Tutto su Times Radio, l'ultimo attacco del gruppo Murdoch alla Bbc

Cristina Marconi

Sulla frontiera dell’audio journalism, “l’ultima avventura digitale della più antica e grandiosa testata giornalistica”

Londra. La mattina tra le 6 e le 9 chiunque nutra un certo interesse per le cose del mondo nel Regno Unito ascolta il Today programme su Bbc Radio 4: è un rito middle class come il tè e il giardinaggio. Ma alla fine dell’estate, malgrado l’economia piegata dalla pandemia, sulle rive del Tamigi nascerà Times Radio, emittente legata all’antico quotidiano di area conservatrice, pubblicato fin dal 1785, di proprietà di Rupert Murdoch. Cresciuto un po’ in sordina e annunciato il 28 gennaio scorso, il progetto sta progressivamente rivelando la sua portata: l’ultimo ad aver aderito è stato Tom Newton-Dunn, a capo della sezione politica del Sun, quotidiano da più di un milione di copie sempre di casa NewsCorp, che commenterà la politica assieme a una qualificatissima schiera di volti e voci note, alcune delle quali provenienti proprio dalla sfibrata Bbc grazie a offerte economiche definite “sconvolgenti” come il vicedirettore politico John Pienaar, e Aasmah Mir, pluripremiata voce del weekend di Radio4. Mir, con una stoccatina alla casa madre, ha detto che quello che condurrà la mattina “è il programma con il quale per anni ho sognato di svegliarmi”.

 

Tra qualche mese, oltre a prevedere un faticoso zapping radiofonico, chiunque nutra un interesse per le cose del mondo non potrà non restare ipnotizzato dal modo in cui l’ottantanovenne Rupert Murdoch sta sferrando l’ennesimo attacco frontale al servizio pubblico puntando dritto a un santuario intoccabile delle news, complice un governo che non ha mai fatto mistero di voler indebolire la Bbc e un pubblico che, spiaggiato sul divano con la crisi del coronavirus, ha scelto Netflix per affrontare il lockdown. Sebbene la Beeb stia facendo egregiamente la sua parte con lezioni di David Attenborough, programmi di ginnastica, addirittura funzioni religiose, una volta che il paese tornerà più o meno a girare, è difficile che questo ruolo da maestra nazionale sia sufficiente ad attirare giovani e convincere una fetta sufficiente di pubblico a pagare le 157,50 sterline di canone, soprattutto se Boris Johnson dà seguito alla sua promessa di depenalizzare il mancato pagamento e, dopo la crisi, torna a boicottare i programmi Bbc ritenendoli faziosi.

 

Su Times Radio, che sarà disponibile su Dab, online e sugli smart speakers, non ci saranno interruzioni pubblicitarie, ma gli inserzionisti potranno sponsorizzare alcuni programmi. L’idea è anche quella di allargare la base di lettori del Times e del Sunday Times, quotidiani nascosti dietro il rigidissimo paywall da sempre imposto da Murdoch, che però ha vinto la sua scommessa: il giornale fa soldi, ha più di 500 mila abbonati tra carta e digitale (per un costo di circa 30 euro al mese), e può permettersi di rilanciare con giornalismo di qualità a dieci anni quasi dall’inchiesta Leveson e dallo scandalo che portò alla chiusura del vendutissimo tabloid News of the World.

 

Con Times Radio è ritornata a galla anche quella vecchia conoscenza della scena mediatica britannica che è la rossa Rebekah Brooks, ex direttrice del Sun tenuta in disparte durante gli anni dei processi e poi diventata amministratore delegato di News Uk: nel 2016 ha guidato lei l’acquisizione di Wireless Group, società nordirlandese che gestisce anche Virgin Radio, TalkSport e TalkRadio, dicendo che “ci permetterà di spingere i nostri prodotti condividendo il miglior contenuto giornalistico”. E già lì era stato attirato un conduttore-star che per il suo show su Bbc Radio 2 guadagnava 1,6 milioni di sterline all’anno e al Times avevano iniziato a fare podcast di successo, come il Red Box di Matthew Chorley, a riprova che siamo in una “età dell’oro” dell’audio. “Dovremo rispettare le regole sul broadcasting, ma spero che il mio spettacolo sarà più divertente della Bbc”, racconta al Foglio uno dei protagonisti dell’impresa, chiedendo di non essere citato “perché non stiamo ancora facendo molta pubblicità” a un’emittente che vuole avere un tono “caldo, esperto”. A gestire la transizione verso la nascita di Times Radio è Stig Abell, direttore del Times Literary Supplement, che viene dal Sun e ha una lunga esperienza radiofonica formata a Lbc, Leading Britain’s Conversation, emittente di successo dai toni decisamente poco vellutati e i cui microfoni sono ormai molto legati a gente come Nigel Farage. Con somma irritazione dei colleghi, Abell ha ancora un programma a Bbc Radio 4 mentre Pienaar ha dovuto lasciare subito Broadcasting House. Poco male: era “molto emozionato di essere parte dell’ultima avventura digitale della più antica e grandiosa testata giornalistica”.

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