Vladimir Putin annuncia i nuovi provvedimenti (Ansa)

stato di guerra

La legge marziale di Putin è il primo passo verso un regime militare

Giovanni Boggero

Il provvedimento del Cremlino riguarda le quattro regioni ucraine annesse con la forza: Luhansk, Donetsk, Zaporizhzhia e Kherson. E consente alle autorità locali di adottare un ampio ventaglio di misure volte alla militarizzazione della vita civile, economica e sociale

Con  decreto del 19 ottobre il presidente russo, Vladimir Putin, ha introdotto la legge marziale nelle quattro regioni ucraine annesse con la forza il 30 settembre scorso: Luhansk, Donetsk, Zaporizhzhia e Kherson. Si tratta della prima volta nella pur breve storia della Federazione russa. La decisione si spiega con l’esigenza di dotare le autorità periferiche dei poteri necessari per far fronte a uno stato di guerra su un territorio ormai considerato parte integrante della Federazione russa, anche se da essa non interamente controllato. L’art. 87.2 della Costituzione russa attribuisce, infatti, al presidente il potere di introdurre la legge marziale sul territorio federale o parti di esso in caso di aggressione o di pericolo imminente di aggressione contro la Federazione. Il regime previsto dalla legge marziale è disciplinato da una legge costituzionale federale, approvata il 30 gennaio 2002. Sulla base di quanto ivi prescritto, la dichiarazione della legge marziale consente alle autorità locali di adottare un ampio ventaglio di misure volte alla militarizzazione della vita civile, economica e sociale.

 

In particolare, la legge costituzionale richiamata dal decreto di Putin autorizza a limitazioni speciali della libertà personale (ispezioni, perquisizioni e detenzioni fino a 30 giorni), libertà di circolazione da e verso i territori di Luhansk, Donetsk, Zaporizhzhia e Kherson oltreché all’interno degli stessi territori tramite, ad esempio, l’imposizione del coprifuoco, il divieto di eventi in luogo pubblico o, in maniera assai più pregnante, tramite l’evacuazione di civili da zone considerate a rischio e il loro reinsediamento altrove. A questo proposito, da qualche giorno le autorità locali di Kherson hanno iniziato a evacuare migliaia di cittadini del capoluogo regionale e reinsediarli (in realtà, l’accusa è di deportazione) verso altre regioni della Russia per preservarli asseritamente da imminenti attacchi ucraini alla città. Come ha del resto chiarito lo stesso Putin in diretta televisiva, la legge marziale offre la copertura giuridica necessaria per lo svolgimento di operazioni che in tutte le regioni richiamate sono in corso sin da quando l’operazione militare speciale è iniziata lo scorso febbraio. Ma non si tratta ovviamente solo di forme giuridiche.

 

Il decreto ha l’obiettivo di riorganizzare la debole catena di comando a livello locale, accentrando i poteri nelle autorità militari dalle quali dipendono, in questo momento, le sorti incerte di questi territori. In particolare, la legge marziale offre la possibilità di riordinare l’intera filiera economico-produttiva a fini bellici confiscando proprietà di ogni tipo e costringendo la popolazione al lavoro forzato per sostenere le esigenze di difesa dello stato anche oltre l’orario di lavoro legislativamente previsto. Si tratta di una lunga serie di limitazioni di libertà e diritti fondamentali di cui la popolazione soffre in realtà già da tempo, ma che subirà inevitabilmente un inasprimento nelle prossime settimane. Forse ancor più significativa è la circostanza che una scala di regimi via via più blandi rispetto a quello previsto dalla legge marziale sia stato applicato con altro coevo decreto presidenziale alla restante parte del territorio della Federazione. Putin ha, infatti, deciso la suddivisione del territorio federale in zone di rischio di diversa intensità, distinguendo regioni nelle quali vige un basso, un accresciuto e un medio livello di allerta.

 

Nelle altre regioni russe di confine, su cui tuttavia non vi sono combattimenti in corso (Crimea, Bryansk, Belgorod, Kursk, Krasnodar, Voronezh, Rostov), il decreto prevede un livello medio di allerta, sulla base del quale i governatori locali potranno adottare (non meglio specificate) misure di rafforzamento della sicurezza e dell’ordine pubblico oltreché specifiche misure di restrizione della libertà di movimento dei cittadini i quali, anche in questo caso, potranno, all’occorrenza, essere evacuati. Analogo accentramento di poteri (ma senza possibilità di evacuare e reinsediare cittadini) è previsto anche per le autorità di altre diciotto regioni più decentrate rispetto al conflitto; da ultimo, nel resto del paese (comprese Mosca e San Pietroburgo), è in vigore un basso livello di allerta che consentirà comunque ai governatori locali di “soddisfare le richieste delle Forze armate”, rafforzare la protezione dell’ordine pubblico e la sicurezza nelle sedi delle infrastrutture energetiche e del trasporto pubblico. Nel complesso, la mossa del Cremlino si inserisce sulla scia del decreto del 21 settembre scorso con cui è stata disposta la mobilitazione parziale e prepara il paese all’ordinarietà di un regime di impronta militare. 

Giovanni Boggero, Università degli Studi di Torino

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