Chi è Scott Atlas, l'anti-Fauci che piace tanto a Trump
E' un neuroradiologo, ma il presidente americano vuole affidargli la gestione della pandemia. E lui ha un testa un modello pericoloso: la Svezia. Perché l'ultima trovata di The Donald non promette nulla di buono
Prendere un neuroradiologo e mettilo a occuparsi di una pandemia. Suona strano, vero? Un po’ come andare dal cardiologo se si ha mal di denti. Eppure tant’è. Al momento, il più ascoltato consigliere di Donald Trump in tema Covid è il neuroradiologo Scott Atlas che ha scalzato dai vertici della task force anti Covid i virologi di fama mondiale Anthony Fauci e Deborah Brix. Non ci sarebbe niente di male, intendiamoci, se il Covid fosse una faccenda di neuroradiologia. Ma poiché si tratta di una malattia polmonare virale, vien da chiedersi perché il suo nome sia stato preferito a quello dei più famosi e importanti virologi ed epidemiologi del mondo. La ragione di tanto favore incontrato alla Casa Bianca starebbe nel fatto che Atlas, come ha avuto modo di spiegare più volte nelle sue ospitate su Fox News (la rete tv preferita da Trump e dai trumpiani) è un sostenitore del fatto che più Covid in giro c’è meglio è, perché l’unico modo per sconfiggere la malattia è raggiungere l’immunità di gregge.
E per questo, dunque, non solo i lockdown, le mascherine e i distanziamenti sociali, non servirebbero a nulla, ma al contrario sarebbero controproducenti, con buona pace di quel che sostenevano Fauci e Brix che, forti dei loro studi pluridecennali in epidemiologia e malattie virali, di mascherine e lockdown sono stati gli aedi. Secondo Atlas, che invece è forte dei suoi studi in neuroradiologia, il modello ideale per sconfiggere il Covid è quello della Svezia: nessun lockdown, virus libero di circolare e cura, laddove possibile, dei malati. Per tutti gli altri, chi vivrà vedrà.
L’idea dell’immunità di gregge e della fine dei lockdown, piace molto a Donald Trump, che non ha nessuna voglia di affrontare una campagna elettorale intestandosi un disastro economico, ma che preferisce se ne verifichi uno sanitario, convinto com’è di poterne addossare la colpa agli odiati cinesi, portatori (o, perché no, addirittura inventori…) del China-Virus. Così Trump, che come è noto, adora chi gli dice quel che vuole sentirsi dire e detesta chi lo contraddice, ha relegato in secondo piano Fauci e Brix e messo al vertice del gruppo anti Covid il dottor Atlas. Gli auguriamo buona fortuna, anche perché una decisione del genere assomiglia a una scommessa che, se dovesse rivelarsi sbagliata, potrebbe costare a lui la rielezione e a migliaia di americani la vita (negli USA siamo a sei milioni di casi e a 180 mila morti). Così, mentre gli USA si preparano ad allentare, laddove i governatori locali lo dovessero consentire, le misure di distanziamento sociale, non resta che guardare a come sono andate le cose nel paese che Washington e il dottor Atlas hanno erto a loro modello: la Svezia. Male, duole dirlo. Il tasso di mortalità è stato peggiore di quello registrato sino ad ora negli USA: 572 morti per milione contro i 569 degli Stati Uniti (e contro i 587 dell’Italia).
L’economia svedese, poi, non sembra aver tratto grandi benefici dal mancato lockdown (si prevede una contrazione del 5%, meno peggio che altrove, ma comunque grave) e, infine, l’immunità di gregge appare ben lungi dall’essere raggiunta, visto che solo il 7% degli svedesi sembra aver sviluppato anticorpi Covid-19, contro il 70% che sarebbe necessario all’immunità (i numeri salgono al 15% a Stoccolma: meglio ma comunque non abbastanza).
Infine, il sito Healtline fa notare come, anche se il modello svedese si fosse rivelato un successo, comunque sarebbe difficilmente replicabile negli Stati Uniti, sia per ragioni di densità della popolazione (la Svezia ha circa 10 milioni di abitanti) sia per ragioni di salute generale dei cittadini (in Svezia il tasso di obesità è del 13% contro il 40% degli americani, tanto per dirne una). Dati che sembrano non interessare nè Atlas (che nel frattempo per le sue controverse opinioni sul CoVid è stato persino depennato da alcune trasmissioni di Fox News) né Donald Trump che ha cose ben più importanti di cui curarsi: la sua campagna elettorale.
L'editoriale dell'elefantino