Il presidente Donald Trump con il governatore della Florida, Ron DeSantis (foto LaPresse)

I nonni della Florida

Luciana Grosso

Gli ultimi sondaggi dello stato “swing” d’America preoccupano Trump. I numeri, la pandemia e quei preziosissimi 29 delegati

È sempre la Florida. Sempre lei. È  questo stato, grande ma non enorme, ricco ma non ricchissimo, bianco ma non bianchissimo, che attira su di sé le attenzioni dei comitati elettorali e degli strateghi, all’approssimarsi di ogni scadenza elettorale. È qui che, molte volte (almeno tre negli ultimi 30 anni) si sono decise le sorti della presidenza. Ed è qui che, con ogni probabilità, si decideranno anche quelle delle elezioni del 2020. 

 

È successo nel 1992, quando solo un punto percentuale separò Bill Clinton da George H. Bush; è successo nel 2000, quando 500 voti (sì, 500) decisero l’assegnazione dello stato e delle elezioni (Al Gore concedette a George W. Bush dopo più di un mese di ricorsi e riconteggi, più per sfinimento che per altro); è successo ancora nel 2016, quando contee della Florida scelsero Donald Trump su Hillary Clinton e poi il resto lo sapete. 

E così, anche oggi, a sei mesi dal voto, è a questo posto di spiagge, paludi, villette a schiera e ricoveri per anziani che il presidente Trump guarda con più preoccupazione. Perché perdere lo stato, per lui sarebbe gravissimo.

 

Non solo per il peso numerico dei grandi elettori (29 su 538, sembrano pochi, ma sono tantissimi) ma anche per il segnale che lo svantaggio (momentaneo) nei sondaggi che arrivano da Miami comporta: la Florida è, nella vulgata e nei fatti, lo stato degli anziani bianchi che qui trovano il loro buen ritiro, fatto di clima dolce e villette a schiera (avete presente il telefilm “Cuori senza età”? Ecco, così). E gli anziani bianchi sono stati, in questi anni, un serbatoio quasi inesauribile di voti per Trump.

 

 

Ora quel serbatoio di voti pro Trump potrebbe diventare un serbatoio di voti per Biden, spinto verso il candidato democratico dal Covid (malattia che, appunto, riguarda gli anziani più e peggio di tutti) e dalle risposte incerte, confuse, scomposte e inconcludenti di Trump dinnanzi all’epidemia.

 

Secondo i sondaggi la Florida potrebbe pendere dalla parte di Joe Biden non perché, d’improvviso, i suoi canuti abitanti siano diventati dei bolscevichi, ma perché il CoVid (con tutto il suo corollario di sventure) ha messo in luce l’inadeguatezza e l'insipienza di Trump: è un’equazione semplice, gli elettori di Trump sono anziani, in Florida il 21% della popolazione ha più di 65 anni, il CoVid riguarda, soprattutto, gli anziani e da Trump ci si attendevano risposte, protezione, aiuto che non sono arrivati. Così i suoi elettori potrebbero fare due più due. Saranno anche anziani, ma la testa gli funziona ancora.

 

Scrive il Washington Post che “lo scetticismo nei confronti del presidente tra gli anziani è arrivato quando le loro vite sono state drasticamente modificate dal coronavirus, che ha attraversato case di cura e comunità di pensionati in tutto il paese. In Florida, oltre l'80% delle oltre 2.000 persone uccise dal virus ha superato i 65 anni, secondo un'analisi del Tampa Bay Times. La costernazione è profonda tra alcuni di coloro che sono fedeli al presidente. I 7000 pensionati del Century Village a West Palm Beach, frustrati dal fatto che non siano stati fatti loro test, hanno assunto una società privata”. Un’analisi cui fa eco quella del New York Times: “Il cambiamento demografico è abbastanza nuovo, ed è in parte legato ai briefing sul coronavirus di Trump, ai quali spesso dispensava informazioni contrastanti, fuorvianti e talvolta pericolose che causavano allarme tra una popolazione vulnerabile”. 

 

Insomma, Trump potrebbe perdere terreno tra i suoi elettori più affezionati e per di più in uno stato cruciale perché, tra le tante cose che Trump (non è il solo, occorre dargliene atto) non aveva previsto e che non riesce a controllare (non è il solo, occorre dargliene atto) c’è stato l’arrivo di una pandemia letale, soprattutto per gli anziani. I suoi anziani. 

Così, quest’anno, più del solito la Florida è diventata terreno di scontro e conquista. A guardare i sondaggi, si potrebbe dire che qui 29 grandi elettori servano più a Trump che a Biden, che ha margini più ampi in altri stati in bilico, come il Michigan o il Wisconsin. Ma non è detto. 

 

 

E dunque è qui, più che altrove, che i due candidati potrebbero giocare i loro assi. Per esempio, qui, Joe Biden potrebbe scegliere la sua vice: tra i nomi in lizza c’è anche quello di Val Demings, deputata, afroamericana, nata poverissima e ex capo della polizia di Orlando (la prima donna, in questo ruolo).

 

 

D’altro canto, qui, Trump potrebbe spostare, all’ultimo minuto, la sua convention di agosto. Il programma vorrebbe che la grande riunione dei repubblicani si tenesse (regolarmente, ma chissà) a Charlotte, in North Carolina. Il governatore dello stato, il democratico Ray Cooper, ha però fatto sapere di non avere nessuna intenzione di autorizzare l’assembramento di migliaia di persone in un centro congressi. Per questo Trump sembra intenzionato a prendere la palla al balzo e a spostare baracca e burattini in Florida. Lì c’è un governatore repubblicano, Ron DeSantis che farebbe meno il difficile, e soprattutto lì la ricaduta positiva di propaganda repubblicana serve di più.

 

 

Certo, ci sarebbe il problema che uno stato pieno zeppo di anziani sia l’ultimo posto al mondo dove portare migliaia di persone da tutto il Paese. Ma pazienza. Del resto, si sa, con un po’ di antimalarico passa tutto, no?

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