obiettivi sensibili

L'Ucraina al buio: ora Mosca colpisce le centrali elettriche

Micol Flammini

La Russia vuole trascinare l'Ucraina alla resa durante l'inverno e fa parlare il generale Sergei Surovikin: la strategia è usare missili per colpire infrastrutture, risparmiando soldati al fronte. L’aiuto dell’Ue e i razionamenti a Kyiv 

Strasburgo, dalla nostra inviata. Il generale russo, Sergei Surovikin, incaricato due settimane fa di guidare la guerra contro l’Ucraina, ha detto in un raro intervento che la strategia dell’esercito russo – bombardare in modo martellante il paese invaso colpendo le infrastrutture civili – consentirà di raggiungere obiettivi senza impegnare più di tanto i soldati sul campo di battaglia. Il messaggio era rivolto agli scontenti della mobilitazione in Russia ma mostra anche che l’intento di Mosca è  trascinare durante l’inverno l’Ucraina   alla resa. Il metodo è dispendioso, perché i missili  costano molto e non si sa quanti ne abbia Mosca negli arsenali, ma evita di spingere al fronte soldati poco addestrati e non motivati . 

 

La strategia di colpire la rete elettrica e idrica  era iniziata già prima dell’arrivo di Surovikin, ma il generale conosciuto per la brutalità l’ha messa in pratica in modo scientifico. Quest’estate l’esercito russo, occupando la centrale nucleare di Zaporizhzhia, sottoposta a continui attacchi, aveva già privato l’Ucraina di un motore importante delle forniture energetiche. Dal 10 ottobre, il metodo di colpire le infrastrutture civili è diventato sistematico e ha affaticato ancora di più una rete messa già a dura prova, che è stata in grado di resistere per otto mesi grazie alla bassa domanda: circa sette milioni di ucraini sono fuggiti, molti edifici sono ridotti in macerie, parte delle capacità si trovano nei territori occupati dai russi e sono stati disconnessi. Questi fattori hanno ridotto il consumo di energia a livello nazionale di circa il 35 per cento, ma i nuovi attacchi russi rischiano di paralizzare il paese. 

 

La prima risposta da parte di Kyiv, che cerca di riparare le infrastrutture danneggiate il più rapidamente possibile, è stata introdurre delle restrizioni, ha vietato le esportazioni di energia, ha chiesto ai cittadini di ridurre il consumo e ha ridotto  l’illuminazione pubblica nelle città. Il 45 per cento della produzione elettrica dell’Ucraina è fuori uso, solo otto dei quindici reattori nucleari  sono in funzione e le risorse di energia rinnovabile che rappresentano circa il 12 per cento della produzione ucraina si trovano prevalentemente nei territori occupati o in zone in cui si combatte. Kyiv ha 14 centrali termoelettriche che funzionano a carbone o a gas naturale, otto sono della compagnia privata Dtek, tre della azienda statale Centrenego e altre sono divise tra enti pubblici e privati, ora ne rimangono attive soltanto cinque. Il gas naturale, l’arma del presidente russo Vladimir Putin per ricattare l’Europa, scarseggia, la compagnia energetica Naftogaz ha detto di avere circa 14 miliardi di metri cubi immagazzinati per l’inverno e le stime dicono che non sono sufficienti: ce ne vogliono circa 18-19 in una stagione invernale normale, 21-22 in una particolarmente fredda.

 

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha dichiarato che dal 10 ottobre circa il trenta per cento delle centrali elettriche ucraine è stato danneggiato e il premier Denys Shmyhal ha rassicurato sul fatto che nonostante questo l’Ucraina non ha bisogno di importare energia dall’Europa, ma di ricostruire in modo rapido quello che è stato danneggiato durante i bombardamenti: supporto tecnico e aiuto finanziario. Prima dell’inizio dell’invasione, Bruxelles e Kyiv stavano collaborando per integrare i sistemi energetici, invece adesso il governo si trova nelle condizioni di bloccare l’export di elettricità, rinunciando a circa centocinquanta milioni di dollari al mese.   Rivolgersi agli alleati europei, sarebbe la reazione naturale dell’Ucraina, se non fosse che la Russia ha applicato una politica di ricatti, fatta di minacce e non di bombe, anche ai paesi che sostengono Kyiv, alcune risposte concrete però sono arrivate comunque e la Banca europea per gli investimenti ha donato all’Ucraina 550 milioni di euro per le riparazioni e la ricostruzione delle infrastrutture energetiche. 

 

Il Cremlino fa di tutto per evitare che si parli del fronte, sembra non essere più interessato alle conquiste sul campo, all’esercito di Kyiv che avanza sempre di più a Kherson, ed è soddisfatto di come si sta muovendo l’esercito a est, mostrare che è in grado di tormentare l’Ucraina gli è utile anche ai fini di propaganda interna e ormai l’obiettivo, nel breve termine, è quello di cristallizzare la situazione: bloccare l’Ucraina mentre gli uomini di Mosca aumentano la loro presa sui territori illegalmente annessi. 
 

  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Sul Foglio cura con Paola Peduzzi l’inserto EuPorn in cui racconta il lato sexy dell’Europa, ed è anche un podcast.