Il dibattito

Il potere di persuasione e i never-vaxxer

Paola Peduzzi

Speravamo che un’opera di convincimento strutturata e capillare avrebbe sfaldato il muro dei riluttanti a vaccinarsi. Non è andata così, perché?

La vaccinazione è  il requisito indispensabile per poter tornare alla normalità e poiché le campagne di incentivi non ci hanno permesso di raggiungere l’obiettivo – una percentuale di popolazione vaccinata che consenta l’immunità di gregge – sono stati introdotti degli obblighi, a livello governativo, a livello aziendale, a livello anche famigliare. L’obbligatorietà ha fatto saltare nervi e pazienza, ma come ha scritto Ezra Klein sul New York Times, si è rivelata necessaria perché le strategie di persuasione adottate finora non sono state sufficienti. In sostanza: si sperava (alcuni lo fanno ancora, almeno formalmente: Angela Merkel in Germania, per esempio) che un’opera di convincimento strutturata e capillare avrebbe sfaldato il muro dei riluttanti. Non è andata così perché, “odio quello che sto per scrivere – dice Klein – ma il potere della persuasione è sovrastimato”.

Abbiamo voluto credere che si sarebbe trovata un’argomentazione valida per convincere chi non si vuole vaccinare ma la verità è che questa argomentazione non c’è. La Kaiser Family Foundation ha sondato l’intenzione di vaccinarsi degli americani da dicembre a oggi. A dicembre, il 15 per cento diceva che si sarebbe rifiutato di vaccinarsi, il 9 per cento si sarebbe vaccinato soltanto “se richiesto”, e il 39 per cento era attendista: vediamo che succede. Sei mesi dopo, gli attendisti si sono per lo più vaccinati, la percentuale di chi si vaccina perché gli viene richiesto è scesa al 6 per cento, ma quelli che non si vaccineranno mai e poi mai, i never-vaxxer, sono più o meno gli stessi: il 14 per cento. Naturalmente ci sono dei movimenti tra i gruppi, ma il problema è che sei mesi di incentivi e premi, di spiegazioni, di campagne pubblicitarie, di scampoli di normalità riassaporata non sono serviti a convincere quelli che, per ragioni differenti ma evidentemente granitiche, non si vogliono vaccinare.

Il potere di persuasione non si è ancora consumato del tutto: la distribuzione dei vaccini può diventare ancora più capillare, la disinformazione può essere ulteriormente contenuta, i leader politici finora cauti (eufemismo) possono diventare più convincenti, come stanno facendo in America i repubblicani, pur con un andamento pericolosamente altalenante, come dimostra il fatto che il governatore repubblicano del New Hampshire, Chris Sununu, abbia appena firmato una legge che ribadisce “l’integrità del corpo” di ogni cittadino e la sua libertà di non vaccinarsi (in realtà i vaccini obbligatori per andare a scuola restano, è di fatto solo il vaccino contro il Covid a rimanere escluso).
Si può anche insistere in modo più brutale sulla teoria introdotta dal direttore generale del ministero della Salute americano, Vivek Murthy, che tratta la vaccinazione come uno strumento di salvaguardia della sicurezza nazionale. “E’ doloroso sapere che quasi ciascuna morte cui assistiamo oggi per il Covid avrebbe potuto essere evitata”, ha detto, e il corollario è quello esplicitato da Mario Draghi: l’appello a non vaccinarsi è un appello a morire.

Una dottoressa dell’Alabama, Brytney Cobia, ha raccontato in un post su Facebook la sua esperienza con i non vaccinati che arrivano in ospedale e chiedono di essere vaccinati e lei è costretta a dire: è troppo tardi. E se muoiono, la dottoressa va dai parenti e dice: il modo migliore per onorare questa morte è vaccinarsi. E spesso i parenti dicono che non lo sapevano, che pensavano che il vaccino fosse un veleno e il Covid soltanto un’influenza.
In questo senso, il potere di persuasione sembra resistere  soltanto di fronte alla tragedia. Ma non è sempre così: è un anno e mezzo che si muore di Covid, eppure i never-vaxxer non si sono ridotti. Laddove non ti convinco, devo obbligarti. E non c’è da stupirsi: è odioso dirlo per chi professa dialogo, confronto e convergenze come elementi imprescindibili delle democrazie, ma poliomielite e morbillo non sono stati sconfitti dalle campagne di persuasione.
 

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi