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In Coppa d'Africa l'Algeria porta in campo la sua rivoluzione

Rolla Scolari

I calciatori e i tifosi algerini spingono la rivolta antigovernativa (e il regime si preoccupa)

C’era un tempo in Algeria in cui era tollerato un solo tipo di manifestazione: la celebrazione di una vittoria sportiva, spesso calcistica. Il pallone non terrorizzava il regime. Dopo cinque mesi ininterrotti di dissenso politico, pacifico e pervasivo, oggi il governo algerino teme invece più di ogni contestazione la finale della Coppa d’Africa che si gioca stasera al Cairo tra la nazionale algerina e il Senegal. 

 

Ad Algeri il venerdì è giorno di preghiera, calcio e di una protesta alimentata anche dalla frustrazione della giovane popolazione degli stadi, dalla musica e dal ritmo degli spalti. “La Casa del Mouradia”, canzone antigovernativa nata della tifoseria della squadra dell’Usm Alger è la colonna sonora delle movimento: “Chi è la causa, chi posso incolpare? Sono stanco di questa vita”, urlano da mesi migliaia di giovani in protesta. Una vittoria della nazionale mescolerebbe l’appuntamento settimanale con il dissenso e il folle entusiasmo algerino per il pallone.

 

Se la politica è protagonista da anni della vita degli stadi algerini – unici luoghi dove, a porte chiuse, era tollerata una contestazione a lungo sottovalutata – nessun giocatore aveva prima della rivolta preso posizione contro il potere dell’ex presidente Abdelaziz Bouteflika, spinto fuori scena da mesi di cortei, e dal suo clan. Il primo a cambiare direzione è stato l’allenatore della nazionale Djamel Belmadi, a marzo. “Ci sono talmente tante persone in strada all’unisono che è necessario che il popolo sia ascoltato, che le rivendicazioni siano prese in considerazione”, aveva detto. Poi, poche note stonate urlate in coro a uno smartphone hanno sancito l’unione tra spalti, campo e piazza: dopo la vittoria nella semifinale contro la Nigeria, il capitano dei Verts, Riyad Mahrez, centrocampista del Manchester City, ha postato un video in cui la squadra in festa intona “La Liberté”, canzone del rapper algerino Soolking, composta sui cori degli stadi e inno della protesta: “Ma è finita, il bicchiere è vuoto, in strada gridano, senti le loro voci?”. Si è subito scatenato l’entusiasmo sui social network.

 

Per molti sostenitori dell’hirak – il movimento, in arabo, così gli algerini definiscono la loro rivoluzione – il ritorno dopo 29 anni in finale di Coppa d’Africa della nazionale non sarebbe un caso. Le vittorie dei Verts sarebbero alimentate dall’energia innescata dalle manifestazioni, sarebbero il segnale della ritrovata dignità di un popolo per anni umiliato da un regime autocratico e corrotto. E il regime ha tentato fuori tempo massimo di interrompere il legame tra piazza e stadio. Sono 28 gli aerei pagati dal governo che hanno portato 4.500 tifosi al Cairo. Il giornale d’opposizione Liberté ha parlato di “pratiche populiste” che non cambieranno la realtà: i tifosi di calcio in Algeria resteranno una delle impalcature del movimento. La misura rischia persino d’essere controproducente per il governo. In tribuna al Cairo ci sarà il presidente algerino ad interim Abdelkader Bensalah, e molti si aspettano che ultras e attivisti sfruttino la tribuna internazionale per veicolare il loro messaggio rivoluzionario, benché un tifoso sia già stato condannato a un anno di carcere per aver mostrato in Egitto una bandiera con il motto della protesta: “Andatevene tutti”. Lo slogan, se urlato dagli spalti stasera, non potrà che innervosire anche il potere ospitante: l’Egitto di AbdelFattah al Sisi tollera a fatica il dissenso interno. E a fatica accetterebbe che rivoluzioni altrui infiammino i malumori di casa.

 

Le scosse di questa partita toccano anche l’ex potere coloniale con cui l’Algeria mantiene una relazione difficile. A Parigi, 2.500 poliziotti saranno in strada stasera. Dopo la semifinale, migliaia di franco-algerini (la maggior parte dei Verts ha doppio passaporto) sono infatti scesi in piazza a festeggiare: ci sono state violenze e centinaia di arresti, su cui si è subito scontrata la politica francese. Ha innescato infatti polemiche la richiesta del Raggruppamento nazionale di Marine Le Pen, rifiutata dal governo, di vietare le celebrazioni dopo la finale.