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Disrupt America

Daniele Raineri

La globalizzazione è finita, dice Trump, e i suoi sostenitori cercano di fare a pezzetti l’America

Roma. Ieri il presidente americano, Donald Trump, ha detto che la pandemia dimostra che l’era della globalizzazione è finita e ha aggiunto che potrebbe tagliare le relazioni con la Cina da un momento all’altro. Trump ha sempre la tentazione di girare qualsiasi evento in modo da farlo sembrare una conferma di quello che pensa lui e la fine della globalizzazione è un’idea che è sempre stata presente nelle sue decisioni, dalla guerra dei dazi aperta contro la Cina all’antipatia che prova per tutti i grandi patti internazionali a cominciare dalla Nato. Ora anche il coronavirus, che fino a due mesi fa lui minimizzava come un problema irrilevante e già risolto, finisce a fare da ingrediente nel suo calderone.

 

La crisi funziona come un eccitante per tutto il pezzo di America che si riconosce nel presidente – anzi, che vede in Trump un rappresentante un po’ moscio – e che considera il globalismo come un tradimento dei propri interessi, se non addirittura della patria. Sono gli americani che in questi giorni vediamo ribellarsi contro il distanziamento sociale, che urlano contro chi porta la mascherina, che entrano nell’ufficio del governatore del Michigan con i fucili – così minacciosi che i politici locali si mettono il giubbotto antiproiettile – che sono allergici al potere federale e vogliono far prevalere gli stati contro Washington, le città contro gli stati e i singoli contro le città. Non sono tutti gli americani, sono soltanto una frangia minoritaria che è poco rappresentativa rispetto alla maggioranza – che si dichiara d’accordo con le misure restrittive con percentuali altissime. Ma ci sono e sono una delle due facce del paese, che in questi giorni è spaccato tra chi crede in Anthony Fauci, l’epidemiologo della Casa Bianca, e chi vuole credere a Trump. Fauci due giorni fa ha detto che ci vuole cautela e che riaprire troppo presto sarebbe pericoloso, Trump invece ha annunciato: “Abbiamo prevalso sul virus”, spinge per la riapertura e politicizza tutto – anche le mascherine. Doveva essere una decisione sanitaria, è diventata una culture war.

 

In Texas ci sono gruppi armati di volontari che in questi giorni vanno a presidiare i negozi che aprono in violazione del lockdown. Una di queste milizie è andata a fare la guardia a uno studio di tatuaggi, cinque-sei persone con in mano i fucili e i walkie-talkie che dichiarano ai giornalisti di essere pronte a morire pur di difendere il diritto dei negozianti ad aprire le loro attività. Le immagini raccontano un mondo, dal logo del Punitore sul berretto al tatuaggio sul braccio che dice “We the People”, le prime parole della Costituzione americana. La polizia texana si trova di fronte a un dilemma. Se non interviene deve accettare il rovesciamento di fatto dell’ordine costituito (una milizia armata vìola la legge in pubblico, come se fosse il medio oriente), se interviene rischia l’inizio di un conflitto a fuoco con vittime. Vale la pena, per la riapertura anticipata di un negozio di barbiere? A Odessa, sempre in Texas, i poliziotti sono arrivati sopra un veicolo blindato e hanno arrestato i miliziani che difendevano un bar. Nel caso di una parrucchiera ribelle di Dallas invece il governatore si è schierato con lei e le ha fatto diminuire la pena dopo l’arresto in flagranza, e così i poliziotti si sono arrabbiati: “Se mandi la polizia a far rispettare le tue ordinanze devi avere abbastanza spina dorsale da difendere le tue ordinanze”. Adesso prende piede questa cosa del difendere armi in pugno i negozi. Si dirà che il Texas è pur sempre il Texas, insofferente alle autorità e spavaldo, ma la normalizzazione delle proteste armate è ormai un fatto in molti altri stati e il malumore diffuso contro le misure restrittive ha fatto da acceleratore. Nella stragrande maggioranza dei casi sono proteste che vengono sempre dalla stessa area politica.

  

Fin qui si è detto in modo generico che i ribelli sono trumpiani, ma è un fatto che quando Trump non ci sarà più loro ci saranno ancora. Sono una deriva ideologica in via di rafforzamento, contengono un po’ di tutto, dai repubblicani hardcore alle milizie che vorrebbero spazzare via i partiti, dai conservatori a quelli che non vedono l’ora che gli Stati Uniti si spezzettino in tanti territori, da quelli che lo fanno perché sono preoccupati per l’economia agli invasati dei complotti. Due giorni fa l’Homeland Security ha diramato istruzioni per impedire gli attacchi contro le antenne del sistema 5G, che in Europa sono state distrutte a decine perché c’è gente convinta che portino il coronavirus. Il New York Times due giorni fa anticipava che il problema, quando e se arriverà il vaccino contro il coronavirus, sarà che metà degli americani potrebbe rifiutarlo perché convinta che sia parte di una cospirazione pericolosa.

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  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)