Dietro al blocco dei camion a Ottawa c'è il format populista che funziona in tutto il mondo

Daniele Raineri

La protesta in Canada è locale, ma la formattazione ideologica è globale

Da più di due settimane centinaia di camionisti e automobilisti bloccano il centro della città di Ottawa, in Canada, per protestare contro l’obbligo di vaccinazione richiesto a chi guida per lavoro attraverso il confine con gli Stati Uniti. Il numero di vetture ferme è poco sopra a quattrocento e sta scendendo, il novanta per cento dei camionisti canadesi è vaccinato e quindi non è coinvolto nella questione e il sindacato dei camionisti canadesi con più di trecentomila iscritti ha detto che la protesta – che si chiama “Convoglio della libertà” – non lo rappresenta. E’ quello che avrebbero voluto fare gli antivaccinisti italiani a ottobre, senza però avere i numeri, ed è probabile che finirà come è finita a Trieste questo autunno: con un declino della manifestazione, che prima consuma l’attenzione del paese e poi si sgonfia nell’irrilevanza.

 

La polizia canadese per ora ha fatto millecinquecento multe e ventitré arresti. E però questo tipo di blocco terrestre, i veicoli che paralizzano il centro cittadino, ha un fascino irresistibile per il populismo di destra e internazionale che in questi anni ha preso forme diverse: antivaccinisti, trumpiani convinti che il loro presidente non abbia perso le elezioni, gilet gialli in Francia, simpatizzanti della setta di QAnon ovunque e altri gruppi affini. L’assortimento è ampio. La protesta in Canada è locale, ma il format ideologico che eccita è globale. In centro a Ottawa sono spuntate le bandiere della Confederazione, che in Canada non significano nulla ma negli Stati Uniti sono una celebrazione del segregazionismo, e anche bandiere con la svastica nazista e simboli di QAnon. Foreign Policy e altri parlano del tentativo dell’estrema destra canadese di trasformare la protesta dei camionisti in un grande show politico e in una grande tenda sotto la quale riunire finalmente tutte le fazioni del movimento per una volta. Ma è molto più che una questione canadese. 


Così anche se la protesta in piazza a Ottawa si riduce e molti camionisti tornano al lavoro, la protesta online ha preso ormai vita propria e i numeri dell’interesse stanno salendo con molta rapidità. Le star della destra populista americana come Donald Jr, figlio dell’ex presidente americano Donald Trump, Ben Shapiro e Dan Bongino rilanciano video di camionisti canadesi che vanno forte e raccolgono milioni di visualizzazioni. Ci sono circa novantamila post che parlano della faccenda soltanto su Facebook e hanno avuto più di sedici milioni di interazioni secondo i dati del sito Wired fermi a martedì (Facebook monitora la situazione, con la solita aria di chi ha scatenato qualcosa che non riesce a controllare, e chiude gruppi che esagerano. Un gruppo ancora in funzione ha reso più difficile l’iscrizione dopo essere arrivato a settecentomila simpatizzanti). Marjorie Taylor Greene, la deputata americana diventata famosa perché simpatizzante della setta di QAnon, ha espresso solidarietà alla protesta canadese – tra l’altro martedì è incappata in un errore e in una dichiarazione video ha detto “gazpacho”, che è il nome di una zuppa, invece che Gestapo, che era il nome della polizia segreta nazista. 


Da una parte c’è una singola questione: l’obbligo vaccinale per i camionisti che attraversano avanti e indietro il confine fra Stati Uniti e Canada. Dall’altra c’è l’identikit ideologico del riottoso, che in questi anni anni si è opposto ai vaccini, alle mascherine, all’Unione europea e all’euro, all’elezione di Joe Biden e alla Nato, ha sostenuto la tesi della Grande sostituzione etnica, la necessità dell’abolizione punitiva dei media e ha negato i massacri con le armi chimiche in Siria – soltanto per fare qualche esempio della dottrina. Questa figura del riottoso quando vede proteste come a Ottawa diventa in fretta moltitudine. E infatti ieri ci sono state proteste simili a quella canadese in Francia, dove la polizia ha impedito a un convoglio – il “Convoi de la liberté”, molto più piccolo – di entrare a Parigi e anche in Nuova Zelanda dove i camionisti si sono riuniti davanti al Parlamento. 
 

  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)