Libia, elezioni e dossier di potere dipendono da un rapporto

Daniele Raineri

Ora che il voto del 24 dicembre non c'è più, milizie e politici navigano al buio

In Libia il voto previsto per il 24 dicembre sarà rinviato a un giorno non ancora specificato dell’anno prossimo, forse già a febbraio – a meno che gli eventi non prendano una piega imprevista e più pericolosa. Per ora non c’è stato un annuncio ufficiale, perché nessuno vuole associarsi in modo esplicito a un fallimento. Si entra in una fase sconosciuta nella quale gli uomini politici più importanti del paese e le milizie nervose che li sostengono devono prendere una serie di decisioni, possibilmente senza arrivare a uno scontro armato. 

 

Mercoledì l’Alta commissione elettorale – l’ente che dovrebbe sbrogliare i problemi legati alle elezioni –  ha consegnato alla Camera dei rappresentanti – che è l’unico ente rimasto con abbastanza autorità per votare decisioni – un rapporto molto atteso sui candidati alla carica di prossimo presidente della Libia. Il rapporto dovrebbe chiarire alcuni punti controversi che hanno agitato la campagna elettorale in queste ultime settimane. Saif al Islam al Gheddafi, figlio del dittatore Muammar, può correre per la carica anche se è ricercato per crimini di guerra dal Tribunale internazionale? Il generale Khalifa Haftar può candidarsi anche se ha la doppia cittadinanza di Libia e Stati Uniti?

 

Il premier ad interim (e sospeso) Abdelhamid Dabaiba può candidarsi anche se avrebbe mentito su un titolo di studio? Questi sono tre esempi che riguardano i tre candidati più in vista e alcune delle questioni sentite in queste settimane, ma il rapporto dovrebbe affrontare anche altri dossier. Il fatto che sia stato consegnato il 15 dicembre e che riguardi candidati alle ipotetiche elezioni del 24 dicembre fa capire che i tempi sono ormai saltati e che tutto scivola al 2022.

 

A questo punto dovrebbe essere la Camera dei rappresentanti a decidere cosa fare del rapporto, a cominciare da uno dei punti più delicati: renderlo pubblico oppure no. E’ molto probabile che non lo farà. Tuttavia dovrà prima o poi dichiarare se considera legittimi candidati il figlio di Gheddafi, il generale Haftar e  Dabaiba. Inoltre è sulla base del rapporto che la Camera dei rappresentanti potrebbe decidere la nuova data delle elezioni. 

 

In tutto questo, la Camera potrebbe anche dover nominare un nuovo governo perché l’attuale struttura di potere in Libia è stata creata con in mente la scadenza del 24 dicembre e non era previsto che durasse oltre. Ora che quella scadenza non esiste più, come si regolerà? Ognuno dei passi appena citati – la decisione di pubblicare o no il rapporto, le decisioni sui singoli candidati, la nuova data delle elezioni e forse il nuovo governo – potrebbe diventare l’innesco di nuovi scontri. Ieri Salah Badi, un signore della guerra di Tripoli che comanda la milizia della Perseveranza, ha detto che non permetterà mai lo svolgimento delle elezioni. 

 

A sud, nella città di Sebha, uno scontro imminente fra le milizie di Haftar e quelle di Tripoli è stato evitato grazie a un negoziato all’ultimo minuto, ma è un segnale d’allarme sulla tenuta generale della situazione, che comincia a sfilacciarsi. Se l’idea di una riconciliazione nazionale in Libia fosse quotata in Borsa, negli ultimi due giorni avrebbe perso una parte importante del suo valore.

Di più su questi argomenti:
  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)