La Tunisia travolta da una quarta ondata che non si ferma

Arianna Poletti

Carenza di ossigeno e ospedali saturi a causa della variante delta: in Tunisia c’è chi parla di “catastrofe”, ma mancano ancora le misure per contenere i contagi

Durante la giornata di festa dell’Aid el-Adha, il 20 luglio, un video ha fatto il giro della rete in Tunisia: mostra il direttore dell’ospedale di Mateur (Bizerte) in lacrime, seduto di fronte al reparto Covid-19. L’ossigeno sta finendo e non si trova più. Mentre il ministero della salute afferma che – nonostante il consumo sia aumentato da 25.000 a 230.000 litri al giorno durante le scorse settimane – l’ossigeno non manchi, video e racconti dei pazienti smentiscono la versione ufficiale. I gruppi facebook sono pieni di messaggi di persone in cerca di una bombola, e l’ossigeno è diventato uno dei prodotti più richiesti sul mercato nero, con prezzi che arrivano fino a 800 dinari (240 euro) per pochi litri. Il doppio del salario minimo tunisino.

Da inizio luglio la Tunisia attraversa la quarta ondata della pandemia, la più violenta, con un aumento dei contagi mai visto prima in un paese che finora sembrava esser sfuggito al peggio. Il 10 luglio, invece, la Tunisia ha registrato il picco di contagi più alto da marzo 2020: 9.286 casi, sottostimati vista la difficoltà d’accesso ai test, per una popolazione di 11 milioni e mezzo di abitanti (poco più della Lombardia). A diffondersi è la variante delta, più contagiosa, che nel giro di pochi giorni ha messo in ginocchio il precario sistema sanitario pubblico tunisino in assenza di misure di contenimento efficaci. Per descrivere la situazione attuale in Tunisia, dove oltre all’ossigeno scarseggiano equipaggiamento medico, mascherine e soprattutto personale, l’ex ministro della sanità Faouzi Mehdi ha parlato senza mezzi termini di “catastrofe”.

Alla catastrofe, però, non è seguito un lockdown generale per timore di nuovi movimenti sociali vista la crisi economica e il continuo aumento dei prezzi dei beni di prima necessità. Ma i lockdown regionali mirati raramente vengono rispettati dalla popolazione, che sui social network come per strada punta il dito contro le istituzioni accusando presidenza, parlamento e governo di aver abdicato dal proprio ruolo lasciando la popolazione in balìa degli eventi. La quarta ondata ha avuto inizio nella zona di Kairouan, governatorato dell’entroterra, per poi travolgere il resto del paese dove anche l’assistenza sanitaria, un diritto garantito dalla costituzione del 2014, risente delle profonde disuguaglianze che dividono la Tunisia tra regioni costiere e regioni interne e meridionali.

Secondo un rapporto del ministero della sanità pubblicato nel 2019, la città costiera di Sousse (nord-est) può contare su 338 medici specialisti nel settore pubblico, mentre Tataouine (sud della Tunisia) conta un solo medico in città. La maggior parte delle regioni dell’interno non è mai stata dotata di posti in rianimazione: Kairouan, per esempio, a marzo 2020 contava un solo posto letto in rianimazione. Oggi ne conta 40, creati in tutta fretta durante l’emergenza sanitaria, ma sempre insufficienti per una popolazione di 600.000 abitanti.

Se i ricoveri continuano ad aumentare, così come le morti dentro e fuori dagli ospedali, è anche perché la percentuale dei vaccinati in Tunisia è ancora molto bassa: solo 913.000 persone, cioè il 7% della popolazione, hanno ricevuto due dosi di vaccino. La Tunisia, che ha iniziato la campagna vaccinale in ritardo di mesi, ha ricevuto solo 3 milioni di dosi. Mentre il meccanismo Covax per un’equa distribuzione globale dei vaccini sembra essersi inceppato, la Cina e la Russia hanno inviato a più riprese vaccini alla Tunisia. Pechino, con cui le autorità tunisine hanno firmato un accordo in tutta fretta a inizio luglio per autorizzare la distribuzione di Sinopharm, ha recentemente inviato al paese 500.000 dosi.

Per provare a frenare l’aumento esponenziale dei contagi, il ministero della sanità ha allora indetto due giornate “open day” in occasione della festività dell’Aid el-Adha per permettere a tutti i cittadini di più di 18 anni di recarsi in un centro vaccinale e ottenere una dose di Sinopharm o Astrazeneca. Dopo ore di attesa, centinaia di persone che si erano riversate in strada, rimaste bloccate fuori dai centri, sono ripartite senza vaccino: non ce n’erano abbastanza. Così quella che voleva essere un’operazione di prevenzione non ha fatto altro che dar luogo a centinaia di assembramenti. In serata, un comunicato della presidenza del governo ha annunciato la destituzione del ministro della sanità Faouzi Mehdi per mala gestione della crisi sanitaria, che c’è chi ha già definito “umanitaria”. A sostituirlo ad interim, in piena emergenza, il ministro degli affari sociali. Il secondo open day vaccinale, previsto per il 21 luglio, atteso da centinaia di persone, è stato annullato durante la notte di martedì.

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