Il presidente giapponese Shinzo Abe (foto LaPresse)

A Tokyo le scuole per piccoli balilla fan tremare Abe, la stabilità e il ministro-star

Giulia Pompili

Tra favoritismi e documenti manomessi, lo scandalo che ruota intorno a Kagoike Yasunori è un colpo per l'immagine del governo nipponico, che ora rischia grosso

Roma. Il governo giapponese ieri ha ammesso, a un anno dalla prima pubblicazione dello scandalo dei “Moritomo papers”, di aver manomesso i documenti ufficiali del ministero delle Finanze legati al caso. La notizia non è soltanto la possibile prova di un favoritismo nei confronti di un personaggio poco amato dall’opinione pubblica giapponese – cioè l’imprenditore/educatore Kagoike Yasunori, 64 anni, attualmente in carcere per frode – ma anche un colpo per l’immagine del governo nipponico, che rischia grosso.

 

Il primo ministro Shinzo Abe sta affrontando in questi giorni la peggiore crisi di governo da quando è entrato in carica, cioè dal 2012, quando è stato eletto presidente del Partito liberal democratico. Tra i più longevi leader politici del G7, Abe è l’uomo che ha regalato al Giappone un po’ di stabilità dopo i continui cambi di governo degli anni Novanta e Duemila, e, stando ai numeri, i suoi progetti a lungo termine hanno fatto bene all’economia giapponese, piegata da una stagnazione che durava da oltre vent’anni. Lo scandalo non torna adesso sulle prime pagine dei giornali giapponesi per caso. Questo è un momento delicatissimo per Abe: a settembre si sceglierà il nuovo leader del Partito liberal-democratico e nonostante abbia già consumato i due mandati previsti, lui vorrebbe essere riconfermato. Ma la strada è sempre più in salita per il primo ministro, nonostante l’approvazione degli elettori, secondo una media dei sondaggi d’opinione dei maggiori quotidiani del paese, continui timidamente a salire (dal 47.2 per cento di gennaio 2018 al 48.5 per cento di febbraio). Cresce infatti all’interno del suo partito la corrente di chi vorrebbe farlo fuori, complice il pasticcio combinato con la riforma del lavoro – poi stralciata in larga parte – il cui testo presentato alla Dieta aveva degli errori macroscopici come “giornate lavorative di 45 ore”.

 

L’affare Moritomo, però, è ben più complicato da gestire. Non solo rischia di mettere in cattiva luce la coppia presidenziale, che finora invece aveva fatto molto per mantenere un profilo vicino alla gente, fatto di selfie e stories su Instagram, ma ha anche a che fare con un passato irrisolto del Giappone, con le accuse di nazionalismo rivolte a Abe e ad alcuni membri del suo governo. Tutto ruota intorno alla figura di Kagoike Yasunori, preside delle scuole della Moritomo Gakuen, istituti privati di stampo conservatore dove all’inizio delle lezioni i bambini recitano il Rescritto imperiale sull’educazione, vietato sin dal 1945. Nel febbraio del 2017 l’Asahi Shimbun, quotidiano vicino al Partito democratico, pubblica in prima pagina la storia del terreno sulla quale è stata costruita una delle scuole della Moritomo, a Osaka, terreno che è inizialmente di proprietà dello stato. Kagoike, sedicente amico degli Abe e militante di estrema destra, secondo il giornale lo acquista a un prezzo irrisorio (il 14 per cento del suo valore), e per ringraziare i “facilitatori” pone Akie Abe, la first lady, come preside onoraria.

 

Dopo le elezioni anticipate convocate da Shinzo Abe a ottobre dello scorso anno, lo scandalo dei “Moritomo papers” cade un po’ nel dimenticatoio, complice il successo della campagna anti nordcoreana condotta da Abe, e i piccoli successi dell’economia. Ma ora che i documenti originali del ministero delle Finanze sono in qualche modo usciti dalle stanze segrete del dicastero, l’affare si complica. Secondo Reuters, che ha visto i documenti, non c’è niente che faccia pensare a un intervento diretto di Akie e Shinzo Abe nelle trattative per la vendita del terreno. Per questo attualmente il più a rischio sembra Taro Aso, l’attuale ministro, uno degli uomini più legati all’Amministrazione di Shinzo Abe, che è sopravvissuto a ogni rimpasto di governo, di cui l’opposizione chiede la testa per aver autorizzato la falsificazione di quei documenti – nonostante non provassero nulla se non l’interessamento della first lady nella scuola. Non sono bastate le dimissioni di Nobuhisa Sagawa, capo dell’Agenzia delle entrate ed ex funzionario del ministero delle Finanze, che davanti ai parlamentari ha mentito dicendo, tempo fa, di aver distrutto tutti i documenti riguardo alla compravendita. Venerdì la polizia ha annunciato il suicidio di un anonimo funzionario del ministero delle Finanze, che lavorava al dipartimento per la compravendita dei terreni statali. “Mi scuso profondamente come capo del governo, mi sento profondamente responsabile” per la frode, ha detto ieri Shinzo Abe, “e perché questo potrebbe minare la credibilità dell’intero governo”, aggiungendo poi che, secondo lui, non è necessario domandare le dimissioni di Taro Aso.

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.