Bruce Springsteen e Barack Obama, in una foto del 2008, durante un'iniziativa elettorale a Cleveland (Ansa)  

Il podcast dei “renegades”

Seducenti come Obama e il Boss nessuno, ma oltre il ranch c'è un'altra America

Stefano Pistolini

Otto episodi e una chiacchierata tra vecchi amici: l'ex presidente americano e Bruce Springsteen, insieme per ridefinire il progressismo, per trovare il "modo di connettere i percorsi individuali verso una comune ricerca di verità"

 

Il titolo non è granché, anzi contiene un po’ dello snobismo chic che può costituire il dato fastidioso dell’operazione: “Renegades: Born in the Usa”. C’è poco di “rinnegato” nella vita e nelle opere dei due protagonisti in questione, il 44esimo presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, e il perenne boss della canzone d’oltreoceano, Bruce Springsteen. Due trionfatori del meccanismo sociale americano che permette l’emersione ai livelli supremi di chi possieda talento, lucidità e perseveranza. Sì, forse due “outsiders”, ma due vincenti che hanno rovesciato i pronostici, raggiungendo il riconoscimento globale della propria personalità e dei modelli in essa contenuti. La fase di carriera nella quale si trovano a vivere tanto Barack che Bruce permette loro di giocare in libertà e dunque d’inventarsi questa bizzarra ma interessante operazione, un podcast trasmesso in esclusiva da Spotify, assemblato in otto episodi da 40/50 minuti (i primi due già disponibili), in cui il loro duetto dai toni informali – una chiacchierata tra vecchi amici – nasconde la volontà di rilanciare questioni tutt’altro che trascurabili. 

 


Ecco i primi parametri dell’operazione: la scelta dello strumento, l’agilissimo podcast, costi bassi, tempi di realizzazione rapidi, accessibilità istantanea da ogni angolo del pianeta. Poi i toni: ironia da confidenze in cucina o sotto il portico, empatia, alleanza assodata, celebrata da questa comune iniziativa, studiatamente casual. E poi l’obiettivo, forse nato per caso, ma poi focalizzato con attenzione da Obama, alla ricerca – adesso che Trump, “il successore diametralmente opposto”, è stato dimesso – di un posizionamento efficace per il resto della carriera che lo attende (ha solo 59 anni, Springsteen 71) condannato com’è a costituire la famosa luce sulla collina per mezza America e mezzo occidente.

 


Sorge quindi presto il sospetto, ascoltando il primo episodio (titolo: “Un’amicizia improbabile”) che, sotto la sbandierata accidentalità della vicenda, si nasconda un’intenzione precisa, ovvero la ricerca di un linguaggio (e dei media giusti per diffonderlo) che raggiunga un pubblico diffuso e lo conquisti, laddove i misurati memoir, come quello appena scritto da Barack, lasciano il lettore più distante. Perché l’ambizione mascherata del progetto è importante, e va a braccetto col molto discusso spot interpretato da Springsteen per la Jeep, trasmesso alla nazione dai teleschermi del Superbowl. Il messaggio è lo stesso: apriamo la discussione per ritrovare il segno che il paese ha smarrito. “In apparenza, io e Bruce non abbiamo molto in comune. Ma negli anni abbiamo scoperto di avere una sensibilità condivisa – sul lavoro, sulla famiglia, sull'America. A modo nostro abbiamo fatto viaggi paralleli, cercando di comprendere questo paese che ci ha dato tanto”, dice Obama introducendo il progetto, che è stato registrato nella fattoria-studio di Springsteen nel New Jersey, tra luglio e dicembre 2020 (la prima volta mentre tornava dall’aver pronunciato l’elogio funebre del suo eroe John Lewis). Ed è Barack a condurre il gioco mentre il Boss si presta a giocare da sparring partner: “Lui è un bianco, qui del New Jersey, io un nero sangue misto, nato alle Hawaii. Lui è un’icona del rock’n’roll. Io non sono altrettanto cool. Ma abbiamo scoperto di condividere la fede nell’idea americana, non come atto di nostalgia, ma come il compasso che regoli il duro lavoro che ci attende”. 

 

 

Il dado è tratto: i due maestri della forma e ricamatori di contenuti puntano alto nella loro ridefinizione del progressismo: “Dobbiamo rintracciare una narrazione unitaria e il modo di connettere i percorsi individuali verso una comune ricerca di verità”. Mica poco per una chiacchiera da caffè. Per cui ci s’inoltra nell’ascolto con la sensazione che i due vogliano parlarci di cose serie, dopo averci messo a nostro agio. Si può fare? Si può ritrovare l’intento collettivo sotto la grande tenda piantata al centro del terreno? Seducente. Ma la perplessità resta nella confezione teorica del messaggio, intriso di ottimismo e positività elitaria. Perché oltre lo steccato di quel ranch la realtà dell’America d’oggi ha tinte molto meno soffuse.

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