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Trump che non vuole morire per il Montenegro non sa come funziona la Nato

Micol Flammini

"E' un paese con gente forte che potrebbe diventare molto aggressiva e improvvisamente, complimenti, ti ritrovi nella Terza guerra mondiale”, dice il presidente americano a Fox News

Roma. Ma perché il Montenegro? Una nazione piccola piccola, scura – come suggerisce il nome – per le foreste che coprivano le sue montagne. “La storia del Montenegro – diceva Emir Kusturica – E’ la storia dei suoi uomini forti di spirito e virtù”. Donald Trump deve aver preso la considerazione del regista serbo alla lettera quando, durante l’intervista a Fox News, parlando con il giornalista Tucker Carlson, ha definito gli abitanti dello stato balcanico entrato nella Nato lo scorso anno, un popolo capace di far scoppiare la Terza guerra mondiale.

  

“Perché un americano dovrebbe mandare i suoi figli a combattere per difendere, supponiamo, il Montenegro”, domanda Carlson. “Mi sono posto la stessa domanda – risponde Trump – E’ un paese con gente forte che potrebbe diventare molto aggressiva e improvvisamente, complimenti, ti ritrovi nella Terza guerra mondiale”. Doppio errore. Con questa frase pronunciata con leggerezza, il presidente americano ha lasciato intendere che se il Montenegro venisse attaccato, gli Stati Uniti non interverrebbero, venendo meno agli obblighi previsti dall’articolo 5 del Trattato dell’Alleanza atlantica. Ma soprattutto ha dimostrato di non conoscere il senso dell’articolo e la natura della Nato stessa che impegna i paesi a intervenire in supporto degli altri membri solo in caso di un’aggressione subita. Anche qualora montenegrini, testecalde, aggressivi, rissosi e – come tutti gli altri membri dell’Alleanza atlantica – scrocconi, decidessero di invadere uno stato vicino, gli Stati Uniti non sono obbligati a fare nulla. Ma se fosse il Montenegro a essere attaccato, secondo l’articolo 5, l’America e gli altri paesi dovrebbero aiutarlo. Il messaggio, emesso in linguaggio trumpesco, è chiaro: il presidente americano non intende sacrificarsi, non crede nei princìpi dell’Alleanza. Il Montenegro lo ossessiona perché non ne capisce il senso. Non comprende e non accetta l’idea di solidarietà che è alla base dei trattati internazionali. Gli americani, smarriti nella frammentaria geografia europea, non hanno dato particolare importanza alle parole di Trump. Ma lo stato balcanico, nato dalla dissoluzione della Jugoslavia anche grazie agli sforzi americani in funzione antirussa, non ha gradito le parole di presidente. Entrare nella Nato ha rappresentato una scelta, non facile, di appartenenza che la Russia non ha mai apprezzato. E prima che il Parlamento montenegrino votasse l’ingresso nell’Allenaza, Mosca disse al paese che avrebbe rimpianto la sua decisione. Il Montenegro, come ha raccontato l’ex presidente Krivokapic in un’intervista alla Bbc, teme che le parole di Trump lascino intendere che il paese potrebbe essere usato in una trattativa tra Russia e Stati Uniti. L’Europa orientale, a sentire le dichiarazioni contro il Montenegro, ha avuto un sussulto, anche l’atlantistissima Polonia pronta a tradire l’Ue per rifugiarsi sotto l’ombrello di Trump. Il ministro degli Esteri lettone ha cercato di spiegare al presidente americano che anche il suo paese è entrato nella Nato per non essere aggredito, vista la sua storia recente, e non per aggredire. Ma il presidente ora ha altri obiettivi, coltiva altre amicizie e i paesi dell’est europeo che hanno conosciuto il dominio sovietico, vedono indebolirsi le loro certezze.

  

Donald Trump si lascia prendere da idiosincrasie, ma il Montenegro potrebbe essere un’antica ossessione, o chissà un capriccio. Lo scorso anno, quando lo stato balcanico festeggiava il suo ingresso nelle Nato insieme agli altri leader, il premier Dusko Markovic ricevette una spallata da Trump. Il montenegrino, ultimo arrivato, aveva osato intralciare il presidente americano, che puntava a mettersi in prima fila nella foto di gruppo. Markovic ci mise un po’ a capire, e gli diede un’amichevole pacca sul braccio tra le risate soffocate e gli sguardi imbarazzati degli altri capi di stato e di governo, che oggi, forse, più di un anno fa, sono ancora pronti a morire per il Montenegro.

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