Stoici, non fighetti

Più educazione civica contro i fanatici trumpiani? Non servirebbe, dice Tom Nichols

Priscilla Ruggiero

La democrazia americana (e non solo) sta attraversando una crisi epistemica. Le motivazioni illustrate sul New York Times dal commentatore conservatore David Brooks e la risposta del professore Tom Nichols, in uscita ad agosto con un nuovo libro 

“Ignoriamo a nostro rischio e pericolo l’idea che una classe media annoiata e benestante sia il vero pericolo qui. Dobbiamo smetterla di inventare scuse nobili per idee illiberali”. Questo è il commento di Tom Nichols, autore del saggio “La conoscenza e i suoi nemici”, all’articolo del New York Times “Come distruggere la verità” di David Brooks. L’opinionista del Nyt differenzia due grandi riserve di conoscenza; la prima è quella emotiva e morale, che contiene la conoscenza di chi siamo come popolo, della storia dei conflitti che ci legano insieme. Questa, secondo Brooks, dovrebbe darci un senso di identità e di ideali da rispettare: uguaglianza, prosperità, libertà. La seconda conoscenza per Brooks è quella proposizionale. Quella empirica, che acquisiamo attraverso la ragione, la prova logica e l’analisi rigorosa. 


L’America sta attraversando una crisi epistemica. Se per molti il problema è intellettuale e va ricercato nella seconda conoscenza, quella proposizionale, per Brooks risiede invece in quella morale: il crollo della fiducia e l’aumento dell’ostilità sono problemi emotivi. Donald Trump “se la cava con le sue bugie perché racconta storie di espropriazione che sembrano vere per molti di loro”, persino gli studenti delle scuole d’élite mancano di capacità analitiche. Secondo l’opinionista il vero problema è nell’istruzione: non deve basarsi solo su ragione e capacità di pensiero critico, ma deve comprendere anche la capacità di raccontare esperienze emotive e storie su noi stessi.

 

Il professore Tom Nichols non la pensa così. Crede che Brooks sbagli a pensare che più “educazione civica” possa risolvere le ingiustizie nel mondo, perché “non puoi educare un pubblico moralmente alla deriva, benestante e annoiato allo stoicismo, alla tolleranza e alla liberalità”.  Sì, l’ordine sociale è ingiusto, ci sono “forgotten places” che generano disperazione. Ma il problema centrale per Nichols è che chi guida queste accuse non sono le principali vittime dell’oblio e dell’ingiustizia. A guidarle ci sono i bianchi a reddito medio e i ragazzi della Ivy League e non i diseredati del paese, quelli che “non votano per aver gridato troppo forte”. Le loro sono le vere storie a cui la borghesia annoiata dovrebbe credere. 

 

“Se ti chiedi perché i ragazzi super-privilegiati o i pensionati in condomini carini siano così arrabbiati, è perché è bello essere arrabbiati. Altrimenti, la vita diventa questione di trovare un lavoro (se sei giovane) o semplicemente di accettare il crepuscolo dell’età”: è per questo che per Nichols l’errore risiede nel prendere in considerazione le persone meno serie nelle loro obiezioni sulla democrazia moderna, lasciando che siano loro a stabilire i parametri del liberalismo. L’unica soluzione rimane quella di essere noi stessi: “smettere di coccolare le persone che chiedono di rispettare la propria rabbia infantile, e rifiutare di accettare i termini del dibattito imposti dai bambini capricciosi di ogni età”.

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