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La sfida elettorale in Pennsylvania e il Senato americano attaccato a un defibrillatore

Stefano Pistolini

Fetterman vs Oz. Chi si aggiudicherà lo stato operaio metterà una seria ipoteca sulla vittoria finale. A Harrisburg lo scontro tra i due aspiranti senatori è stato acre, disseminato di attacchi crudeli e con scarso rispetto reciproco

Che sia un duello politico di portata epocale, esiteremmo a scriverlo. Ma conta tanto, perfino tantissimo. Il Senato americano è in bilico sul limitare del voto di medio termine e chi si aggiudicherà questa sfida metterà una seria ipoteca sulla vittoria.

  

Parliamo della Pennsylvania, stato operaio per antonomasia dell’Unione, vinto da Joe Biden per 80 mila voti nell’ultima elezione, allorché i blue collar gli hanno accordato una specie di fiducia controllata, dopo che nel 2016 avevano scelto Donald Trump, di nuovo solo per un’incollatura (meno di 70 mila voti il vantaggio su Hillary Clinton). Non a caso gli investimenti sulla scommessa-Pennsylvania crescono col passare delle ore, coi repubblicani che hanno appena aggiunto 6 milioni di dollari al budget per gli spot tv, e i democratici 5. Il senatore uscente è il repubblicano Pat Toomey, che ha rinunciato a ripresentarsi, e a contendersi il seggio c’è ora una bizzarra coppia di politici: John Fetterman, 53 anni, vice-governatore dello stato, democratico, un gigante di oltre 2 metri che fa i comizi in tuta, pelato e ricoperto di tatuaggi – nove solo sul braccio destro, uno per ciascuna vittima della violenza da armi da fuoco durante i suoi anni da sindaco a Braddock, un sobborgo povero e a maggioranza afroamericana vicino Pittsburgh. Cinque mesi fa Fetterman è stato colpito da un infarto quasi fatale, che ha lasciato segni percepibili nel suo corpaccione, a cominciare dalla difficoltà di eloquio e da una certa lentezza di comprensione. Una debolezza ora a disposizione del campo avverso repubblicano, che fa capo al dottor Mehmet Oz, cardiochirurgo 62enne di origini turche, che invece proprio della parlantina fa lo strumento principale del suo successo come conduttore televisivo e divulgatore, mandato in orbita inizialmente da Oprah Winfrey. Due sere fa Fetterman e Oz si sono fronteggiati nell’unico di dibattito in programma, a Harrisburg, capitale amministrativa dello stato, in uno studio televisivo senza pubblico.

  

“Ho uno scheletro nell’armadio, diciamolo chiaro”, ha esordito Fetterman: “Sono reduce da un infarto di cui non mi dimentico per un solo istante”. Ha proseguito: “Ma i medici certificano che il mio recupero è completo. Dieta, attività fisica, pasticche e tutto andrà bene”, ha sostenuto il candidato dem, rendendo pubblico il responso del primario che ne ha sorvegliato la convalescenza. Peccato però che queste parole siano state pronunciate con una fatica e una difficoltà che gli avversari hanno avuto buon gioco nel paragonare alla condizione di salute balbettante del Partito democratico. Del resto anche il dottor Oz ha varie questioni da cui prendere le distanze, per sperare d’intercettare le simpatie centriste del grosso dello stato. A dispetto della disinvoltura davanti alle telecamere, la sua reputazione è quella di un riccone con scarsi legami con la Pennsylvania e con un certo gusto per il complottismo, arrivato a vincere le primarie repubblicane grazie a una piattaforma ultra-trumpista e contando sull’endorsement dello stesso ex presidente. Nelle ultime settimane Oz ha provato a correggere il tiro, annacquando l’impatto della sua visione, autonominandosi “candidato del cambiamento” e adottando lo slogan “ridare civiltà a Washington”, senza comunque esimersi, a domanda diretta, dal confermare il proprio appoggio a Trump in caso di candidatura alla Casa Bianca. 

  

A Harrisburg lo scontro tra i due aspiranti senatori è stato acre, disseminato di attacchi crudeli e con scarso rispetto reciproco. Oggetto del contendere i temi del momento sulla scena americana: aborto, controllo delle armi, salario minimo. Oz ha provato a tenere a debita distanza l’etichetta di “antiabortista”, sostenendo in modo fumoso che toccherà a donne, medici e leader politici locali l’ultima parola sul problema. Al contrario Fetterman si è presentato come paladino della traballante decisione della Corte Suprema Roe v Wade, dicendosi pronto a battersi per ridarle piena operatività e rivendicando i propri successi negli anni di Braddock nel tenere la cittadina al di sopra degli standard nazionali di sicurezza. A fine dibattito i sondaggi danno un leggero vantaggio per Fetterman, col dubbio che la rappresentazione del suo deficit fisico potrebbe giocargli un brutto tiro elettorale. Detto questo, constatare che un discreta porzione delle future grandi scelte americane siano ora connesse al defibrillatore impiantato nel suo enorme torace, è una suggestione che si presta in effetti alle metafore più ardite.

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