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Musica per l'Ucraina

Maurizio Stefanini

Dal "fuck Putin" dei Måneskin al ritorno dei Pink Floyd, ma anche brani di resistenza. Così il mondo della musica si è schierato

Balleremo sulla benzina. Come stai dormendo la notte / Come fai a chiudere entrambi gli occhi / Vivi con tutte quelle vite / Sulle tue mani / Stai da solo su quella collina / Usando il tuo carburante per uccidere / Non ce la faremo stando fermi / Guardaci ballare”. Tradotto dall’inglese, è “Gasoline”: il brano dei Måneskin al Coachella Festival dedicato all’Ucraina. Una performance che ha fatto rumore e suscitato consensi e polemiche, forse più i primi, anche per il “vaffa” a Putin che ha reso il messaggio ancora più esplicito.

 

 

Plateale, ma forse dal punto di vista italiano forse anche indispensabile, dopo la pletora di vecchie glorie della canzone nazionale che su YouTube erano finiti per fargli gli auguri al presidente russo (da Toto Cotugno a Pupo, da Riccardo Fogli ad AlBano). Anche se va detto che per lo meno Al Bano ha sentito il bisogno di fare una dovuta e meritevole retromarcia.

   

Ma non è l’unico contributo musicale che sta arrivando alla Resistenza ucraina. I Pink Floyd hanno ad esempio realizzato il loro primo nuovo brano dopo 28 anni.

 

  

Un pezzo che riprende una canzone di combattenti ucraini della Prima Guerra Mondiale e della prima Ucraina indipendente. “Nel prato, là un rosso viburno si è piegato in basso / Per qualche ragione, la nostra gloriosa Ucraina si è preoccupata / prenderemo quel viburno rosso e lo solleveremo”.

 

A sua volta, Sting ha ritirato fuori la sua canzone del 1985 “Russians”. “Per i valorosi ucraini che stanno combattendo contro questa brutale tirannia e anche per i molti russi che stanno protestando contro questo oltraggio, malgrado la minaccia di arresto e incarceramento, noi tutti amiamo i nostri bambini”.

 

 

È stata ritirata fuori l'immancabile “Image” di John Lennon, dal figlio Julian.  E “Wind of Change” degli Scorpions. I Twisted Sister hanno messo a disposizione il loro brano dal 1984 “We're Not Gonna Take It”. “Non lo accetteremo… più!/ Abbiamo il diritto di scegliere e/ In nessun modo lo perderemo/ Questa è la nostra vita, questa è la nostra canzone/ Combatteremo i governi che sono ingiusti

 

  

Joan Baez, il cui “We shall overcome” fu cantato durante la protesta di Euromaidan, si è pure prodotta come pittrice, con un ritratto di Zelensky. Gli U2 hanno cantato un “Walk on Ukraine”, oltre a offrire un poema di Bono. Patti Smith ha cantato una versione in inglese dell’inno ucraino, esibendosi assieme a Eugene Hutz dei Gogol Bordello, che è ucraino di nascita e che ha parenti che stanno combattendo. 

 

       

Ovviamente l’inno “Šče ne vmerla Ukrajiny” sta venendo eseguito dappertutto. Un inno ad hoc per sostenere la resistenza è stato ora composto da Marcus Paus, compositore ufficiale dell’esercito norvegese.

 

Ci sono poi i contribuiti degli stessi artisti ucraini. Già esistenti: dalla canzone della Rivoluzione Arancione che partecipò all’Eurofestival del 2005 a quella dedicata alla deportazione dei tatari di Crimea nel 1944 che vinse l’Eurofestival del 2016. O fatte ora: da una cover di “Bella Ciao” a un inno al micidiale drone Bayraktar.

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