La gaffe di Papa Francesco sulle minoranze etniche e il difficile dialogo con la Russia

Luciano Capone

Il Pontefice accusa Mosca di essere responsabile della guerra, ma dice che "i più crudeli sono quelli che sono della Russia ma non sono della tradizione russa, come i ceceni, i Buriati e così via”. Le minoranze etniche, in realtà, sono vittime della tradizione imperialista russa, prima zarista e poi sovietica

Per la prima volta, almeno in maniera così esplicita, Papa Francesco ha indicato il responsabile della guerra di aggressione all’Ucraina: “Certamente, chi invade è lo stato russo. Questo è molto chiaro”, ha detto intervistato da America magazine. E, com’era ovvio, ha ricevuto una reazione sdegnata da parte del regime putiniano, che si è aggrappato a una frase infelice del Pontefice sulle minoranze etniche russe. “Quando parlo dell’Ucraina, parlo di un popolo martirizzato. Se hai un popolo martirizzato, hai qualcuno che lo martirizza”, ha detto il Papa nell’intervista alla rivista dei gesuiti americani. “Quando parlo dell’Ucraina, parlo della crudeltà perché ho molte informazioni sulla crudeltà delle truppe che entrano”.  “In genere – ha aggiunto – i più crudeli sono forse quelli che sono della Russia ma non sono della tradizione russa, come i ceceni, i Buriati e così via”.

 

La risposta russa è stata, come nello stile di casa, feroce: “Questa non è più russofobia, ma una perversione, non so nemmeno a che livello. Negli anni Novanta e nei primi anni 2000, ci è stato detto esattamente il contrario, che i russi, gli slavi torturano i popoli del Caucaso, e ora ci viene detto che sono i popoli del Caucaso che torturano i russi. Devono essere pervertiti della verità”, è stata la risposta della portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova. L’ambasciatore russo presso il Vaticano, Alexander Avdeev, invece ha “espresso indignazione per tali insinuazioni, nulla può scuotere la coesione e l’unità del popolo russo multinazionale”. Mentre uno sgherro del satrapo ceceno Kadyrov ha detto che le parole del Papa sono una reazione alla “posizione di ultimatum di Kadyrov e della sua squadra”, contro la “lobby globale Lgbt”.

 

L’uscita di Francesco è stata davvero infelice, perché dal vago sapore razzista, anche se non erano queste le sue intenzioni, e soprattutto perché non fondate su dati di realtà. È vero che le truppe cecene di Kadyrov sono particolarmente efferate e che kadyroviti e buriati sono stati accusati per l’eccidio di Bucha, ma non c’è alcun elemento per poter affermare che queste minoranze siano “più crudeli” rispetto alla popolazione di etnia russa. Se ci sono diversi casi di crimini di guerra che coinvolgono le minoranze etniche è soprattutto perché quella è la carne da cannone che Vladimir Putin usa per la sua guerra, risparmiando la maggioranza russa e metropolitana. Per minimizzare lo choc sociale e politico, prodotto da decine di migliaia di soldati morti, il governo russo sta mobilitando in particolare giovani provenienti da comunità svantaggiate e minoranze etniche.

 

Sono loro, i più poveri, che muoiono per la guerra imperialista di Putin, perché attratti dagli stipendi dell’esercito. Secondo un report dell’Institute for the Study of War, a Mosca e San Pietroburgo il tasso di mortalità è rimasto pressoché uguale dopo l’inizio della guerra, mentre in Daghestan – povera regione musulmana del Caucaso – ha registrato un aumento del tasso di mortalità maschile del 105 per cento. Secondo i dati accertati delle perdite russe, le probabilità dei giovani delle minoranze mongole di Buriazia e Tuva di morire in guerra in Ucraina sono dalle 7,8 alle 10,4 volte più elevate rispetto a soldati di etnia russa.

 

Peraltro, a proposito di “tradizione russa”, le minoranze etniche caucasiche, islamiche e asiatiche sono state nella loro storia vittime dell’imperialismo russo, prima zarista e poi sovietico. I buriati hanno subìto negli anni Trenta le purghe staliniane e la repressione della loro cultura. Le intere popolazioni cecene e ingusce, circa mezzo milione di persone, nel 1944 furono deportate dalle autorità sovietiche attraverso un’operazione genocidaria in cui morì un terzo e un quarto della popolazione. Per non parlare dei tempi più recenti, con il “successo” di Putin nella seconda guerra cecena in cui morirono decine di migliaia di persone e fu completamente distrutta la capitale Grozny. Questa è la “tradizione russa” che queste minoranze hanno conosciuto e lo stesso Ramzan Kadyrov, feroce autocrate ceceno, è un prodotto del sistema di potere di Putin.

 

È probabile che il Papa, con quelle parole, volesse separare il governo russo, responsabile della guerra, dai russi per mantenere un dialogo sulla base della condivisione dei valori cristiani (anche a costo di scaricare le responsabilità peggiori su minoranze etniche russe non cristiane). Oppure ha semplicemente peccato di superficialità. Le autorità russe non solo hanno negato qualsiasi crimine, ma ne hanno approfittato per accusare il Papa di discriminazione, ribaltando la prospettiva rispetto alla reale discriminazione subita dalle minoranze etniche dagli zar a oggi. Un’altra dimostrazione di come con il regime di Putin sia difficile dialogare, se non al costo di nascondere la verità. Così come è difficile arrivare a una pace se non al costo di sacrificare la giustizia.

 

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali