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guerra pianificata

La strategia della saturazione di Hamas per colpire Tel Aviv

Daniele Raineri

Un record di quasi ottocento razzi in 26 ore per confondere i sistemi di difesa e uccidere civili israeliani

Oggi la guerra fra Israele e i gruppi armati palestinesi della Striscia di Gaza si è intensificata, anche se è evidente che non c’è alcun obiettivo realistico a portata di mano. Da parte dei palestinesi sparare molti razzi per molti giorni contro le città israeliane non smuoverà la situazione e non cambierà l’equilibrio di forza fra i due schieramenti e da parte israeliana i raid aerei non infliggeranno danni definitivi alle fazioni armate di Gaza. E’ un conflitto a scopo dimostrativo, una prova generale in attesa di sviluppi futuri e che intanto provoca morti e feriti da entrambe le parti – ventotto palestinesi uccisi sotto i bombardamenti secondo il ministero della Sanità di Gaza e due donne israeliane uccise da un missile nella città di Ashkelon e una a Tel Aviv. E allora vediamo come sta andando questo test terrificante.  

 

L’ultimatum di lunedì scadeva alle sei di sera, i primi lanci di razzi sono cominciati pochi minuti dopo e martedì alle sei di sera il numero di razzi sparati da Gaza verso Israele era intorno ai 630. Due ore dopo Hamas ha sparato un altro sciame di 130 razzi contro la città di Tel Aviv e alcuni sono andati a segno — le prime notizie dicono: una donna uccisa — come risposta contro l’abbattimento di un palazzo di tredici piani a Gaza che faceva da sede per il gruppo. Un attacco di questa portata contro Tel Aviv non si era mai visto prima ed è chiaro che Hamas non lo ha improvvisato, ma lo ha piuttosto eseguito secondo un piano definito molto in anticipo, che ora descriveremo. Subito dopo la salva di 130 razzi, i jet israeliani hanno abbattuto un altro palazzo di molti piani nella Striscia di Gaza, a mo’ di controrisposta. 

 

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I gruppi armati palestinesi stanno tentando la cosiddetta “strategia della saturazione”. La strategia della saturazione è il grande argomento che riempie questi anni di preparativi in attesa di un grande conflitto futuro. Ne parlano i gruppi palestinesi a sud, ne parlano le forze militari di Israele prese in mezzo e ne parla anche la milizia libanese di Hezbollah a nord. L’idea è che lanciando moltissimi razzi forse sarebbe possibile saturare le difese missilistiche israeliane, che si basano su sistemi automatizzati che rispondono in frazioni di secondo ai lanci di razzi da terra.  

 

Di solito i computer leggono la prima parte della traiettoria del razzo, a partire da quella calcolano il resto della traiettoria e quindi dove andrà a colpire e sempre in tempi ultrarapidi prendono una decisione: se il razzo è destinato a cadere in una zona disabitata lo lasciano passare – perché abbatterlo è molto costoso – e se invece è diretto contro una zona abitata lo abbattono con un contro-missile. Questa routine di funzionamento ha una percentuale di successo abbastanza alta. I gruppi armati nemici di Israele studiano la questione e sono sicuri che con un numero enorme di lanci fatti tutti assieme possono sovraccaricare i sistemi automatizzati di difesa, che oltre un certo numero di razzi non riuscirebbero più a gestire la situazione come un cameriere con troppi piatti in mano. Per questo motivo ieri mattina abbiamo visto le scene di questi lanci simultanei di razzi che sono intercettati nel giro di pochi secondi e lasciano tutto un reticolo di scie bianche e di sbuffi quando esplodono ancora innocui ad alta quota nel cielo sopra Ashdod e Ashkelon. E per lo stesso motivo ieri sera abbiamo visto centinaia di razzi e controrazzi illuminare come Ufo lo spazio aereo di Tel Aviv. Le volate di ordigni sono prove per saggiare le capacità di risposta del sistema – e allo stesso tempo i gruppi di fuoco che lanciano i razzi preferiscono farlo assieme perché sanno che i jet israeliani vanno a caccia dei siti di lancio e quindi sparare nello stesso momento rende la caccia più complicata. 

Questa strategia della saturazione spiega perché Hamas e gli altri gruppi armati lavorano così intensamente al loro arsenale di razzi. Nell’inverno 2008, durante i ventidue giorni dell’operazione Piombo fuso spararono 660 razzi. Nel 2012, durante gli otto giorni dell'operazione Pilastro di difesa spararono 1.506 razzi. Nell’estate 2014 durante i 42 giorni dell’operazione Bordo di protezione spararono più di 3.300 razzi (dati presi dal Journal of Global Security Studies dell’aprile 2018). Nel maggio 2019 spararono in meno di due giorni 690 razzi. E’ una crescita costante. Ora, come si diceva prima, sono arrivati a 760 in 26 ore. A mezzogiorno di ieri i gruppi palestinesi hanno lanciato in pochi minuti più di cento razzi contro la città di Ashkelon, dove le sirene hanno mandato tutta la popolazione dentro i rifugi più volte. Secondo il giornalista Emanuel Fabian, di Times of Israel, il sistema Iron Dome che proteggeva la città si inceppato e sei razzi non sono stati intercettati. Uno ha distrutto una scuola elementare, che però era vuota perché la Difesa israeliana aveva annunciato la sospensione delle lezioni a causa della guerra. Altri razzi hanno colpito alcuni edifici e il porto, hanno distrutto una macchina e hanno centrato e incendiato un bacino di carburante. 

 

I gruppi palestinesi usano anche altri stratagemmi per colpire i civili israeliani. Ieri hanno sparato un missile Sejjil di progettazione iraniana, che non segue la solita traiettoria curva ma è piuttosto un tiro teso che inganna i sistemi di difesa: ha volato parallelo al suolo e molto basso per dieci chilometri, ha forato la facciata di un palazzo residenziale di Ashkelon e ha ucciso due donne. Hamas ha rivendicato la nuova tattica in un comunicato. Un altro gruppo armato, il Jaysh al Saraya, ha rivendicato l’uso del missile iraniano Badr-3, che porta una testata con 250 chilogrammi di esplosivo, sempre contro Ashkelon. Com’è noto, i gruppi palestinesi della Striscia hanno come punto di riferimento l’Iran, che provvede armi e finanziamenti. In questa corsa agli armamenti, Iran e gruppi palestinesi alzano il livello di pericolosità e gli israeliani aggiornano i loro piani di protezione. Se le difese israeliane nella zona fossero rimaste quelle di quindici anni fa, le perdite sarebbero molto più pesanti. 

Come nota Associated Press, non è chiaro se alcune delle vittime palestinesi sono state uccise dalle bombe degli aerei o da razzi caduti troppo corti. Circa un terzo dei razzi palestinesi, secondo l’esercito israeliano, non cade in Israele ma a Gaza. 
 

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  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)