New York è uno dei sette stati che hanno superato la soglia di 100 mila casi, gli altri sono Texas, California, New Jersey, Illinois, Massachusetts e Florida (foto LaPresse)

In America è tutto un focolaio

Paola Peduzzi

Negli Stati Uniti la pandemia peggiora ovunque e velocemente. Gli ultimi dati, un caso esemplare e i fuochi di Trump

Milano. La pandemia di coronavirus “sta peggiorando drammaticamente in ogni angolo degli Stati Uniti”, scrive il sito Axios, con il suo consueto tono asciutto. Lo scenario peggiore di cui si parlava a maggio – “una crisi a livello nazionale peggiorata da un vuoto di leadership politica che minaccia ospedali già sopraffatti e che va fuori controllo” – sembra vicino, anzi è già qui. Il New York Times ha pubblicato uno speciale dal titolo “Come il virus ha vinto” che ricostruisce i casi isolati dell’inizio e poi il contagio progressivo e inarrestabile, frammezzato da affannose misure di contenimento e da una cocciuta volontà di ripartire a ogni costo una volta che i dati del contagio sono lievemente migliorati. Il quotidiano newyorchese – lo stato di New York è uno dei sette stati che hanno superato la soglia di 100 mila casi, gli altri sono Texas, California, New Jersey, Illinois, Massachusetts e Florida – dice in modo esplicito che “nel momento cruciale, i leader americani erano settimane o mesi in ritardo rispetto alla realtà dell’epidemia. Questi ritardi sono costati con tutta probabilità decine di migliaia di morti”. Ma anche questa consapevolezza è difficile da gestire. Prendiamo il Texas. Il governatore repubblicano Greg Abbott ha deciso la riapertura a maggio, desideroso di far parte dell’insistente progetto di Donald Trump di tornare alla normalità il prima possibile. L’ordine di restare a casa è durato 28 giorni, uno dei lockdown più brevi del paese. Attività commerciali, ristoranti, bar, mall, parrucchieri, palestre: tutto è stato riaperto rapidamente. Dalla fine di maggio, la media giornaliera di nuovi casi di coronavirus è passata da 1.500 a 3.500. La percentuale di test positivi è passata da 4,5 a 9, e gli ospedali si stanno riempiendo. Mercoledì è stato toccato un record: 6.200 casi in un giorno, non era mai successo prima, nemmeno ad aprile. Così Abbott è stato costretto a dire: “A meno che non dobbiate uscire, il posto più sicuro per tutti è casa vostra”. E mettetela, la mascherina.

 

Abbott ha detto che la pandemia sta crescendo a un “ritmo inaccettabile” e ha precisato: “So che alcuni pensano che portare la mascherina sia scomodo o una violazione della propria libertà, ma io so anche che la mascherina ci permetterà di tenere aperto il Texas”. Chiudere di nuovo è una “last option”, ma gli assembramenti che prima potevano raggiungere anche le 500 persone ora non devono superare le 100, e la mascherina è già stata reintrodotta dal 17 giugno in tutti gli uffici pubblici, in molte aziende e locali.

 

Il “voltafaccia” di Abbott, come è stato definito dai suoi rivali democratici – il Texas è lo stato più grande a guida repubblicana, ma nelle città le amministrazioni sono democratiche e per novembre molti cullano il sogno di far cambiare colore all’intero stato – è risuonato in tutto il paese, dove l’ultima settimana è stata molto preoccupante. Ventisei stati registrano un innalzamento del numero dei contagiati e il fatto che si facciano più test non giustifica i numeri crescenti. Anche la questione test è diventata controversa perché il presidente Trump ha detto di voler tagliare gli aiuti federali agli stati per organizzare i test: sembrava una delle sue battute sull’eccessiva drammatizzazione della pandemia, ma non lo era e ora in alcuni stati – anche in Texas – si sta valutando l’ipotesi di sospendere questi aiuti.

 

L’incertezza dei numeri e della politica condiziona mercati e andamento della ripresa. Ieri sono stati pubblicati i dati sulla richiesta dei sussidi di disoccupazione: è la quattordicesima settimana di fila che questo numero supera il milione (nell’ultima settimana sono arrivate un milione e mezzo di richieste). L’Accountability Office del governo ha rivelato una grande inefficienza nella distribuzione dei quasi tremila miliardi di dollari elargiti agli americani per contrastare il crollo economico: 1,4 miliardi sono stati destinati a persone morte. Il problema della politica oggi è garantire la sicurezza dalla pandemia senza generare un nuovo panico: al secondo giro – o forse è la coda del primo: si è riaperto troppo in fretta – è tutto più difficile. E mentre gli ottimisti guardano i segnali di ripresa rapida (è a forma di V!) e i cauti mettono in guardia dallo scenario più deprimente (la ripresa a W), un’economista dell’Economic Policy Institute, Heidi Shierholz, dice: “Non abbiamo una parola per descrivere il fatto che siamo in un’economia depressa che sta crescendo”. Così come non c’è una parola per descrivere il fatto che Trump sia andato ieri a fare un sopralluogo per organizzare i fuochi d’artificio al Monte Rushmore la sera del 3 luglio e dare il via alle celebrazioni del giorno dell’Indipendenza: c’è il pericolo degli incendi, e quello del virus.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi