Il 28 giugno la Francia torna al voto per il secondo turno delle elezioni amministrative (foto LaPresse)

Il futuro macroniano

Mauro Zanon

Per le municipali (e dopo) Lrem, che perde pezzi, cerca alleanze e fusioni. E guardano tutte a destra

Parigi. Non c’è molto ottimismo nella République en marche (Lrem) per il secondo turno delle elezioni amministrative. Le speranze di conquistare le grandi metropoli il prossimo 28 giugno sono ridotte al lumicino, l’elezione di 10mila consiglieri su 500mila sarebbe già un successo e i malpancisti all’Assemblea nazionale iniziano a essere un po’ troppi. Il partito di Macron sta attraversando la prima “crisi esistenziale” da quando è apparso nel panorama politico francese, ha scritto ieri il Monde. Una crisi provocata da una campagna elettorale zoppicante e da un’inquietante moltiplicazione di dissidenze. L’ultima, in ordine cronologico, ha visto protagonista l’ex ministro dell’Interno, Gérard Collomb, colui che per primo aveva sostenuto l’inquilino dell’Eliseo quando aveva lanciato En Marche! nel 2016, e che ora gli volta le spalle alleandosi con l’ala destra dei Républicains (Lr) a Lione, quella di Laurent Wauquiez. Stanislas Guerini cerca di rassicurare le truppe, ma sa bene che il 28 giugno non sarà una data da ricordare per Lrem.

 

 

Parigi doveva essere la vetrina del rinnovamento macronista, e invece rischia di trasformarsi nell’epicentro di un fallimento nazionale, fatto di scelte improvvide, candidati inadeguati e strategie sbagliate. Benjamin Griveaux era già debole prima ancora di ufficializzare la sua candidatura e di uscire di scena in maniera poco gloriosa per uno scandalo osé. Cédric Villani, il matematico dandy, continua a fare il riottoso, il marcheur insubordinato, anche se questo non lo porterà da nessuna parte. E Agnès Buzyn, ex ministra della salute, è diventata la vittima sacrificale, obbligata a mantenere la sua candidatura per salvare la faccia della macronia. A Lione, Lrem non ha più candidati ufficiali, e a Lilla, Marsiglia, Rennes e Nantes non ha la forza per cambiare le sorti del primo turno.

 

Per questo, nonostante i molti dossier sul tavolo legati alla crisi sanitaria, Macron ha deciso di intervenire in prima persona nella questione municipali. Secondo quanto riportato dall’Opinion, sarebbe lui l’artigiano dell’accordo tra Lrem e Lr a Bordeaux, tra Thomas Cazenave e il sindaco uscente Nicolas Florian. “La République en marche non poteva essere all’origine di una vittoria della sinistra nella città di Juppé. La pressione di Macron e Philippe su Cazenave affinché si alleasse al candidato Lr deve essere stata molto forte”, ha detto all’Opinion un osservatore politico. E l’attivismo di Macron e del suo primo ministro avrebbe portato a chiudere anche altre alleanze locali con i gollisti.

 

 

A Strasburgo, per esempio, Alain Fontanel (Lrem) e Jean-Philippe Vetter (Lr) hanno trovato un accordo in extremis per presentarsi mano nella mano al secondo turno delle comunali, con l’obiettivo di vanificare l’avanzata dell’ecologista Jeanne Barseghian. Una fusione macronian-gollista è andata in scena anche a Clermont-Ferrand tra Eric Faidy e Jean-Pierre Brenas, nella speranza di strappare la città a un lungo strapotere socialista, oltre che a Rouen, Amiens e Angers. A Perpignan, altro comune sensibile, il candidato macronista ha deciso di ritirarsi per “fare blocco” contro il prescelto del Rassemblement national (Rn), e lasciare maggiori speranze di vittoria al candidato indicato da Lr.

 

Tenuto conto del forte tasso di astensionismo che ha caratterizzato il primo turno di marzo, i responsabili della maggioranza cercheranno di minimizzare il tracollo annunciato del 28 giugno. Ma “sarebbe un errore”, sottolinea il Monde, perché la situazione in cui si trova Lrem in queste elezioni municipali è rivelatrice di un malessere più profondo. Il partito è in difficoltà, e anche il gruppo parlamentare macronista non è in gran forma. La fuoriuscita, due settimane fa, di altri sette deputati, entrati a far parte del gruppo Ecologia, democrazia, solidarietà, ha tolto certezze a Macron e soprattutto la maggioranza assoluta. A inizio della legislatura erano 314 i deputati macronisti: ora, dopo la fuga degli ultimi eretici, sono 288. Di questi fa parte anche Villani, il portabandiera della dissidenza. “Non vedo l’ora che arrivi il 29 giugno”, ha sussurrato un ministro, impaziente di chiudere la parentesi municipali.

 

A prescindere dall’entità della sconfitta, il rimpasto ministeriale di cui si vocifera sarà orientato verso destra: per tenere buono François Bayrou e il suo Modem, senza cui Macron non avrebbe la maggioranza assoluta, e per rafforzare un’alleanza macronian-gollista che punta a isolare gli estremi anche in vista delle presidenziali.

Di più su questi argomenti: