Elegia di un seggio in Ohio

Daniele Raineri

Il cantore dei forgotten man e dell'America profonda diventa trumpiano e si candida per il Senato in Ohio (grazie a dieci milioni di dollari)

James David Vance è l’autore di “Hillbilly Elegy”, un libro tradotto in Italia come “Elegia americana” che nel 2016 divenne il testo simbolo dell’America che votava Donald Trump. Si è appena candidato, a trentasei anni, alle primarie repubblicane che decideranno chi correrà per un seggio rimasto vacante in Ohio e come primo gesto politico è andato in Florida, a chiedere la benedizione politica dell’ex presidente Trump.

Il libro di Vance era un’autobiografia che ruotava attorno a tre generazioni più o meno perdute di forgotten men, gli americani che non vivono nei luoghi che contano del paese come le metropoli sulla costa atlantica o in California. Eccoci, era il sottotesto del libro, i commentatori politici e i grandi media ci ignorano ma noi esistiamo con le nostre vite fatte di lavori in settori industriali in estinzione, abuso di alcol e di stupefacenti, impossibilità di accedere a luoghi di studio prestigiosi e una certa coriacea tendenza a sopportare i colpi più duri dell’esistenza. Quando Trump vinse, molti fecero quasi in automatico il collegamento successivo: questi descritti nel libro non soltanto esistono, ma votano pure ed ecco spiegato il successo del candidato repubblicano contro Hillary Clinton. Come vedremo era una narrazione imprecisa della realtà.

Vance all’epoca era, assieme a molti repubblicani, schierato contro Trump, che considerava “nocivo”. “Sta portando la classe lavoratrice americana verso un luogo oscuro”, diceva, preoccupato dalla capacità di Trump di fare presa su un numero travolgente di elettori con argomenti estremi. Sono passati cinque anni e per lo scrittore le cose sono cambiate parecchio. Lunedì Vance è andato su Fox News a fare pubblica ammenda – e nel frattempo ha cancellato i tweet contro l’ex presidente. “Come tanti, ho criticato Trump nel 2016. Chiedo alla gente di non giudicarmi sulla base di quello che ho detto nel 2016, perché ammetto che ho davvero fatto quelle critiche e me ne pento e mi pento di essermi sbagliato su quell’uomo – ha detto –  Penso sia stato un buon presidente, ha preso molte decisioni buone per la gente e ha incassato molti colpi”. Vance ha aggiunto che anche lui adesso subisce  critiche per il suo sostegno a Trump ma che non importa, “penso che la cosa più importante non è quello che hai detto cinque anni fa ma se sei pronto a incassare colpi per difendere gli interessi del popolo americano”. E’ un pubblico pentimento interessante perché mostra che anche uno come Vance, autore di successo – dal libro è stato ricavato un film con regista Ron Howard distribuito da Netflix – e rappresentante orgoglioso della cosiddetta America profonda in questo periodo ha bisogno dell’approvazione di Trump per essere accettato come possibile candidato.  Il Partito repubblicano non riesce e  non vuole separarsi dagli anni della presidenza Trump, anzi. 

In questi cinque anni, come si diceva, si è anche capito però che la narrazione dei forgotten man e della loro dolente esistenza lontano dall’America cosmopolita  come spiegazione per l’ascesa di Trump non funziona. Le statistiche dicono che nel 2019 gli elettori di Trump erano in media più ricchi e avevano lavori migliori e più stabili degli elettori di Biden. E quanto all’America trascurata, è difficile sostenere che per esempio un operaio nero del Michigan che vota democratico sia in qualche modo privilegiato o meno genuino come cittadino americano rispetto agli elettori trumpiani. Gli elettori di Biden non sono tutti redattori del New York Times, come vorrebbe la retorica repubblicana. E i settanta milioni di americani che hanno votato per Donald Trump lo hanno fatto per ansie e motivazioni che nella maggioranza dei casi non c’entrano con la storia raccontata nel libro da Vance. Che nel frattempo prima di volare in Florida per ottenere l’approvazione di Trump ha ricevuto dieci milioni di dollari di finanziamento dal miliardario Peter Thiel per la sua campagna elettorale. Lo scrittore è un uomo con buone connessioni e uno sponsor molto ricco che ha cambiato idee politiche per ambizione, ma ci tiene ancora a incarnare il ruolo di forgotten man prestato alla carriera in Senato. Cinque giorni fa per annunciare la sua candidatura al Senato dopo mesi di indagini di mercato ha scelto una platea di circa trecento persone nel cortile di una fabbrica di tubi di acciaio nella sua città natale e nella prima parte del suo discorso ha ricordato la sua infanzia in una famiglia umile. 

 

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  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)