La conferenza

La Libia al centro dei negoziati oggi a Parigi. Ma le elezioni sono ancora un caos

Arianna Poletti

Tra poco più di un mese a Tripoli si vota e i leader internazionali chiedono un processo elettorale "incontestabile e irreversibile". Draghi, Merkel e Macron in prima linea. Sullo sfondo c'è anche la gestione della crisi migratoria

La data scelta per le elezioni in Libia - il 24 dicembre - si avvicina, ma la tenuta degli scrutini presidenziale e legislativo nel paese continua ad essere incerta. È proprio con l’obiettivo di sostenere il traballante processo elettorale che, questo venerdì, si tiene alla Maison de la Chimie di Parigi (un centro congressi non lontano dall’Eliseo) la Conferenza internazionale sulla Libia, copresidiata da Italia e Germania sotto l’egida delle Nazioni Unite e fortemente voluta da Parigi, che non intende rinunciare alle elezioni come ribadito più volte dal ministro degli esteri Jean-Yves Le Drian. Il 21 ottobre, mentre partecipava ad un incontro a sostegno della stabilità in Libia a Tripoli, Le Drian ha detto che, sulla scia delle precedenti conferenze di Berlino, avrebbe “personalmente vegliato” sul processo elettorale nel paese, confermando così l’organizzazione da parte dell’Eliseo di quest’ultima conferenza internazionale pre elezioni annunciata a settembre durante l’assemblea generale delle Nazioni Unite. 

 

Secondo il ministro degli esteri francese, l’obiettivo di questo ennesimo incontro alla tavola dei negoziati è quello di “permettere infine alla Libia di voltare pagina” tramite un processo elettorale “incontestabile e irreversibile” a un anno appena dal cessate il fuoco a seguito della cosiddetta battaglia per Tripoli. Tra le bozze delle conclusioni che verranno annunciate in serata, visualizzate in anteprima da Agenzia Nova, spicca l’ennesima richiesta della partenza dei mercenari, già contestata dalla Turchia, così come quella di voler annunciare in contemporanea i risultati dello scrutinio presidenziale e quello legislativo, anche se quest’ultimo sarebbe stato riportato al 14 febbraio 2022. C’è poi anche un riferimento alla gestione della crisi migratoria, come richiesto dall’Europa. 

 

Anche se la lista ufficiale dei partecipanti non è stata ancora diffusa, hanno confermato la propria presenza a Parigi il presidente del consiglio Mario Draghi e la cancelliera tedesca Angela Merkel, così come la vicepresidente degli Stati Uniti Kamala Harris, il presidente egiziano Abdel Fatah al-Sissi e il ministro degli esteri russo Sergej Lavrov. Mancheranno però alcuni tra gli attori più influenti nel paese nordafricano, come il presidente turco Erdogan, che (ufficialmente) si dice infastidito dalla presenza della Grecia al tavolo dei negoziati. All’ultimo minuto la Turchia avrebbe deciso di mandare a Parigi il vice ministro degli esteri, ma Ankara non ha partecipato alla stesura delle bozze ed è pronta a contestarne alcuni punti. Nonostante tra gli obiettivi della conferenza ci sia proprio “una maggiore stabilità regionale”, mancherà a Parigi anche il presidente algerino Abdelmadjid Tebboune a causa della crisi diplomatica in corso con la Francia. Saranno invece presenti la premier tunisina Najla Bouden e il ministro degli esteri marocchino Nasser Bourita, così come rappresentanti da Ciad e Niger. 

 

Dalla Libia sono atterrati a Parigi il presidente del Consiglio presidenziale Mohamed Al Menfi e il primo ministro Abdulhamid Dabaiba. Assente invece il ministro degli esteri Najla Mangoush, prima sospesa dal consiglio presidenziale per aver “oltrepassato le sue prerogative”, poi reintegrata da Dabaiba. A prova di un’organizzazione ancora in alto mare e della tensione crescente tra Ovest e Est, il premier Dabaiba continua a rifiutare la legge elettorale promulgata dalla Camera dei rappresentanti di Tobruk, che vieta la possibilità di occupare un incarico pubblico ai candidati nei tre mesi precedenti al voto, impedendo così a Dabaiba di potersi presentare. Dall’8 novembre è infatti ufficialmente possibile deporre la propria candidatura. Lo hanno già fatto l’ex ministro dell’interno misratino Fathi Bachagha, l’ex ambasciatore all’Onu Aref Ali Nayed, l’ex ministro dell’industria Ibrahim Dabbashi e l’ex rappresentante della Libia presso l’Unione Europea Hafez Kadour. Lo farà (forse) anche il figlio dell’ex dittatore Saif al-Islam Gheddafi. La grande incognita rimane ancora il generale Khalifa Haftar. Alcune voci della società civile libica si sono alzate per rimarcare invece l’ennesima esclusione dei principali attori non statali libici in una conferenza internazionale “sulla Libia, senza Libia”.

 

 

 

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