Macron contro Le Pen: sull'energia si gioca un nuovo populismo

Carlo Stagnaro

Entrambi vogliono il nucleare, parlano di sovranità, chiedono più stato e promettono di ridurre la dipendenza dai combustibili fossili. Su rinnovabili e integrazione dei sistemi energetici europei hanno invece prospettive opposte

Domenica 24 aprile i francesi non sceglieranno solo il loro presidente: decideranno – forse anche a nome nostro – che Europa abbiamo davanti. Tra i grandi temi in discussione, la politica energetica occupa un posto di primo piano. Sotto alcuni aspetti, Emmanuel Macron e Marine Le Pen convergono: entrambi vogliono il nucleare, parlano di sovranità, chiedono più stato e promettono di ridurre la dipendenza dai combustibili fossili. In altri ambiti hanno, invece, prospettive opposte: sulle fonti rinnovabili e, soprattutto, sull’integrazione dei sistemi energetici europei

   
Il quotidiano Le Figaro ha ricostruito le posizioni dei due contendenti. L’atomo è il pilastro della sicurezza energetica francese sin dagli anni Settanta. Oggi genera circa il 70 per cento dell’energia elettrica, ma negli ultimi anni la flotta nucleare ha cominciato a manifestare problemi legati all’età e alla sempre crescente esigenza di manutenzioni ordinarie e straordinarie. L’atomo, che al picco del 2005 offriva 430 TWh di energia, l’anno scorso ne ha dati solo 361. In questo contesto, Macron – che all’inizio del primo mandato si era impegnato a ridimensionarne il peso, portandolo attorno al 50 per cento del totale – vuole allungare la vita delle centrali esistenti oltre i cinquant’anni (Le Pen dice sessanta). Soprattutto, promette almeno sei nuovi reattori, con un’opzione per altri otto, a cui si potrebbero aggiungere anche dei reattori di piccole dimensioni. Per ora, è in costruzione un solo nuovo impianto a Flamanville, con problemi enormi di tempi e di costi. Se, dunque, il mantenimento della capacità esistente garantisce energia a buon prezzo ma lascia dubbi sull’output futuro, i nuovi investimenti espongono a un incremento dei costi almeno nel breve termine. Le Pen ha un approccio simile ma ancora più in grande: nel suo piano ci sono venti nuovi reattori di grandi dimensioni più altri “small modular reactors”.

  
Le differenze sono, invece, clamorose in materia di energia rinnovabile. Entrambi riconoscono l’importanza dell’idroelettrico (che Le Pen enfatizza deve rimanere nelle mani pubbliche di Edf), dei biocarburanti e del biometano. Ma l’attuale presidente vuole moltiplicare la capacità eolica e fotovoltaica, mentre la leader del Rassemblement National minaccia una moratoria sul sole e il vento e addirittura lo smantellamento dei parchi esistenti. Entrambi credono che l’elettricità a zero emissioni debbano essere in parte dedicata alla produzione di idrogeno. L’economista Patrice Geoffron, sentito da Le Figaro, avverte che “c’è un problema di coerenza dei tempi sull’idrogeno: questi piani non cambieranno nulla domani o nel 2030, ma solo oltre” (soprattutto, ovviamente, a causa dei lunghi tempi del nucleare). 

 
Il tema su cui la distanza è massima e le conseguenze più vaste non riguarda le opzioni tecnologiche, ma il disegno del mercato e il rapporto con l’Unione europea. Oggi i mercati elettrici europei seguono la regola del “system marginal price”, secondo cui il prezzo dipende dall’impianto più costoso necessario a soddisfare il fabbisogno in un determinato momento, e sono fortemente integrati. Il dibattito sull’aggiornamento delle regole è aperto e la Francia ne è uno dei protagonisti. Entrambi invocano uno Stato più interventista, in linea con la piena nazionalizzazione di Edf avviata da Macron che ha anche imposto un tetto ai prezzi. Tuttavia, mentre Macron spinge per negoziare coi partner europei un nuovo assetto, Le Pen è pronta allo strappo: pretende di cambiare unilateralmente le norme e disconnettere la Francia dal resto d’Europa. E’ evidente che questo, più ancora dello strappo sull’eolico e il fotovoltaico, mette in discussione la politica energetica europea. Sarebbe una sorta di “liberi tutti” in cui ciascuno Stato membro cerca una via nazionale alla soluzione dei suoi problemi (con danno di tutti perché la maggiore dimensione fisica dei mercati e il miglior coordinamento interno consente un utilizzo più efficiente degli impianti e maggiore sicurezza). Sul piano formale, inoltre, equivale a dichiarare guerra alla Commissione Ue che sarebbe costretta a contestare infrazioni su infrazioni. Non a caso, quando scandiscono la parola sovranità energetica, Macron aggiunge “europea” mentre Le Pen intende “nazionale”. Insomma, sebbene Le Pen abbia ammorbidito i toni anti-Ue, nella sostanza l’attacco a Bruxelles rimane forte ed esplicito. Ed è forse questo l’aspetto più importante della decisione che gli elettori francesi sono chiamati a prendere.