La principessa Mako (foto LaPresse)

La tradizione giapponese messa alla prova dagli amori delle sue principesse

Giulia Pompili

Domenica c'è stato il fidanzamento ufficiale tra la principessa Ayako e Kei Moriya, che non è membro della famiglia imperiale. E quello dell'altra principessa, Mako, non sembra andare bene

Roma. Ad Ayako è costato davvero poco. Le è bastato farsi andare bene il fidanzato che la madre – o meglio, l’Agenzia imperiale – aveva scelto per lei. Domenica scorsa a Tokyo si è svolta l’antica cerimonia del Nosai no Gi, che è durata poco più di due minuti, per il fidanzamento ufficiale tra lei, che ha 27 anni, e Kei Moriya, 32 anni, “impiegato di una multinazionale”, così come specificano sempre le cronache giapponesi per sottolineare il fatto che è un civile e non un membro della famiglia imperiale. Ayako perderà il suo status di privilegiata, e non è poi così male per una ragazza cresciuta nella maniacale osservanza di regole ed etichette, altro che Meghan Markle e il principe Harry.

 

Nell’èra del #MeToo e dell’ossessiva ricerca della parità di genere, il trono del Crisantemo resta una delle istituzioni più antiche e conservatrici del mondo. Un luogo in cui se il tuo fidanzato ha una madre un po’ truffaldina, o incazzata con l’ex marito, insomma, l’Agenzia imperiale (o tua madre) può decidere di far saltare tutto. E’ successo qualche mese fa alla principessa Mako: nel maggio dello scorso anno era stato annunciato il fidanzamento della figlia maggiore del principe Akishino – secondo nella linea di successione, suo fratello maggiore è il principe Naruhito che salirà al trono il prossimo anno quando l’adorato padre Akihito abdicherà –  durante una tenera conferenza stampa accanto all’imbarazzato ragazzo Kei Komuro, poco avvezzo ai riflettori e all’etichetta imperiale. La notizia aveva riempito i giornali giapponesi per giorni, tutti in cerca di dettagli su questo giovane compagno universitario della principessa che stava per portarla via dai suoi doveri imperiali. Poi, a febbraio, la cerimonia di fidanzamento e il matrimonio erano stati “rimandati a data da destinarsi”. Mako aveva detto di essere troppo giovane per sposarsi, e comunque c’era troppo poco tempo per organizzare un matrimonio, era tutto successo “troppo in fretta”. Nel frattempo, però, i tabloid avevano fatto il lavoro sporco, e avevano scoperto che la madre di Komuro aveva chiesto in prestito all’ex fidanzato l’equivalente di 36 mila dollari, senza mai restituirli. Apriti cielo. La crisi d’immagine per l’Agenzia imperiale aveva rimesso tutto in discussione. La domanda, per i giapponesi, restava una: ma i due stanno ancora insieme? Qualche giorno fa Kei Komuro è stato spedito a New York, lontano dai riflettori, ed è entrato alla prestigiosa Fordham University School of Law, che aveva diffuso un comunicato stampa per annunciare ai media l’autorevole matricola. Poco dopo, l’Agenzia imperiale di Tokyo ha domandato all’Università di eliminare l’espressione “fidanzato della principessa giapponese” dal curriculum di Komuro – accusato anche di aver utilizzato il suo temporaneo status imperiale per accedere al prestigioso ateneo.

 

Il problema, ha spiegato l’altro giorno sul New York Times Motoko Rich, è che per i giapponesi il Trono del Crisantemo è un’istituzione che dovrebbe funzionare da modello per gli altri, e dove l’importanza confuciana della famiglia gioca un ruolo fondamentale. Akihito, l’imperatore che con la sua abdicazione voleva cambiare il trono e renderlo al passo coi tempi, ha cambiato tutto per non cambiare niente.

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.