Come ha reagito l'Ucraina alle dimissioni di Boris Johnson

Andrea Braschayko

La telefonata con Zelensky, la cittadinanza onoraria a Odessa, la canzone in suo onore. Kyiv continua a ringraziare "Johnsonyuk" e lui risponde: Londra continuerà a sostenervi

In seguito allo scandalo Pincher e alla raffica di addii di ministri e alti funzionari del suo governo, Boris Johnson ha annunciato le proprie dimissioni da leader del Partito conservatore, rimanendo in carica come primo ministro fino alla scelta di un successore alla guida dei Tory. Nel suo discorso fuori dal 10 di Downing Street, Johnson non ha mancato di rivolgersi al popolo ucraino. “Johnsonyuk”, come è stato soprannominato benevolmente dagli ucraini negli ultimi mesi, ha assicurato che il Regno Unito «continuerà a sostenere l’Ucraina» e manterrà la propria politica estera anche dopo la sua uscita di scena. Il primo ministro ha rivendicato il ruolo di capofila svolto dal suo governo negli aiuti, in primis militari, a Kyiv. Circa 2,3 miliardi di sterline, dall’inizio dell’invasione russa.

 

Il presidente ucraino Zelensky si è rammaricato per la posizione di «un sincero amico dell’Ucraina», dichiarandosi a sua volta certo che la politica estera del Regno Unito non cambierà. Poco dopo,  ha telefonato a Johnson ringraziandolo per gli aiuti messi in atto e dispiacendosi «a nome di tutto il popolo ucraino» per le dimissioni. Johnson ha risposto: «Sei tu l’eroe: qui tutti ti amano». Nelle stesse ore il comandante delle Forze armate Valerij Zaluzhnyi ha incontrato il suo omologo britannico Tony Radakin, in visita a Kyiv. Un segnale forte e probabilmente voluto (nel frattempo sono più di mille i soldati ucraini in addestramento in Gran Bretagna) ora che le dimissioni di Johnson gettano un’ombra sul futuro del Regno Unito nel suo ruolo di capofila della Nato orientale, protettore autorevole di Polonia e stati baltici, i paesi che hanno fino ad ora agito nei confronti dell’invasione russa in maniera più netta e decisa.

 

Durante questi mesi le visite a sorpresa del primo ministro a Kyiv erano diventate un balsamo per l’opinione pubblica, che simpatizzava per Johnson anche per aver fatto risuonare lo slogan “Slava Ukraini” fra i banchi di Westminster, per aver usato definizioni forti nei confronti di Putin e della Russia, e per aver desiderato e creduto nella vittoria ucraina. Un gruppo musicale gli ha dedicato una canzone, mentre il sindaco di Odessa Gennadyi Trukhanov (peraltro in precedenza filorusso) gli ha offerto la cittadinanza onoraria. Altre città vorrebbero persino intitolargli delle strade. Boris Johnson si è mostrato agli ucraini come un leader europeo tenace e autentico. Non sono mancate le situazioni ambigue, specialmente sulle sanzioni verso gli oligarchi di Londonstan, ma queste non hanno scalfito la fiducia verso Johnson. 

 


Durante il voto di sfiducia di appena un mese fa, gli ucraini hanno tirato un sospiro di sollievo quando Johnson ha vinto. Per nulla indispettiti che questi utilizzasse il sostegno all’Ucraina anche per un tornaconto personale e sfuggire ai problemi interni. L’importante è aver avuto una cassa di risonanza per la voce ucraina, specie ora che la guerra scende sempre più in basso nelle pagine dei giornali europei. A Londra, tuttavia, il gioco di Boris non ha retto a lungo. Ha rimandato l’inevitabile di appena qualche mese e ha aperto, a dispetto degli auspici di Zelensky e dello stesso Johnson, una fase nuova nelle relazioni tra i due paesi, e sull’equilibrio dell’Europa orientale nel suo insieme.

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