Le dittature percepite in Europa

Micol Flammini

La pandemia ha creato divisioni enormi fra gli europei, la più seria è quella fra i giovani e gli altri. Uno studio spiega come siano i paesi meno autoritari a lamentarsi di più della mancanza di democrazia e della crisi della libertà

La pandemia, vista a meno di due anni di distanza, ha la forma di una frattura. Lo evidenzia  lo European Council on Foreign Relations,  (Ecfr) in uno nuovo studio pubblicato il primo settembre dal titolo “Europe invisible divides: How covid-19 is polarising European politics, firmato da Ivan Krastev, scrittore e presidente del Center for Liberal Strategies, e Mark Leonard, direttore dell’Ecfr. Lo studio si concentra su come siamo cambiati, come potremmo ancora cambiare e sui rischi che le nostre società si stanno portando dietro. Il primo è che siamo di fronte, più di prima, a due Europe. Anzi a due pandemie. La percezione di quello che è accaduto in questi mesi varia molto da paese a paese, secondo delle linee che ricalcano, in parte, le divisioni che si sono create nelle crisi precedenti – quella del debito e quella dei rifugiati. 

E’ possibile tracciare una mappa delle nuove fratture e lo studio ha rilevato due principali gruppi, tra gli europei. da una parte c’è chi “è stato colpito direttamente o indirettamente dal Covid-19, nel senso che i suoi membri si sono ammalati gravemente o hanno subìto un lutto. Un secondo gruppo riferisce che non sono stati colpiti da malattie o lutti, ma che hanno sperimentato gravi difficoltà economiche. E un terzo gruppo non è stato affatto colpito”.  La sfida sarà fare in modo che queste fratture non si trasformino da “divisione silenziosa” a “grande scisma”, che rischi di far male alle nostre società, all’Europa e soprattutto alle democrazie.  


“Tutte queste divisioni – dice al Foglio Ivan Krastev – alla fine influenzeranno l’implementazione della Next Generation Eu. Ma a prescindere dalle divisioni, una cosa è diventata chiarissima dopo la crisi, in un mondo che è diventato più frammentato e meno cooperativo, il successo dell’Ue è l’unico modo per gli europei di preservare qualsiasi rilevanza nella politica globale”. Oltre alle fratture tra gli europei, la conferma di due Europe che convivono non sempre volentieri, spesso a velocità diverse, ma pur sempre insieme, ci sono altre divisioni interessanti da sottolineare. Sono interne, percorrono le nostre società e i nostri governi e hanno a che fare con una parola che ultimamente vediamo bistrattare e urlare a sproposito: libertà. “La realtà rivelata dal nostro sondaggio è che nel contesto della pandemia, gli europei si sono ritrovati divisi  su quelle che credono essere le motivazioni dei governi dietro le restrizioni Covid-19”. Le tre grandi fratture interne ai paesi  sono: giovani e anziani; chi ha percepito la pandemia più come crisi economica e più come sanitaria; e la terza è proprio chi si è sentito privato della propria libertà e chi invece si è sentito protetto dalle restrizioni. Le tre fratture in realtà si tengono insieme, sono parte della stessa storia, con ragioni diverse. 


Le  divisioni tra europei non sono ancora nette come quelle nate dopo la crisi del debito e dei rifugiati



“Nel romanzo del 1957  ‘Il barone rampante’, Italo Calvino racconta la storia del giovane barone Cosimo che era così disgustato dal modo di vivere dei suoi genitori che si rifiutò di mangiare la zuppa di lumache che gli imponevano, si arrampicò sugli alberi nel giardino, e promise di non scendere mai più – dice Krastev – Cosimo mantenne la parola e visse tra le foglie, perennemente lontano dalla vecchia generazione”, la crisi del Covid-19, rischia di creare uno scisma simile, “un effetto Cosimo”. Quello generazionale è il divario più palese tra tutti quelli che emergono dal sondaggio: “Quasi i due terzi degli intervistati di età superiore ai 60 anni non ritiene di essere stato personalmente colpito dalla crisi del coronavirus ma, tra gli intervistati di età inferiore ai 30 anni, solo il 43 per cento sente di non essere stato colpito. Francia e Danimarca sono gli unici paesi  in cui la maggioranza degli under 30 afferma di non essere stata colpita dalla crisi”. Ci sono paesi in cui tuttavia sono gli over 60 che si sentono più colpiti: Spagna, Portogallo, Ungheria e Polonia. “Se gli anziani hanno vissuto la pandemia come una minaccia alla loro vita, i giovani l’hanno invece vissuta come una minaccia al loro stile di vita”. C’è stata un’attenzione maggiore nei confronti degli anziani, dei fragili, e a questo si è aggiunta la tendenza delle nostre società che invecchiano sempre di più a costruire politiche studiate più per gli anziani che per i giovani. Questi due fattori hanno dato ai ragazzi la sensazione di essere loro quelli che si sono dovuti sacrificare, loro sono quelli che hanno dovuto rinunciare ad alcune libertà e possibilità. Per preservare il presente si è messa un’ipoteca sul futuro, non senza conseguenze. “Una delle conseguenze più evidenti finora è un’ondata di cinismo tra i giovani sulle intenzioni dei governi. Per esempio, il sondaggio mostra che i giovani hanno meno probabilità di credere che la principale motivazione dei governi nell’introdurre restrizioni legate alla pandemia sia stata limitare la diffusione del virus. Tra gli intervistati di età inferiore ai 30 anni, il 43 per cento è scettico sulle motivazioni dei propri governi: il 23 per cento pensa che il loro governo desideri principalmente creare l’apparenza del controllo, mentre un ulteriore 20 per cento afferma che i governi stanno usando la pandemia come una scusa per aumentare il loro controllo. Entrambe le cifre sono molto più basse tra gli intervistati di età superiore ai 60 anni (in ogni caso, si tratta del 14 per cento degli intervistati di quell’età)”. La vittima di questo cinismo è la democrazia che da questa pandemia esce modificata e i cambiamenti non sono ancora del tutto netti. “Quello che mi preoccupa è che l’erosione della fiducia dei giovani nelle istituzioni nazionali si traduca in una crescente insoddisfazione per la democrazia. Una ricerca del Center for the Future of Democracy dell’Università di Cambridge mostra che, anche prima della crisi, i giovani di oggi sono la generazione più insoddisfatta delle prestazioni dei governi democratici. I membri di questa generazione sono più scettici sui meriti della democrazia rispetto non solo alla generazione più anziana di oggi, ma anche ai giovani intervistati in epoche precedenti”, dice Krastev. 

La seconda divisione è sulla percezione. C’è un divario importante tra chi ha vissuto la pandemia come un disastro economico e chi come un disastro sanitario. I primi sono scettici nei confronti dei governi, credono al fatto che i loro rappresentanti abbiano abusato delle chiusure per aumentare il loro potere. L’Ecfr ha intensificato tre tribù all’interno della popolazione. Ci sono i Fiduciosi, dei quali fanno parte soprattutto persone che hanno vissuto la crisi come un problema sanitario. I Sospettosi e infine gli Accusatori. I dati per ora sono positivi, perché il 64 per cento degli europei rientra nel primo gruppo, dei Fiduciosi. Il 19 per cento è Sospettoso, il 17 è un Accusatore. “La quota maggiore degli accusatori si trova anche tra coloro che dichiarano di essere colpiti solo economicamente (23 per cento), rispetto a coloro che non sono stati colpiti (15 per cento) e a coloro che sono colpiti dalla malattia (17 per cento)”.


Ivan Krastev ci dice che la frattura più preoccupante è quella tra giovani e anziani. C’è il rischio di  un “effetto Cosimo”


 

I Sospettosi e gli Accusatori sono coloro che meno hanno accettato e capito le restrizioni, che non si sono sentiti protetti, ma esposti, che mettono più in discussione l’autorità statale, nel nome delle loro libertà. I sondaggisti hanno domandato agli intervistati quanto sentono che la loro libertà è cambiata, quanto questa è stata modificata, ampliata o ristretta rispetto alla loro vita pre covid. E qui le distorsioni sono evidenti. Il paese con la percentuale più alta di persone che si sentono libere è l’Ungheria, che è anche il paese con  la percentuale più alta di cittadini che crede che il governo avrebbe dovuto applicare più restrizioni per proteggere la salute. Il governo di Viktor Orbán è stato tra quelli che più hanno cercato di approfittare della pandemia per imporre nuove regole. Sono invece i paesi in cui il lockdown è stato più leggero quelli in cui le persone si sentono meno libere. In Germania per esempio, il 49 per cento degli intervistati dice di sentirsi meno libero, lo stesso in Austria. 

L’argomento delle libertà spinge a rivedere anche il concetto di democrazia.  Che siamo nel bel mezzo di un cambiamento, che ancora dobbiamo capire, è assodato, ma intanto Krastev e Leonard scrivono che ci sono tre paesi in particolare da tenere d’occhio per capire come il concetto di libertà, la sensazione di libertà e la sua rappresentanza politica stanno cambiando i nostri sistemi.  I tre paesi sono Polonia, Germania e Francia. 


I Fiduciosi, i Sospettosi e gli Accusatori. Le tre tribù dei cittadini rispetto alle restrizioni prese dai governi



La Polonia è il paese in cui i cittadini intervistati hanno  accusato maggiormente il loro governo di aver sfruttato la pandemia per aumentare il controllo sugli elettori e accentrare poteri. E’ aumentato anche il divario    tra opposizione e maggioranza. Varsavia è  l’esempio di una democrazia polarizzata, in cui la maggior parte della popolazione è stanca e diffidente e vede come responsabile di questa situazioni non il virus, ma il governo. La Polonia è anche un paese che in questi ultimi anni ha conosciuto quanto velocemente può essere messa in pericolo una democrazia: si smonta un pezzo alla volta e poi è difficile da aggiustare. Durante la pandemia la Polonia ha visto le proprie libertà messe ancora più in discussione e i cittadini  temono che il governo stia usando le restrizioni legate alla pandemia  come scusa per aumentare il controllo. In Germania la situazione è opposta, ma il paese è archetipo di un altro fenomeno. Non c’è polarizzazione, ma la Germania è il paese in cui la quota maggiore della popolazione non si sente libera. Questo sentimento di libertà violata e ristretta appartiene al 49 per cento della popolazione ed è trasversale tra tutti partiti. Anche gli elettori della Cdu, il partito di Angela Merkel sono stanchi delle restrizioni, a sentirsi libero è invece il 71 per cento degli elettori dell’AfD, il partito di estrema destra che in questi mesi ha organizzato manifestazioni contro i lockdown e contro i vaccini. 

La Francia è il terzo paese archetipo di nuove politiche. E’ il paese dello stravolgimento, del sottosopra, l’esempio di una “democrazia non binaria”, in cui alcune tendenze e idee politiche sono già state ridisegnate dalla pandemia. La crisi ha spinto i sostenitori liberali del centrista Emmanuel Macron a sostenere un’azione statale molto interventista mentre i sostenitori di Marine Le Pen, il cui partito ha spesso richiesto più intervento statale, ora si dicono tribuni della libertà contro il potere repressivo dello stato pandemico. “Mentre fino a ieri i populisti di destra insistevano per azioni più decise del governo in diversi ambiti della vita, ora nel contesto della pandemia improvvisamente si sono riposizionati come difensori delle libertà individuali – dice Krasetv e questo si applica anche al caso italiano  – Non vedo ancora l’emergere di movimenti politici nati dalla crisi del Covid ma vedo la pandemia intensificare alcune divisioni politiche e costringere anche i partiti politici a riposizionarsi”.

I rischi vanno visti in modo graduale, la sfiducia nei confronti delle proprie società non si traduce in sfiducia nei confronti dell’Europa: “In alcune società la crisi della fiducia nei governi nazionali porta al declino della fiducia nell’Ue, ma in molte società il declino della fiducia nei governi nazionali si traduce in un aumento della fiducia nell’Ue”. Sotto accusa sono i governi, per questo la frattura tra Europei è ancora poco netta, “invisibile”, non è forte  come nelle crisi precedenti, ma più sfumata, e da qui nasce il rischio per la democrazia. Eppure all’inizio della pandemia, la reazione dei cittadini era stata quella di affidarsi ai governi, che si rifletteva anche nei sondaggi: tutti i leader erano in aumento. Era un effetto rally around the flag che poi è svanito, quasi all’improvviso. “Quando a Mike Campbell viene chiesto in "Fiesta” di Ernest Hemingway come si finisce in bancarotta, la sua risposta è diretta: ‘In due modi. Gradualmente, e poi all'improvviso’. In politica accade la stessa cosa”, conclude Ivan Krastev. 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Sul Foglio cura con Paola Peduzzi l’inserto EuPorn in cui racconta il lato sexy dell’Europa, ed è anche un podcast.