggirare un problema reale come la ritrosia a dare una risposta sincera” dice al Foglio Lorenzo Pregliasco, direttore di YouTrend ed esperto di opinione pubblica. “Vedendo i dati del sondaggio sembra emergere, in mezzo a due blocchi convinti, una parte rilevante dell’opinione pubblica che non è né a favore né contro la guerra”.

 

Questa ampia zona grigia si riflette anche nelle risposte alla richiesta di valutare il raggiungimento degli obiettivi della guerra. Il dato più rilevante è che dopo un anno intero di propaganda martellante il 37% dei russi, più di uno su tre, non è in grado di dare una risposta chiara su quali siano gli obiettivi dell’“operazione militare speciale” in Ucraina. Per il 13% tutti gli obiettivi sono stati raggiunti, per l’11% nessun obiettivo è stato raggiunto, per il 17% lo scopo della guerra è “la lotta contro i nazisti”, per il 12% “la restituzione delle terre russe”, per l’8% “la liberazione dell’Ucraina e del Donbas”, mentre il 2% afferma che solo “Vladimir Putin conosce l’obiettivo”.

 

Un altro dato interessante del sondaggio di Khroniki riguarda l’impatto delle condizioni economiche (e quindi indirettamente delle sanzioni occidentali) sul consenso della popolazione. Ebbene, secondo i ricercatori con il passare dei mesi l’“effetto frigorifero” (ovvero la condizione economica) annulla l’“effetto televisore” (ovvero la propaganda del regime): il sostegno alla guerra diminuisce fra i telespettatori che devono affrontare difficoltà economiche. A ottobre ogni problema economico (licenziamento, peggioramento della propria condizione finanziaria, necessità di risparmiare sugli alimenti a causa dell’inflazione) riduceva di circa l’8% il livello di “sostegno” alla guerra tra chi guarda la tv (ovvero i più esposti alla propaganda); a febbraio l’impatto negativo di ogni problema economico sul consenso è salito a 11 punti percentuali.

 

È difficile stabilire se i sondaggi del progetto “Khroniki” siano più attendibili degli altri e quanto riflettano la volontà degli oppositori del regime, come Minyaylo, di mostrare che il consenso di Putin non è così compatto come appare, ma è probabile che la società russa sia un po’ più articolata di come appare. O quantomeno c’è da sperarlo.

 

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali